DOCUMENTI SULLA POLITICA ITALIANA DEL DOPOGUERRA di Vittorio Gorresio

DOCUMENTI SULLA POLITICA ITALIANA DEL DOPOGUERRA DOCUMENTI SULLA POLITICA ITALIANA DEL DOPOGUERRA De Gasperi tra i clericali Le lettere dello statista: con un pontefice come Pio XII da fronteggiare, e con certi ministri, non ebbe davvero la vita facile Cora il Papa che aveva da fronteggiare — secondo quanto ' ho già narrato in un articolo precedente (cfr. La Stampa del 31 gennaio) — De Gasperi non ebbe la vita facile, di che dà larghe testimonianze la figlia Maria Romana nei due volumi intitolati De Gasperi scrive. Nel suo stesso governo c'erano- ministri, come Giuseppe Togni, che si mostravano campioni di clericalismo vecchia maniera e che lo pungolavano perché egli combattesse con più decisione « la mentalità cosiddetta "laica" » dilagante in Italia. Non bisognava aver paura, scriveva Togni a De Gasperi il 14 giugno 1953: nonostante la sconfitta della de nelle elezioni politiche indette sul tema della legge truffa, secondo Togni si era rivelato « inconsistente il timore di un anticlericalismo tanto sbandierato a fine speculativo e di cosi scarsa influenza politica ». A suo giudizio la mentalità laica si era ristretta « ai soli redattori de II Mondo, de L'Europeo e di qualche altra rivista a rotocalco direttamente o indirettamente sussidiata dallo Stato. Questa diminuita espansività del pensiero laico nazionale o "dottrinario" si è verificata nonostante l'opinione pessimistica di alcuni che in politica rappresentano solo se stessi. Si tratta di gente purtroppo appoggiata all'estero da nostri ambasciatori nelle principali sedi diplomatiche (questi, sì, veramente anticlericali!) che hanno sempre speculato su una supposta sfiducia del mondo internazionale e anglosassone in particolare e della borghesia intellettuale italiana verso un preteso nostro clericalismo vecchia maniera ». Gli americani L'allusione di Togni ai nostri ambasciatori del tempo si riferisce forse ad Alberto Tarchìani che rappresentava allora l'Italia in Usa. In una sua lettera a De Gasperi del 30 luglio 1952 Tarchìani aveva riferito su un suo colloquio con il segretario di Stato Dean Acheson il quale gli aveva domandato « ragguagli » circa l'atteggiamento della Santa Sede: «Mi è sembrato — scriveva Tarchiani — che egli fosse preoccupato delle impressioni date qui dalla stampa, e forse anche da qualche rapporto romano, secondo le quali sarebbe possibile una collusione cattolico-fascistamonarchica. Ho escluso senz'altro un tale pateracchio j dato che tu hai ben dimo! strato, nelle amministrative, che si può e si deve vincere senza i fascisti ». Per quanto riguarda i monarchici, pare che De Gasperi non ne avesse paura, avendo egli per lo meno escluso la possibilità di un loro gol| pe insurrezionale. In una lettera a Luigi Sturzo, che a quel tempo stava ancora a New York, De Gasperi aveva scritto con saggezza fino dal 12 novembre 1944: « Si può sul serio agitare lo spettro della reazione militare armata e di una reazione antidemocratica in cammino? Vero è che non tanto le simpatie per l'istituto monarchico, quanto le obbiezioni e le preoccupazioni contro la nostra maturità per una democrazia liberale repubblicana sono, nella coscienza pubblica, piuttosto in aumento che in de- I crescenza. Guardandomi atI torno non vedo che la mo1 narchia si sia rafforzata, né ! come istituto né come reale i esercizio del potere; essa i marca piuttosto un qualche ì guadagno di riflesso. Quej sto deriva dal dubbio che i partiti democratici non sap! piano garantire la libertà e ì la disciplina di tutti dinan! zi alla legge ». Sono parole che restano | ancora adatte ai tempi in cui viviamo, anche se di monarchia nessuno parla più. Comunque, nella corrispondenza con Sturzo ben altri sono gli elementi di interesse. Scriveva Sturzo da New York il 29 agosto 1945: «Tutto sommato, non mi piace far accreditare la voce che il Vaticano interferisce nella politica italiana. Specialmente in questi giorni che la circolare della Congregazione concistoriale circa le elezioni è stata qui pubblicata con il commento che si tratta di intervento del Vaticano a favore del partito della democrazia cristiana. Quanto tutto ciò nuoccia all'Italia, tu puoi pensarlo (...). Qui, per gli uomini politici, il Vaticano è una potenza degna di ogni rispetto e da tenerne conto; ma ogni sua ingerenza (o creduta tale) nella vita politica, al di fuori della religione, della carità, della pubblica assistenza e della predicazione e affermazione dei precetti morali, dà sospetto ». Sturzo non era un uomo comodo, essendosi formato a una visione meno provinciale di quella che era propria a molti democristiani d'Italia: egli non esitava, per esempio, a deplorare che Guido Gonella montasse in cattedra per invocare che il governo agisse con la mano forte contro il disordine, le violenze e l'anarchia, col risultato che in America il governo italiano « si rappresenta ora come impotente, ora come complice di tutti i mali d'Italia (...). Gonella mi dà l'impressione — scriveva Sturzo a De Gasperi il 1° settembre 1945 — di quel prete che predica e fulmina contro la bestemmia ad una udienza di buone donne o figlie di Maria, o di quell'altro che fa la predica contro il comunismo in una chiesa frequentata dall'alta società (...). Comunque, certi suoi articoli a me danno fastidio per colpa del mal uso che qui se ne fa ». Un personaggio come Sturzo non poteva evidentemente