Per ora Sadat s'accontenta di un accordo di massima di Igor Man

Per ora Sadat s'accontenta di un accordo di massima Henry Kissinger atteso stamane al Cairo Per ora Sadat s'accontenta di un accordo di massima (Dal nostro inviato speciale) II Cairo, 11 febbraio. L'arrivo di Kissinger al Cairo è previsto per le 11,40 locali di domani, ma il suo incontro con il presidente Sadat avrà luogo soltanto nel pomeriggio, probabilmente al Barrage, una residenza di Sadat a una ventina di chilometri dalla capitale. Il segretario di Stato si fermerà in Egitto poco meno di 24 ore. Ne partirà la mattina di giovedì per toccare Amman, Damasco, Gedda. Giovedì notte, al massimo venerdì mattina, sarà di ritorno a Gerusalemme dove dovrebbe cominciare il negoziato vero e proprio. Sempreché, naturalmente, gli elementi raccolti nel corso del suo rapido giro saranno risultati «incoraggianti». A scanso di ogni facile ottimismo, la propaganda egiziana mette le mani avanti. I giornali scrivono che questo viaggio di Kissinger è puramente «esplorativo». Il Segretario di Stato 1. ha intrapreso per verificare «i messi e i momenti piti adatti» ad avviare la trattativa sul nuovo disimpegno nel Sinai e a promuovere iniziative perché «qualcosa si muova anche sul Golan e in Cisgiordania». Secondo l'ufficioso Al Ahram l'ordine del giorno dei colloqui di Kissinger con Sadat e il ministro degli Esteri Fahmi comprende cinque punti: 1) accertare se e in che misura Israele sia veramente disposto a ritirarsi nel Sinai, sul Golan e in Cisgiordania; 2) gettare le basi per la convocazione della conferenza di Ginevra e per la partecipazione dei palestinesi alla conferenza stessa; 3) esaminare la questione delle «garanzie internazionali» nel quadro del regolamento globale del conflitto; 4) chiarire la posizione degli Stati Uniti per sapere se intendono proseguire la loro mediazione secondo il modulo kissingeriano del « passo dopo passo », e questo a prescindere dalla conferenza di Ginevra. (Per gli egiziani l'uno e l'altra non sono incompatibili, semmai complementari); 5) fare il punto sulle relazioni bilaterali tra II Cairo e Washington. Citando e analizzando l'intervista di Sadat al Times — titoloni d'apertura su tutti i giornali — i commentatori egiziani sottolineano come il Presidente abbia chiarito d'esser pronto a negoziare un nuovo ritiro israeliano nel Sinai, soltanto a condizione che Israele si decida a ritirarsi anche sul Golan e in Cisgiordania. Sadat, tuttavia, si contenterebbe di un «accordo di principio» che si augura Kissinger riesca a strappare a Israele prima del 24 aprile, quando scade il mandato dei «caschi blu» nel Sinai. «Il tempo stringe», ha ammonito Sadat, riaffermando come egli non possa assolutamente dissociarsi dagli altri Paesi di «prima linea» (Siria e Giordania), né ignorare le esigenze sovietiche: «L'Egitto deve poter conciliare il bisogno di Kissinger di ottenere un nuovo successo con il desiderio dell'Urss di contribuire ad ogni soluzione». Sadat si rende conto di come il Medio Oriente sia solo un «frammento» dell'instabile asse di equilibrio sul quale i due supergrandi cercano di coesistere pacificamente. Per conseguenza, il Presidente egiziano «vuol sapere da Kissinger in quale misura gli Stati Uniti vogliono e possono lavorare per la soluzione del contenzioso mediorientale». Circa l'eventuale nuovo sgombero israeliano nel Sinai, gli egiziani ribadiscono come esso debba comprendere i passi di Mitla e di Giddi e i pozzi petroliferi di Abu Rodeiss. La nuova linea di demarcazione dovrebbe quindi risultare una diagonale che partendo da Rummana, sul Mediterraneo, giungerebbe fino a un punto leggermente a Sud di Abu Rodeiss, sul Mar Rosso, passando davanti a Mitla e Giddi, «chiave strategica del Sinai». (Gli egiziani non menzionano i campi di Balaim che si trovano più a Sud di Abu Rodeiss). La nuova linea di demarcazione fissata dal Cairo lascerebbe fuori la punta meridionale del Sinai: questa pertanto dovrebbe rimanere ancora in mani israeliane garantendo, grazie al possesso della base di Sharm el Sheikh, il libero accesso al porto di Eilat. Le richieste egiziane appaiono «ragionevoli», ma per gli israeliani ritirarsi da Mitla e Giddi comporterebbe portare il fronte da 160 a 400 chilometri. Un simile «sacrificio» dovrebbe avere come contropartita un impegno scritto egiziano di non belligeranza. Sennonché, l'Egitto non intende sottoscrivere alcun patto unilaterale con Israele. E allora? L'alternativa potrebbe essere la famosa «garanzia internazionale» di cui tanto si è parlato in questi ultimi tempi. Ma, obiettano gli israeliani, come disse De Gaulle a Eban il 24 maggio del 1967 al tempo della crisi dello stretto di Tiran (alla vigilia della guerra dei sei giorni), «le garanzie internazionali non sono mai assolute, le garanzie si adattano alle circostanze». Igor Man