La popolare maschera torna ad Asti di Mirella Appiotti

La popolare maschera torna ad Asti La popolare maschera torna ad Asti Gianduia austero Quest'anno il capoluogo monferrino non festeggia il Carnevale: lavoro ridotto e cassa integrazione sono i problemi prioritari (Dal nostro inviato speciale) Asti, 4 febbraio. Ad Asti il Carnevale non c'è. Ci sono le paure, i palazzi della Provincia e del Comune occupati oggi, sia pure simbolicamente, dagli operai della Ib-Mei messi in cassa integrazione. A resistere è solo Gianduia. « Rimane ed è giusto — si sente dire. — Conta non tanto come maschera, ma come uno di noi; le sue radici sono qui e, in fondo, anche i suoi problemi ». Il ragioniere Roberto Canuto-Gianduja, industriale cinquantenne torinese, nonostante tutti i gravi problemi, arriva domani pomeriggio a Callianetto con Giacometta e le Giacomette, la sua piccola corte gentile e sfocata. Va a rivedersi il «ciabot » restaurato nel '72 con equa semplicità. Senza nascondere le preoccupazioni proprie e altrui incontrerà autorità locali, qualche maschera astigiana, e gli «sbandieratori » del Palio che sono l'unico spettacolo ammesso perché non costa. Forse una corale e non smodata bevuta dal « barlett » della barbera. Infine il giro degli istituti benefici, un saluto ai bambini. Il ricevimento in Provincia è in forse, poi tutto sarà finito. Rinuncia Gli amministratori comunali di Asti, i dirigenti dell'Ente Turismo hanno rifiutato quest'anno qualunque iniziativa, anche una modesta spesa per il carnevale. « Non s'è stampato neppure il manilesto » dice Francesco Argirò direttore dell'Ept. Né ci sarà, e rinunce di questo tipo suscitano sempre malinconia, il pranzo conclusivo a Callianetto con quella « fricia », il fritto misto alla Gianduja, diciassette diverse componenti, che voleva dire stomaci forti e solidità contadina; una pausa, magari un po' greve, tra i ritmi antichi del lavoro. « La verità è che il carnevale è stato sostituito con il Palio, a settembre. Ci si spendono cento milioni ogni anno. Piace di più, attira, rende al turismo », sdrammatizzano i giovani. « Il Palio è anche un ponte di familiarità fra gli astigiani e gli immigrati, è più facile trovare terreno comune e elementi di amicizia in una gara che non nella baraonda » spiega Luigi Baudoin, vice presidente dell'En¬ te Turismo, raffinato studioso della storia e del costume astigiani: «Il carnevale come gioco, sca?nbio delle parti, travestimento è sempre stato sentito, qui, con molta moderazione. Asti non è città da commuoversi troppo con le caramelle gettate per strada; né l'astigiano si abbaiìdona facilmente alla battuta ». Soprattutto ora: con due milioni e duecento mila ore di cassa integrazione nel '74 (contro le quattrocentoventi-' mila del '73), settemila lavoratori ad orario ridotto, coinvolte trentadue aziende industriali. Un complesso di undici miliardi di mancata produzione. « Asti è una delle città più colpite del Piemonte » è la convinzione generale e ci sono notizie anche peggiori. I Per sessanta operai dell'azienda metalmeccanica Dpa è stata iniziata ieri una procedura di licenziamento; la Tulpizzo lunedì mattina non ha aperto i cancelli: trenta persone in angoscia. In cassa integrazione, da ventiquattro ore, tutti i 2200 operai della Ib-Mei. In questa atmosfera estremamente preoccupata cosa c'entrano non diciamo i coriandoli ma anche Gianduja? Sopravvive forse la millenaria tentazione politica di trasformare le disperazioni popolari in (simboliche) sbornie? «Gianduja non ha nulla di godereccio o di frivolo — ribatte Luigi Baudoin —. E' il campagnolo, nato tra i boschi, venuto su con sudate feroci. Quando dice "viva 'l rabel" intende chiasso paesano (e non "fracass" che è frastuono, con umori cattivi, arrabbiati), la distensione, il riposo dopo la fatica. Il suo "viva nói, volumse bin". può sembrare un po' trcppo facile, ma è un sincero appello a stare vicini, anche oggi, anzi soprattutto oggi, tra gente che ha radici diverse e, con fatica, impara a conoscersi. Gianduja ha una grande disponibilità verso il prossimo, una naturale vocazione alla serenità ma anche alla fermezza. Non ambisce a voli; è il custode dì una dignità paesana sicura quando dice: "Gianduja l'an fame, Gianduja voeui reste"». Questa disposizione a restare fermi, diventa nella zona giovanile più vivace, un j'accuse alla città. Se tutti sono d'accordo con Baudoin che «Asti nonostante le difficoltà non si è dispersa, non si è sprecata», i ragazzi la sentono oltre che oppressa dai gravi problemi del lavoro, appannata, culturalmente pigra. «La vita culturale è modesta» — spiegano Paolo Monticone, Gianfranco Miraglio e Carlo Accomasso. rispettivamente libraio, insegnante, titolare di un'agenzia investigativa, tutti redattori del settimanale di sinistra «La nuova provincia» —. «C'è qualche cineclub, ci sono biblioteche; quanto al teatro, l'unico gruppo efficiente è il Collettivo del "Mago povero", una ventina dì persone che fanno teatro polìtico, animazione per i bambini, girano nei paesi c lavorano tra nulle difficoltà». Gli spettacoli del teatro ufficiale astigiano, l'Alfieri, sono rarefatti ed in prevalenza leggeri, di evasione. Tanti guai «I più vivi, qui. restano gli operai con tutti i loro guai. Il piccolo proprietario astigiano sta arroccato, difende il suo "orto". I giovani della borghesia vivono ancora in clan, con i miti dell'auto e della moto. Per una libertà sessuale che va forte, c'è poca circolazione delle idee. A 25 minuti da Torino ci si sente abbastanza isolati; chi di noi è approdato all'Università itegli anni caldi dopo il '68, ha subito un trauma, ha scoperto un mondo ed una realtà nuovi». La crisi che Asti sta vivendo non pare diversa, nella qualità, da quella generale, dei grandi e medi centri urbani. Forse attenuata, umanizzata, dal contatto ancora stretto con la campagna, i paesi della cintura. A Castell'Alfero e a Buttigliera, a Costigliele e a Cortazone, in questi giorni, una certa atmosfera di carnevale la si sentiva ancora. Purché la situazione del lavoro si sollevi un poco o dia tregua, i veglioni, scomparsi ad Asti ed organizzati in periferia, si faranno. E ci andranno gli astigiani. Gli stessi che per anni hanno avuto come meta di serata Torino o anche Genova ed hanno dedicato le ferie a viaggi lontani ed esotici, ricominciano a pensare alle «vacanze in paese». Mirella Appiotti

Luoghi citati: Asti, Genova, Piemonte, Torino