ll pm conferma la tesi: "Ermanno venne ucciso durante un festino" di Filiberto Dani

ll pm conferma la tesi: "Ermanno venne ucciso durante un festino" Il processo Lavorini si avvia alla conclusione ll pm conferma la tesi: "Ermanno venne ucciso durante un festino" La requisitoria dell'accusa è durata 4 ore : si concluderà domani, con le richieste finali (Dal nostro inviato speciale) Pisa, 13 febbraio. Ermanno Lavorini non fu rapito a scopo di estorsione. Rodolfo Della Latta e Marco Baldisseri hanno mentito e continuano a mentire spostando, di volta in volta, il bersaglio delle loro false accuse, unicamente per salvare se stessi. Furono essi ad attirare il bambino nell'agguato, spinti da un turpe movente cui, forse, fece da sfondo la figura di Adolfo Meciani, l'uomo che si è impiccato in carcere. Fu Rodolfo Della Latta a rapire Ermanno, fu Marco Baldisseri ad ucciderlo con una scarica di pugni, quando cercò di ribellarsi, fu ancora Rodolfo Della Latta a seppellirne il cadavere, nella spiaggia di Marina di Vecchiano. La requisitoria del pubblico ministero, Giovanni Sellaroli, è cominciata cosi ed è andata avanti per 4 ore. E' soltanto la prima parte. Proseguirà domani, ccn l'esame della posizione degli altri imputati e terminerà sabato, con le richieste finali. Ratto a scopo di libidine, dunque. Per l'accusa, infatti, non è credibile la tesi sostenuta dal giudice istruttore, nella sentenza di rinvio a giudizio e cioè che il piccolo Ermanno fu rapito perché i suoi genitori pagassero un riscatto che doveva servire per finanziare le attività eversive del «Fronte giovanile monarchico» di Viareggio. E' vero, ha detto il magistrato, che prove in termini giuridici non ve ne ; sono, ma, ha aggiunto, riannodando le risultanze obiettive del processo, a quelle emerse dall'inchiesta giudiziaria, si può ricostruire, sul piano logico, la tenebrosa vicenda. Rivediamole, queste risultanze. Si sa, per certo, che Ermanno Lavorini uscì di casa dopo il pranzo del 31 gennaio 1969 e che fu visto, per l'ultima volta, alle 14,35. Era in bicicletta e si stava dirigendo verso la piazza dove si era installato un «luna park». Da quel momento, il bambino sparirà nel nulla. Tre giorni dopo, il ritrovamento della bicicletta: era appoggiata ad un platano della piazza, bloccata dal lucchetto antifurto (un testimone dichiarerà poi di averla notata, fin dalle 3 pomeridiane del 31 gennaio). Dice Giovanni Sellaroli: «Da questo primo dato, possiamo trarre un sicuro convincimento: quel pomeriggio, Ermanno era sulla piazza del "luna park", fu avvicinato da una persona, da lui conosciuta, che lo convinse a seguirla. Chi è questa persona? L'unica, tra gli imputati, con la quale il bambino avesse un rapporto di conoscenza, Rodolfo Della Latta». Dove fu condotto Ermanno? Il pubblico ministero non ha dubbi: sulla spiaggia di Marina di Vecchiano, cioè nello stesso luogo in cui fu poi ucciso e seppellito. Che cosa ci andava a fare Erman¬ no, a Marina di Vecchiano? Per rispondere a questa domanda, il rappresentante dell'accusa sfoglia il capitolo più conturbante del processo: quello che ha per protagonista Adolfo Meciani. Sei anni fa, quest'uomo è entrato improvvisamente di scena, per le grandinate di accuse che i «ragazzi di pineta» gli hanno scaricato addosso. Si può dire che le numerose versioni, fornite al giudice istruttore, hanno quasi sempre avuto un nome comune, il nome di Adolfo Meciani. Menzogne, verità, confessioni, ritrattazioni, calunnie, ma sempre con quest'uomo nel mezzo. E oggi, la requisitoria si è soffermata a lungo sui vizi particolari di Adolfo Meciani, sui suoi movimenti, nelle ore in cui Ermanno scomparve, sulla crisi di disperazione che, in carcere, l'ha condotto al suicidio. «Quale terribile segreto ha portato con sé, nella tomba?», si chiede Sellaroli. Riprendendo il discorso della spiaggia di Marina di Vecchiano, risponde: «E' probabile che Adolfo Meciani gradisse la compagnia di un ragazzo dell'età di Ermanno. Aveva forse sollecitato lui l'incontro con questo ragazzo, o furono gli altri ti fargli credere che il ragazzo era stato rapito per lui? Il processo non ha acquisito certezze, non sappiamo come Adolfo Meciani rimase coinvolto nel fatto, non lo sapremo mai». Alle 17,40 del 31 gennaio 1969, la telefonata ricevuta dalla sorella del bambino scomparso: «Ermanno rientra a casa dopo cena. Lo dica a suo padre. Prepari 15 milioni e non avverta la polizia». E' uno dei capisaldi della tesi di accusa del giudice istruttore: la prova che Ermanno fu rapito a scopo di estorsione. Il p.m., invece, la pensa diversamente: «Quella telefonata aveva soltanto lo scopo di rassicurare la famiglia che il bambino sarebbe rincasato dopo cena. Ciò per impedire la denuncia della sua scomparsa e avere tutto il tempo per seppellire il cadavere, senza correre il rischio di imbattersi nella polizia». E ancora: «Che senso poteva avere una richiesta di 15 milioni, non subordinata al rilascio del rapito? Quel giorno, oltre tutto, era venerdì e ciò voleva dire banche chiuse sino al lunedì e, quindi, un sequestro di persona protratto per due giorni e mezzo e tre notti». Poi, l'analisi dei 43 interrogatori di Marco Baldisseri (che sostiene quasi sempre il ruolo dell'uccisore involontario di Ermanno) e dei 35 di Rodolfo Della Latta (che ammette fin dall'inizio di aver seppellito il cadavere), delle confessioni e delle ritrattazioni. «Purtroppo — conclude malinconicamente l'accusa — la verità non è mai stata detta: probabilmente, essa è rimasta sepolta sotto un cumulo di menzogne». Filiberto Dani

Luoghi citati: Pisa, Vecchiano, Viareggio