piacere a Pio XII. Il vecchio fondatore del Partito popolare avrebbe molto desiderato ritornare in Italia, ma poiché il Papa era contrario, il povero De Gasperi si dovette assumere l'incarico di informarnelo e di sconsigliarlo del viaggio. Mancava poco al referendum istituzionale ed un ritorno del repubblicano Sturzo avrebbe potuto mettere in crisi molte coscienze cattoliche: « Parecchi mesi fa — scrive quindi De Gasperi a Sturzo il 26 ottobre 1945 — discorrendo con Montini del tuo ritorno, egli che personalmente ti è assai deveto, accennò ad eventuali apprensioni che un tuo diretto intervento potrebbe far sorgere ». Come divagazione abile, a questo punto c'è un riferimento di De Gasperi alle condizioni di salute di Sturzo: « Avendone parlato fra amici, fra i quali Caronia, questi stesso come medico aveva sconsigliato per un primo momento la tua permanenza in Roma, come sede stabile, dato che questa circostanza ti avrebbe collocato al centro della lotta ». « Accanto alla considerazione della tua salute ch'era la mia preoccupazione fondamentale — aggiunge De Gasperi — immaginavo che in Vaticano ci fossero delle apprensioni (...). La preoccupazione particolare penso che sia la recisa posizione presa da te nella questione istituzionale. Ba- da che, nei colloqui, il Papa ha evitato finora scrupolosamente di dare consigli in materia, ma egli pensa che questa neutralità della Chiesa sarebbe messa a dura prova dall'intervento, che non può essere che direttivo, di un sacerdote del tuo valore. Mi pare che in tal caso egli riterrebbe di dover prendere un atteggiamento di riserva così pronunciato da favorire indirettamente la tesi monarchica e il nascere di un partito cattolico monarchico, che egli considera fatale perché la scissione dei cattolici potrebbe portare ad una maggioranza socialcomunista ». Torna Sturzo Questa era una bella maniera di ricattare Sturzo — come si vede — ma è dubbio che De Gasperi in cospetto di un Papa come Pio XII, avesse la possibilità dì sottrarsi alla bisogna penosa. Per obbedienza sacerdotale lo stesso Sturzo d'altra parte dovette darsene per inteso e difatti in Italia non tornò che nel settembre 1946 quando la questione istituzionale era già stata risolta. Ebbe poi con De Gasperi uno scontro vivace a proposito della famosa legge truffa che nel 1953 avrebbe dovuto attribuire alla maggioranza un cospicuo premio dì seggi ben al di sopra dei risultati proporzionali delle votazioni: e ciò pareva a Sturzo una vera immoralità politica. « Trovo inaccettabile l'argomentazione moralistica », gli scriveva seccamente De Gasperi il 24 agosto 1S52, tornando a fargli balenare lo spettro di una de costretta a causa comune con la destra: « Ciò equivarrebbe a spezzare irreparabilmente l'unità del partito, a riaprire la questione monarchica, a provocare una instabilità di governo che rovinerebbe rapidamente il sistema e ci porterebbe al comunismo ». Fu questo il grande tema costante della politica dì Pio XII e venne un giorno che ancora una volta Sturzo dovette sottomettervisi per obbedienza sacerdotale. Fu quando il Papa lo indusse a dare il suo avallo ad un listone che avrebbe dovuto comprendere cattolici e fascisti in un fronte unito per impedire la vittoria dei socialcomunisti nelle elezioni comunali di Roma. Il progetto andò a vuoto grazie a un'accorta opposizione sotterranea di De Gasperi, come Maria Romana ha già raccontato in un altro volume sul padre (De Gasperi uomo solo, Mondadori, 1964; ma fu quello un motivo di rancore che Pio XII non riuscì mai a superare nei confronti del nostro statista. In giugno 1952 il pio cattolico De Gasperi celebrava il trentesimo annuale delle sue nozze, e quella data coincideva con la pronuncia dei voti perpetui da parte di una sua figlia. Lucia, fattasi monaca. Egli chiese un'udienza al Santo Padre, per sé e per l'esemplare sua famiglia. Pio XII, che pure aveva l'udienza facile a favore delle più disparate categorie di persone, la rifiutò a De Gasperi. « Come cattolico — scrisse De Gasperi al nostro ambasciatore presso la Santa Sede Giorgio Mameli — accetto l'umiliazione benché non sappia come giustificarla ». « Fu per noi tutti — ha scritto Maria Romana accoratamente — una sorpresa., e per mio padre un profondo dolore, anche se egli aveva compreso che la risposta negativa era dovuta al fatto che il pontefice non desiderava ascoltare, o forse non sapeva come rispondere agli interrogativi politici divergenti dal suo proprio pensiero ». Non oso dire che tutto il senso di questi volumi di Maria Romana Catti De Gasperi stia nella rappresentazione della difficoltà dei rapporti fra un presidente del Consiglio cattolico e un Papa della taglia di Pio XII. La materia della corrispondenza è difatti larghissima (spazia dalle polemiche degasperiane contro Gedda ai dibattiti con Togliatti in tema religioso, dai dissensi con il presidente della Con/industria Angelo Costa — tutti condotti in un rimpallo di citazioni dei dieci comandamenti — ai problemi proposti dalla scissione sindacale, alla restituzione al re da parte di Sforza del Collare dell'Annunziata) ma, come accade per volumi di simile natura, non è possibile dare conto di tutto. Sono perciò libri da leggere, nell'originale, da conservare per consultazione e per ammaestramento politico, e si deve essere grati a Maria Romana di aver fornito agli studiosi e ai curiosi di storia uno strumento di lavoro e informazione istruttivi. Vittorio Gorresio