Un "dialogo continuo" imprese-sindacati per aggiornare le trattative nazionali

Un "dialogo continuo" imprese-sindacati per aggiornare le trattative nazionali Convegno a Milano sulle vertenze collettive di lavoro Un "dialogo continuo" imprese-sindacati per aggiornare le trattative nazionali E' una delle proposte scaturite dal dibattito, per una definizione delle controversie sui contratti di lavoro (Dal nostro inviato speciale) Milano, 7 febbraio. Quest'anno scadono 44 contratti nazionali di lavoro, riguardanti 4 milioni e 200 mila dipendenti, compresi quelli delle categorie più forti dell'industria: chimici, metalmeccanici delle aziende private e pubbliche, edili. L'ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici (aprile 1973) ha richiesto oltre mille ore di discussione e una serie pesante di scioperi. Al momento della firma (dicembre del 1973) però erano già state presentate, in tutto il Paese, 800 «piattaforme» aziendali che sono poi salite, nei mesi successivi a oltre 1300, coinvolgendo nelle vertenze mezzo milione di lavoratori. In un periodo più lungo (dal 1969 al 1972) — secondo rilevazioni compiute dal direttore dei servizi sindacali della Federmeccanica, Felice Mortillaro — sono stati conclusi circa 4 mila contratti integrativi per il solo settore meccanico. Di fronte a questa realtà è ancora utile stipulare contratti nazionali secondo i vecchi schemi? Per cercare una risposta l'Iseo (Istituto per gli studi economici ed organizzativi) ha promosso un convegno internazionale sul tema: «La contrattazione collettiva: crisi e prospettive». Ai lavori — che sono cominciati ieri e che si concluderanno domani, nell'aula magna dell'Università Bocconi — partecipano oltre 500 persone: esponenti delle organizzazioni industria¬ li e sindacali, direttori del personale delle maggiori aziende private e pubbliche, studiosi e magistrati. Per domani è prevista una utavola rotonda» conclusiva con l'intervento di imprenditori, sindacalisti ed esperti. Nelle relazioni della prima giornata e nel dibattito di oggi, i vari oratori hanno constatato che il contratto nazionale collettivo non assicura più la composizione del conflitto tra le parti per un certo periodo di tempo, com'era nelle intenzioni originarie. I sindacalisti non vogliono più impegnarsi in questo senso e intendono mantenersi liberi di aprire, in qualsiasi momento, nuove controversie su qualsiasi questione. Ciò perché il sindacato è sovente premuto da movimenti di base con i quali non può perdere il contatto, anche quando si tratta di gruppi marginali. Per le imprese però, l'impossibilità di prevedere l'incidenza e la frequenza dei contratti integrativi rende incerta ogni programmazione dei volumi di produzione (per gli scioperi) e dei costi (per gli oneri aggiuntivi rappresentati dai patti aziendali). Il problema diventa più acuto oggi che, per uscire dalla crisi, è essenziale poter puntare sulla efficienza delle imprese e sulla programmazione. Detto tutto ciò, nessuno dei partecipanti al dibattito ha però chiesto, nemmeno come ipotesi, l'abolizione della contrattazione nazionale (anche se esistono — come ha ricordato Mortillaro della Feder¬ meccanica — gruppi di imprenditori che si «pongono concretamente il quesito della sua sopravvivenza»); poco utile, come dimostra l'esperienza degli ultimi anni, sarebbe anche una strada che puntasse soltanto su norme più rigorose per delimitare la materia dei contratti integrativi aziendali. Allora, che cosa si farà? Il sistema che a parechi degli intervenuti è apparso come il più «praticabile» è quello di un «dialogo continuo» tra le parti, in un quadro di relazioni industriali in continua evoluzione, preservando le caratteristiche fondamentali della contrattazione collettiva. «Di fatto — ha osservato un relatore — la contrattazione permanente nelle aziende è un sistema che i sindacati hanno già imposto alle imprese». La materia contrattuale, in questo periodo, appare quanto mai fluida. Ci stanno riflettendo non soltanto gli imprenditori ma gli stessi sindacalisti. L'altro giorno il segretario dei tessili della Cisl, Vittorio Meraviglia, si è domandato se non sia il caso di arrivare alla stipulazione di un contratto base per tutta l'industria (meccanici, tessili, chimici, eccetera) che dovrebbe poi essere seguito da accordi aggiuntivi che tengano conto delle caratteristiche di ciascun settore. Oggi il segretario torinese dell'Api (Associazione piccole industrie), Giuseppe Nebiolo, ha proposto la creazione di un «gruppo di studio» formato da im¬ prenditori e sindacalisti per preparare «una ipotesi di contratto collettivo nazionale intercategoriale» su tre parti: rapporto di lavoro (dall'assunzione al licenziamento); riflessi sociali del rapporto di lavoro (esempio, i diritti sindacali); controversie di lavoro. Il testo avrebbe lo scopo di mettere ordine nella materia contrattuale e di prevedere «gli spazi opportuni nei quali inserire la contrattazione integrativa settoriale, territoriale ed aziendale». Tra gli altri oggi hanno parlato il consigliere di Cassazione Domenico Napolitano, il professor Gino Giugni e il direttore del personale dell'Iri Ettore Massaccesi. Sergio Devecchi

Persone citate: Domenico Napolitano, Ettore Massaccesi, Feder, Felice Mortillaro, Gino Giugni, Giuseppe Nebiolo, Mortillaro, Sergio Devecchi

Luoghi citati: Milano