CRONACA TELEVISim

CRONACA TELEVISim CRONACA TELEVISim Scultore all'opera e divi di un tempo Mettiamo che uno ci tenga vivamente a Tribuna politica. Va bene, ecco che la serata di ieri presentava un interesse, un'attrattiva, seppure austera. Ma gli spettacoli? Al di là di Tribuna politica, cosa c'era? Non molto, per la verità. Al solito, nel programma del giovedì spiccava Come nasce un'opera d'arte, che tuttavia si rivolge ad un pubblico non immenso. Stavolta era di turno lo scultore Agenore Fabbri, toscano trapiantato da oltre quarant'anni in Liguria, ad Albissola: eloquio scorrevole, comunicativa disinvolta, battuta pronta. Ha narrato di quando disse al babbo, operaio, che voleva fare lo scultore. « O che mi dici? — esclamò l'altro —, lo scultore?... Ma c'è stato Michelangelo, e poi basta! ». Il che, ha commentato Fabbri, era un'osservazione non priva di verità e di saggezza. Comunque scultore divenne, e di fama internazionale, dopo aver attraversato un iniziale periodo difficile durante il quale, assieme a Lucio Fontana con cui divideva lo studio in Albissola, dipingeva, per campare, posacenere e portaombrelli. Una cordiale chiacchierata alla portata di tutti, e intanto sor Agenore modellava con agilità un cavallo e cavaliere in terracotta policroma, infergendo all'opera quei suoi caratteristici « tagli » (e spiegando come rappresentino le lacerazioni nella personalità di ogni uomo e in che modo si differiscano dai « tagli » di Fontana ). Trasmissione ancora una volta fine e gradevole, e non sussiegosa, non intellettualistica (unico suo grosso difetto, la mancanza del colore...); però, ripetiamo, si trattava di un breve intermezzo. E il resto? Sul « nazionale », dopo Tribuna politica, è andato in onda un telefilm americano che aveva, più o meno, la durata di un film normale; una mediocre produzione di consumo, adorna qua e là di qualche garbo, che non diceva nulla agli spettatori giovani e che riempiva invece di melanconia i non più giovani, i quali si rivedevano davanti ingrassati, incanutiti e imbolsiti (e perciò declassati dal film al telefilm, che in America è l'ultimo rifugio alla fine della carriera), divi di Hollywood che trent'anni fa erano sulle vette della celebrità, quali Rosalind Russel e Douglas Fairbanks. Sul « secondo », uno special della canzonettista Mia Martini che (sì, confessiamo questa gravissima lacuna) non ricordavamo d'aver mai sentita: parecchi motivi intonati sullo sfondo di giostre o di una spiaggia, e apparizioni dell'attore Capolicchio che esclamava: « Tu rappresenti l'inquietudine della gioventù d'oggi ». Meglio certamente passare, a quell'ora, sulla radio, come si diceva ieri. Il radiodramma, se così vogliamo impropriamente chiamarlo, Ruffo '60 dei fratelli Taviani era tale da coinvolgere una larga fascia di ascoltatori, perché parlava di fatti, contrasti, squilibri e tormenti — pubblici e privati, politici e civili, e adoperando un termine abusatissimo, « umani » — della nostra epoca. Una vicenda emblematica e un personaggio in cui non pochi si saranno riconosciuti. Da discutere, indubbiamente, tra ripensamenti e polemiche. Ma è questo che ci vuole. Impostato come gli autori, che erano pure i registi, lo intendevano, il dramma s'è sviluppato con intensità, grazie anche ad una recitazione meditata e partecipe. A volte si aveva il rammarico che non ci fosse l'immagine; e, ancor più, che in luogo di essere data per un'elite sul terzo canale radiofonico, questa storia molto italiana e attuale non fosse comparsa in tv. u. bz. Unione Culturale — Stasera alle ore 21, In via Cesare Battisti 4b, per il ciclo cinematografico « Quaiecinema » verranno proiettati i film « La salute è malata », di Bernardo Bartoluccl; « Crescita di una città », di Ugo Gregoretti; ■ Essere donna », di Cecilia Mangini.

Luoghi citati: Albissola, America, Hollywood, Liguria