Lo studente rapito a Novate è il "povero" della famiglia

Lo studente rapito a Novate è il "povero" della famiglia Lo studente rapito a Novate è il "povero" della famiglia L'azienda paterna di Paolo Astrua Testori non è florida - Forse i banditi volevano rapire una persona dell'altro ramo, quello più ricco - Nessun contatto con i congiunti [Nostro servizio particolare) Milano, 6 febbraio. A Novate Milanese, il grosso centro a dieci chilometri da Milano, dove ieri sera è stato sequestrato Paolo Astrua Testori, 20 anni, la gente è convinta che i rapitori si siano sbagliati. Il padre del ragazzo, Nino, 46 anni, è titolare di una fabbrica di tessuti per l'arredamento, la «Manifattura Testori», che occupa 120 dipendenti. A Novate c'è però un altro ramo della famiglia Testori, lontani cugini, molto più ricchi e titolari di due stabilimenti per la produzione di tessuti per l'industria, feltri e garze. «Erano loro che volevano prendere» si dice in paese. A parziale conferma di questa ipotesi il legale della famiglia Astrua Testori, avvocato Umberto Gragnani, precisa che la «Manifattura» oltre ad essere un'industria molto più piccola di quella dei parenti, attraversa anche un brutto periodo: due terzi delle quote sono state ipotecate e il rimanente è di una società di cui il padre del rapito ha solo una parte dellle azioni. «Con tutto ciò — aggiungono a Novate — non si tratta ctrto di una famiglia povera. Solo molto meno ricca dell'altra». Non è impossibile che i banditi siano stati tratti in inganno dalle complesse parentele che legano, sia pure molto alla lontana, le famiglie. Nino Astrua, infatti, da ragazzo è stato adottato da un Giovanni Testori, proprietario della manifattura e lontano cugino dei titolari della «Fratelli Testori», sotto la sua guida l'azienda fino a pochi anni fa ha prosperato permettendogli di fare una vita agiata, ma il suo nome, nei registri dell'imposta di famiglia di Novate, è sempre stato preceduto da quello dei cugini, Giuseppe e Angelo. La famiglia Astrua vive in una vecchia villa di fronte alla ferrovia, in via Dante. E' composta, oltre che dalla madre Fausta Monti, 41 anni, da 4 figli; Paolo il rapito è il primogenito seguito da Elena, 18 anni, Silvana di 15 e Luca di 9. Tutti, ma soprattutto la madre, colta da collasso, sono rimasti sconvolti dalla notizia del rapimento e hanno passato la notte davanti al telefono, in attesa di una comunicazione qualsiasi dei banditi. In vece, almeno secondo quanto si è appreso, il silenzio è stato totale. Non ci sarebbero state neppure le solite chiamate da parte degli «sciacalli». Il ragazzo rapito, studente del secondo anno di economia e commercio all'università «Bocconi», è di gusti semplici; trascorre la sua giornata a Milano, all'università, dove può rimanere quasi sempre con la sua ragazza, Cecilia Invernizzi, 21 anni, «Lalla» per gli amici. Anche ieri era stato così. Verso sera avevano fatto ritorno a Novate e si erano fermati come sempre a chiacchierare davanti all'abitazione della ragazza: una villetta in via XXV Aprile. Forse è stata proprio questa abitudine a perdere Paolo. Mentre i ragazzi si stavano salutando un'Alfa «2000» rosso scura, senza targa, si è affiancata alla «Al 12» del giovane. I rapitori sono scesi dalla vettura, i visi coperti, le pistole in pugno, e hanno spalancato le portiere della «A112». Una pistola è stata puntata alla tempia di «Lalla» che, terrorizzata, si è messa a gridare. Paolo forse non ha compreso subito che volevano prendere lui, forse ha pensato sulle prime ad una semplice rapina. Quando però i banditi, senza parlare, lo hanno afferrato per tirarlo giù dall'auto, ha capito e ha opposto resistenza. Non ha potuto fare molto: lo hanno picchiato sul capo con il calcio di una rivoltella e si è afflosciato privo di sensi. E' stata ancora «Lalla», con la forza della disperazione, ad opporsi per qualche istante. Si è aggrappata ad una gamba di Paolo, ma uno strattone e due colpi sparati in aria l'hanno costretta a desistere. Le grida della giovane e le esplosioni sono state sentite da un vicino di casa, il perito chimico Giorgio Maccarini, 38 anni. E' corso alla finestra e ha visto l'Alfa 2000 che si allontanava a tutta velocità. Si è precipitato in strada e saputo da Cecilia Invernizzi quello che era successo, è salito sulla sua «Simca 1300» tentando un inseguimento. «Durante l'attraversamento del paese — racconta — sono riuscito a non perdere contatto con i rapitori perché c'è una serie di sensi unici obbligati. Al primo rettilineo però li ho persi. Sono andato allora alla caserma dei carabinieri che erano già al corrente dell'accaduto». Giorgio Maccarini, in compagnia di un brigadiere, ha fatto un largo giro della zona, ma inutilmente, m. f. Novate. Paolo Testori e la fidanzata Cecilia Invernizzi (Telefoto Ansa - Ap)

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