Alla riscoperta dell'Ottocento

Alla riscoperta dell'Ottocento Alla riscoperta dell'Ottocento Storie di Sicilia Emanuele Navarro della Miraglia: «Storielle siciliane», a cura di Natale Tedesco, Ed. Sellerio, Palermo, XXII-159, lire 5000. Sigismondo Castromediano: « Pagine di narrativa risorgimentale », a cura di Aldo Vallóne, Ed. Congedo, Galatina, pag. 148, lire 2000. Il nome di Emanuele Navarro della Miraglia non è certamente fra quelli più conosciuti e diffusi della narrativa minore del secondo Ottocento italiano, che sta conoscendo una particolare fortuna di riscoperte e di riedizioni proprio di questi tempi, per altro verso abbastanza malinconici e squallidi per quel che riguarda l'attesa e la comparsa di autori e di opere « nuove ». Di lui si occupò, anni fa, Sciascia, e fu ristampato il romanzo maggiore, di ambiente siciliano, Lattano, che tuttavia passò quasi inosservato. In una bella edizione, ora cscono le Storielle siciliane, curate splendidamente da Natale Tedesco, che le presenta con un'acuta e intelligente introduzione. La prima stampa delle Storielle risale al 1885, ed è l'ultima opera di Navarro della Miraglia, anch'egli approdato alla narrativa di argomento provinciale, secondo le norme del verismo italiano, dopo una esperienza abbastanza nutrita di opere di tema mondano e aristocratico. Ma Navarro ebbe una vita molto più cosmopolita di quella del Verga: visse per un decennio a Parigi, a Parigi stampò la sua prima raccolta di novelle, Ces messieurs et ces clames, frequentò il circolo letterario e mondano di George Sand, ma respirò anche l'aria dell'incipiente naturalismo; poi fu a Firenze e a Roma; e la conversione al verismo provinciale non fu mai definitiva, come non fu quella del Verga, anch'egli alternando novelle mondane a novelle siciliane. Molto esattamente il Tedesco fa, per queste Storielle siciliane, il nome di Pirandello: soprattutto, direi, per i personaggi straniti, bizzarri, monomaniaci che vi compaiono, chiusi in un'idea fissa fino all'orlo della pazzia oppure fino a costituirsi una logica assurda, sofistica, a cui affidano ogni possibilità di continuare a vivere in un mondo che li irride o li disprezza; quando questa logica, per qualche imprevedibile, anche minimo fatto esterno, entra in crisi, allora la reazione può essere lo scatenarsi della violenza più cieca. Alcune Storielle sono davvero molto significative: come Filosofia coniugale, che racconta la vicenda di un falegname ozioso e miserabile, che riesce a sposare la bella e ricca ragazza del paese dopo che questa si è fatta mettere incinta dal locale barone; e ne sopporta con dignità e quasi con letizia, dopo il matrimonio, tutti i tradimenti, perché li giudica il prezzo inevitabile che deve pagare per godere anch'egli di un poco di felicità con la donna, disposto a dividerla con altri, purché anch'egli conservi una parte d'amore e di grazia. Francesco sa molto bene di essere tradito dalla moglie: ma sa anche che riconoscerlo e vendicarsi vorrebbe dire perderla e perdere, insieme, tutta la sua felicità: per questo risponde dignitosamente all'ubriaco che fa allusioni alle infedeltà della moglie, disposto a battersi con lui. Anche il padre di Filosofia paterna sa delle ricorrenti avventure amorose della figlia: ma rinuncia a ogni dramma, contento di nascondere quanto più è possibile all'esterno i fatti, e alla fine accoglie in casa un giovane semplicione e un po' sciocco, per venire incontro alle esigenze erotiche della figlia e, al tempo stesso, stornare i sospetti e le voci con la scempiaggine del ragazzo. Più maligne sono le figure dei protagonisti di novelle come La pazzia di don Saverio e Don Rosolino: cupe, un poco sinistre, fissate in una stranezza di comportamenti e di idee che sfiora la pazzia. Don Saverio, che fa il sacrestano, si fissa in un ridere meccanico e stranito, dopo che ha sorpreso il giovane e dinamico prete della sua chiesa con la bella Rosalia, chiuso nella sacrestia, e si è visto cosi, nello stesso momento, tradito dalla religione e dalla vita; don Rosolino, speziale, per quanto vecchio e brutto, aspira alla mano della ragazza più fine e ricca del paese, e, respinto e irriso, non pensa ad altro che alla rivalsa, si tinge i capelli, si compra un vestito nuovo, chiede in matrimonio senza risultato altre ragazze, e finisce con il diventare, alla fine, una specie di fantasma grottesco e stralunato, che gira per il pae¬ se sempre più vecchio e curvo, mal tinto ormai, declamando i versi d'amore imparati in gioventù come filodrammatico e chiedendo ai clienti di altri paesi di trovargli una moglie giovane, ricca e bella. Anche le novelle tragiche più riuscite (che sono sempre cupe vendette di tradimenti amorosi), come La morale dell'istinto e, soprattutto, La festa di Diana e Amore e morte, più che sul momento feroce del delitto, puntano sul ritratto di protagonisti maniaci, già percorsi da preannunci di follia o, almeno, da stranezze e bizzarrie, preda di idee fisse. E' questa la nota caratteristica e significativa del narrare di Navarro della Miraglia: che, in più, è scrittore rapido, efficace in pochi, essenziali tocchi che fissano situazioni e personaggi, e rifugge da ogni eccesso di indagine psicologica o di descrittivismo naturalistico. Tanto per restare in ambito meridionale, è da segnalare anche la bella scelta che delle Memorie di Sigismondo Castromediano ha curato Aldo Vallone col titolo Pagine di narrativa risorgimentale. Il Castromediano fu uno dei patrioti condannati all'ergastolo dal governo borbonico in seguito ai fatti del 1848, compagno di carcere, poi di esilio, del Poerio, dello Spaventa e del Settembrini. La sua testimonianza sull'orrore delle carceri e del trattamento inflitto sia ai prigionieri politici, sia a quelli comuni, e sulla corruzione del sistema borbonico e molto semplice e chiara, sostenuta, in più, da un moralismo risentito e da uno spirito umanitario tipicamente ottocentesco. Vi fa spicco la partecipazione popolare alle sofferenze dei politici, confermata dalla presenza di operai e contadini fra i condannati. In un tempo, quale è il nostro, in cui, fra le altre « mode » del passato, c'è anche quella della nostalgia per lo Stato borbonico, umano e popolare, la lettura di queste pagine può risultare istruttiva. G. Bàrberi Squarotti Un disegno di Zancanaro

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