La vita dei profughi cileni che ricevono asilo in Italia di Liliana Madeo

La vita dei profughi cileni che ricevono asilo in Italia La vita dei profughi cileni che ricevono asilo in Italia Roma, 8 febbraio. Un bambino sui due anni — bellissimo viso bruno da indio, gambe grassocce e barcollanti — si trascina per la stanza distruggendo sistematicamente i fogli di una rivista. In silenzio arriva la madre, che è una giovane donna molto graziosa, e se lo trascina via parlandogli nell'orecchio. Tutt'intorno sono seduti una decina di giovani dall'aria assorta. Pian piano viene buio e l'impianto d'illuminazione è difettoso. Nessuno ride mai o alza la voce. Si parla di politica, al passato o al futuro. Tutti sembrano in attesa di qualcosa. E' un gruppo degli esuli cileni che hanno trovato ospitalità in Italia, dopo essersi rifugiati nella nostra ambasciata di Santiago. La pensione in cui vivono — circa cinquemila lire al giorno a persona, pagate dall'Amministrazione aiuti internazionali del ministero dell'Interno — è modesta e si trova nei pressi della città universitaria. Quando uno trova lavoro, non ha più diritto a tale assistenza. Dal 17 novembre '73 al 31 dicembre '74 sono arrivati in 384, seguiti dai loro familiari. In 54 poi sono andati all'estero: per lo più in Jugoslavia, uno in Cina, gli altri in Algeria, Polonia, Scandinavia. Alla maggioranza di loro l'associazione Italia-Cile, i sindacati, i partiti della sinistra hanno trovato lavoro, in qualche industria privata, in uffici collegati a enti locali, nelle orga¬ nizzazioni cooperative. «Ma è stato soprattutto il movimento di solidarietà popolare che si è sollevato in Italia a dare una risposta alle aspettative di queste persone», dice Ignazio Delogu, segretario di Italia-Cile Adesso, a Roma, sono in tutto un centinaio, comprese le donne e i bambini (c'è anche stato un lieto evento, recentemente). La maggior parte di loro è sistemata in un albergo di Grottaferrata, ai Castelli. Gli ultimi due scaglioni — 90 persone circa — sono arrivati alla fine di gennaio. Altre 20 sono giunte ieri. Ogni arrivo è una festa, un dolore, un intrecciarsi di notizie e di informazioni. «Gli organi direttivi dei nostri partiti sono rimasti in Cile e dal Cile ci vengono le direttive politiche per alimentare la lotta di resistenza e il lavoro internazionalista», dice Leo, studente in Sociologia, a Roma da cinque mesi. Il movimento della sinistra, lasciano intendere, è abbastanza unitario. Rispetto ai cileni che giunsero qui un anno fa, i nuovi arrivati trovano una situazione più difficile. Cresce la disoccupazione, il movimento operaio è in difficoltà. Loro lo sanno e si rendono conto di quanto rischi di diventare impopolare una sollecitazione di aiuti nei loro confronti. Boris, socialista, tipografo, dice: «Sappiamo benissimo di essere dei privilegiati, rispetto agli altri esuli che sono fuggiti dalle dittature fasciste dei loro Paesi e si sono rifugiati in Italia. E' difficile anche per noi trovare lavoro, ma a noi è stata risparmiata la terribile esperienza dei campi-profughi, la clandestinità, i ricatti cui devono sottostare le minoranze disperse. In tempi brevi ci vengono consegnati i documenti per circolare liberamente. Sia l'ambasciata sia il governo italiani sono sempre stati sensibili ai nostri problemi. Le forze antifasciste sono concretamente solidali con noi ». Liliana Madeo

Persone citate: Castelli, Ignazio Delogu