Tre quarti dei giudici hanno lasciato l'aula

Tre quarti dei giudici hanno lasciato l'aula Sciopero a Palazzo di Giustizia Tre quarti dei giudici hanno lasciato l'aula E' una delle percentuali più basse in Italia - Le ragioni dell'astensione dal lavoro - "Ormai era una questione di principio" Il 65 per cento dei giudici torinesi — secondo una statistica nazionale dell'Associazione magistrati — ha aderito allo sciopero proclamato per due giorni — ieri e oggi — in segno di protesta contro la « disapplicazione della legge-delega del '70 » che stabilisce gli aumenti retributivi per gli alti burocrati. Questo l'andamento dell'agitazione negli uffici giudiziari: in tribunale, su quattro sezioni penali, soltanto due (la prima e la quarta) hanno «chiamato » alcuni processi con rito direttissimo, poi i giudici se ne sono andati. Ferma la corte d'assise; meno della metà delle sezioni civili hanno lavorato. Normale l'attività della corte d'appello e dalla Procura Generale. Nella pretura civile, su 30 magistrati, 5 si sono astenuti; nella sezione-lavoro, 2 su 8. Analoga situazione nella pretura penale. Gli uffici della Procura della Repubblica hanno funzionato a metà; più alta la percentuale dei lavoratori all'Ufficio Istruzione, dove la maggior parte dei magistrati aderisce alla corrente di Magistratura Democratica (che si è dichiarata contraria allo sciopero ). Torino e Firenze sono state le due città con la più bassa percentuale di astensioni; la più alta è toccata a Milano (99 per cento) dove la corrente di Magistratura Democratica ha aderito all'agitazione. Nelle altre città la percentuale dello sciopero è oscillata tra 1*80 e il 98 per cento; a Roma è stata del 90 per cento, senza contare i giudici della corte di Cassazione che hanno lavorato regolarmente. Allo sciopero, indetto dall'assodazione nazionale magistrati, hanno aderito le correnti di Magistratura Indipendente, di Impegno costituzionale e di Terzo potere. Secondo il dott. Guido Barbaro, presidente della sezione Piemonte-Valle d'Aosta di Magistratura Indipendente, « lo sciopero è riuscito. Non ci interessa che cosa pensino di noi i sindacati. Chiediamo soltanto l'applicazione di una legge. Ed è questo, appunto, il motivo di fondo dello sciopero: non una semplice rivendicazione economica, ma la richiesta di attuazione di un diritto che ci era stato ri- conosciuto con la legge delega del '70 ». Il giudice istruttore Marcello Maddalena, di Magistratura In\ dipendente, ha dichiarato: « Se i magistrati hanno accettato di usare un mezzo così poco consono al loro costume e alla loro mentalità, quale è lo sciopero, pur rendendosi conto della sua impopolarità, ciò dipende dal /atto che la controversia ha ormai travalicato il suo aspetto meramente economico e rivendicativo per assurgere ad una vera e propria questione di principio concernente gli stessi rapporti istituzionali tra poteri dello Stato. Intatti un governo che rifiuta dì dare esecuzione ad una sentenza (esecutiva per legge, anche se impugnata), che pretende di travolgere una pronuncia giurisdizionale attraverso una legge cosiddetta interpretativa retroattiva, che dichiara apertamente di non ritenersi vincolato neppure ad una futura decisione sfavorevole in sede di ricorso, è un governo che dimostra coi fatti di a o e i oea l reae o ti aa ne ue tdi e eodi disconoscere i principi fondamentali su cui si regge uno Stato democratico e di diritto, basato sulla divisione e non sull'accentramento dei poteri ». Un comunicato della giunta esecutlva dell'.Associazione denuncia che il governo « non ha sinora daio esecuzione alla nota sentenza del Consiglio di Stato: h". presentato ricorso alla sezioni unite della Corte di Cassazione eccependo un difetto assoluto di giurisdizione del Consiglio di Stato, senza che mai tale eccezione tosse stata sollevata in corso di giudizio; ha chiaramente espresso l'intenzione di non dare comunque e in ogni caso esecuzione al deliberato del Consiglio di Stato neppure nell'ipotesi in cui il rico.-so venga respinto dalla Corte di Cassazione ». E rileva che « tale atteggiamento, univocamente rivolto a contestare e vanificare la decisione del massimo organo di giustizia amministrativa, rappresenta una grave ed i- ! nammissibile violazione dei principi su cui si fonda uno Stato di ' diritto». A parere del giudice Dapelo (comitato direttivo centrale delVAssociazione, corrente Impegno costituzionale) ii lo sciopero è stato indetto senza una previa consultazione dell'assemblea generale. Ma a parte questo aspetto, ritengo che l'agitazione abbia importanza soprattutto sotto il profilo politico. Ed è politica, infatti, la nostra adesione. Oggi ci troviamo di fronte a un conflitto di potere perché si tenta di va nidcare una sentenza del Consi¬ glio di Stato. E non è l'unico con- ■ flitto che caratterizza la fase pa! tologica della vita nazionale del I nostro paese. Contro questo leuì tativo di scardinamento della giu| rìsdizione non c'era altra risposta che lo sciopero». Anche il dott. Angelo Converso, pretore, di Magistratura democratica, riconosce che lo sciopero I « è riuscito » pur restando ferme I le riserve della sua corrente contro tale agitazione. « Mai come in ! questa occasione — spiega Con| verso — è mancato il dialogo col I Parlamento e, diciamo noi, con le I forze sindacali. Il punto cruciale | è che la ristrutturazione degli itij pendi non può prescindere da I gue'Ja degli uffici e di tutto l'ori dìnamento giudiziario ». Il giudice Ambrosini (MagistraI tura democratica) ritiene che l'a: gitazione attuale sia « contro la magistratura ». E aggiunge: «ScioI perare per motivi economici si. gnìficu portare una pietra in più I nell'attentato contro l'ìndipendenj za della magistratura. Sì vuole I isolare la magistratura dal con! lesto politico-sociale ed accollarle una responsabilità che non ha, cioè quella del mancato tunzìoI namento della giustizia. Non è ■ vero che noi siamo un potere dello Stato: ci sono infatti dei mec- i canismi (vedi Cassazione) che ci | impediscono di essere veri giù- \dici"' s. ro. I giudici dott. Giangiulio Ambrosini e dott. Carlo Dapelo

Persone citate: Ambrosini, Angelo Converso, Carlo Dapelo, Consi, Dapelo, Giangiulio Ambrosini, Guido Barbaro, Marcello Maddalena

Luoghi citati: Cassazione, Firenze, Italia, Milano, Piemonte, Roma, Torino, Valle D'aosta