Giallo tra i mafiosi

Giallo tra i mafiosi PRIME VISIONI SULLO SCHERMO Giallo tra i mafiosi "Perché si uccide un magistrato" di Damiano Damiani con Franco Nero: corruzione, bombe e delitti tra la "denuncia" e il romanzo Perché si uccide un magistrato di Damiano Damiani, con Franco Nero, Francoise Fabian, Renzo Palmer. Italiano, colore. Cinema Ideal. Soltanto fino a un certo punto Perché si uccide un magistrato si apparenta ai film di Damiani più civilmente «impegnati» (Il giorno della civetta, Confessione di un commissario, L'istruttoria è chiusa: dimentichi): al punto cioè in cui un «colpaccio», del resto efficace ai fini dello spettacolo, ne sposta la prospettiva di «denuncia» in tutt'altra dimensione. Ora non si nega che il coefficiente romanzesco-privato continui ad avere la sua parta nella nostra vita, così affollata di problemi pubblici: i dubbi, nel caso specifico, vertono se mai sulla saldatura dei due toni. Ma accenniamo brevemente al contenuto di quello che è un giallo di buon mestiere, con molti cadaveri e un finale a sorpresa; tale insomma da meritare larga accoglienza da parte del pubblico. Il regista Giacomo Solari porta a Palermo un suo film di contestazione che allude molto chiaramente alle collusioni con la mafia del locale procuratore della Repubblica, Traini, che nella finzione finisce ammazzato per mano della medesima. Lo scandalo è grande; e vi è chi invoca dal magistrato una denuncia per vilipendio. Ma il saggio uomo non ne vuol sapere, e anzi invita il Solari a desinare; desinare che poi va a male per il con- tegno della signora Traini, invelenita contro il regista (in lei è un riflesso della «maggioranza silenziosa») ch'ella considera aizzatore della pubblica opinione. Deluso nella sua speranza in un processo ideologico, il cineasta si accinge malvolentieri a lasciare Palermo dove conta molti amici: giornalisti di «Sicilia Notte», poliziotti (lo hanno aiutato a girare il film) e persino un «boss» della mafia, simpaticone quanto sa essere Renzo Palmer. Quand'ecco scoppia una bomba che lo fa tornare sui suoi passi: il procuratore è trovato assassinato al Parco della Favorita. Il fatto enorme mette in subbuglio le cosche mafiose, agita i politicanti dalla coscienza sporca. Nel palleggiamento delle accuse, e intanto che altre vittime succedono alla prima, il nostro Solari (che meraviglioso segugio il cinema ha sottratto all'amministrazione pubblica!) ha le idee sempre più chiare: sta a vedere, egli pensa, che il «colpevole» sarà uno dei soliti poveracci, mentre i pezzi grossi la passeranno liscia. E le cose vanno appunto così, dopo che un testimone (falso) è disposto a giurare d'aver visto sul luogo del delitto un certo Marra, un guardamacchine che ha il solo torto di essere «schedato». Va da sé che la signora Antonia sposa ardentemente questa tesi accomodatizia. Su lei Giacomo concentra l'attenzione. Sebbene si bisticcino, s'indovina che i due si piacciono. E il ritratto della vedova s'intenerisce a vista: già madre d'un figlio poliomielitico, ora ne aspetta un altro. Impietosito di lei e insieme scosso da altri luttuosi accadimenti (un ordigno scoppia nella redazione di «Sicilia Notte», il «boss» è barbaramente ucciso), il protagonista si rimbocca le maniche per smascherare i responsabili, certamente altolocati, di tanti delitti. Se non che... E qui ci fermiamo, facendo il film l'ansa che s'è detto. Lasciamo i «pezzi grossi» congratularsi e sbaciucchiarsi per lo scampato pericolo: a giudicarli basta lo sguardo trivellatore del bravo Nero cui fanno bensì muso gli amici di sinistra, ma l'onestà del quale è luminosamente confermata dall'aver egli cercato e fatto trionfare la verità, quale che fosse. Un «regista» così oblivioso del proprio mestiere a beneficio della cosa pubblica, così invadente le competenze altrui (anche di questurino), tiene dell'improbabile, e fors'anche i giornalisti, i poliziotti e gli stessi mafiosi di cui Damiani lo ha circondato (mescolandosi egli stesso nella folla), zoppicano nello stesso senso. Ma tali sforzature giovano poi alla compattezza e alla presa dello spettacolo, cose alle quali un Damiani piuttosto corrivo nel resto, deve avere soprattutto badato, e con buon successo. Com'è bella la Fabian con quegli sguardi lunghi che sono soltanto suoi! 1, p.

Luoghi citati: Palermo, Sicilia