Il senatore astronauta di Furio Colombo

Il senatore astronauta RITRATTI AMERICANI Il senatore astronauta (Dal nostro inviato speciale) Columbus, febbraio. L'Ohio è lontano, in mezzo all'America, gente uguale e pianure uguali dove tutto sembra senza storia e destinato a durare sempre. John Glenn, già astronauta e senatore democratico appena eletto, è costruito in serie come gli altri che abitano questa terra, con la faccia bionda e robusta, l'andatura sportiva, un tipo di forza fisica clic rivela l'origine contadina e gli occhi più onesti che si possano immaginare in un uomo. Ma gli è rimasta un'ombra di solitudine, nascosta nell'apparenza allegrona, una piccola, impercettibile differenza che forse gli viene dal tempo in cui si è trovato per primo chiuso in una capsula in mezzo allo spazio. Intorno suonano campanelli a carillon, hanno messo le candele sul tavolo, arrivano i vicini con una torta. Da una stanza la figlia grida: — Per carità papà non entrare! — perché sta cambiandosi e in questa casa nessuna porta ha la chiave. Dalla parte del lago gli scoiattoli hanno i loro piattini e si servono senza fretta voltandosi ogni tanto a guardare dentro la casa. La moglie è una moglie americana che pensi agli ospiti, al forno, al caffè, alla porta, al telefono e si affaccia a sorridere fresca come una rosa. La casa è piena di gente, un po' amici e un po' ficcanaso, come nei fumetti di Blondie. E poi ci sono gli aiutanti e assistenti della nuova carriera, che imbarazzano un po' il neo-senatore. Preferisce che al telefono rispondano la moglie o la figlia, si ostina ad aprire la posta da solo e vuole scrivere a mano, Naturalmente è impossibile, « ma lo imparerà a Washington », dicono gli assistenti. 10 gli chiedo come vede il rapporto fra il suo passato, accademia aeronautica, ufficiale, astronauta, e il nuovo lavoro di senatore. E lui, col profilo del pilota da film, naso corto, mento forte, occhi di un azzurro perfetto, prontamente risponde: — Come sempre. Farò del mio meglio —. Se fosse rimasto nello spazio, bloccato da un guasto, avrebbe detto la stessa cosa, con gli stessi occhi convinti. 11 soggiorno è costruito come il rifugio di un cacciatore, con le travi incrociate e il pavimento di pietra. Volonteroso come un boy-scout John Glenn si offre all'esame dell'intervista con la fronte sudata. La sua vittoria, con un margine di un milione di voti, ha fatto alzare la testa un po' in tutta l'America. In un momento di scarso amore per gli « addetti ai lavori » e le vecchie immagini pub bliche, un estraneo come John Glenn potrebbe trovarsi di colpo al centro della scena politica. Prospettiva incredibile? Ma i kennediani ne parlano. Dopo il ritiro di Kennedy ci tengono a dire che Glenn è un uomo che merita stima e che potrebbe avere un seguito popolare. Un nuovo tipo di «folk hero», di eroe di massa, dicono gli studiosi dell'opinione pubblica. Quello che intriga gli esperti è che John Glenn non assomiglia in niente al politico di successo. Ma ricorda certe storie che si vedono solo al cinema: l'irresistibile ascesa dell'uomo semplice. — E poi in confronto a Ford, Glenn è Einstein — mi aveva detto Tom Wolfe, lo scrittore brillante e cattivo che ha seguito John Glenn durante le eiezioni primarie. Wolfe ammette francamente di esserci andato per divertirsi. Poche cose provocano di più uno scrittore della conversazione di un astronauta. Ma è tornato con una immagine diversa, come uno che si è convertito. — Attenzione, quell'uomo esiste. Non è né un cliché né un fumetto. C'è qualcosa in lui che finisce per piacere ma che è un po' difficile descrivere con precisione. Forse erano così gli americani, una volta. O meglio: lui c come ce li avevano raccontati. — Io, dice John Glenn seduto sulla pietra del camino, mentre la figlia mette sul vassoio la torta di mele e la moglie fa passare il caffè, sono il solo ingegnere al Senato. Tutti gli altri sono giuristi o cose del genere. Forse per questo c'è stato tanto imbarazzo nel pensare al futuro. Un padre di famiglia o il padrone di una piccola azienda sono molto più accorti quando devono prepararsi per un periodo difficile. Eppure siamo gli abitanti del mondo più ricco di risorse e di conoscenza che sia mai esistito. Si parla di fame, e questo è un Paese che può produrre di tutto, quattro o cinque volte più di adesso, usando solo la terra già coltivata. Si parla di guerra d a del petrolio. Eppure bastavano dieci anni di anticipo nelle ricerche. E un po' di fantasia nell'immaginarc come possono andare le cose. Qualunque contadino è abituato a porsi problemi come: e se la prossima stagione non piove? E in qualche modo si tiene pronto per i giorni neri, con le sue scorte e la sua lista di cose da fare in caso di guai. Si parla di disoccupazione, stiamo arrivando al sette per cento. A me sembra che troppe cose siano sfuggite al controllo... Sulla faccia di Glenn compare un sorriso incerto. Moglie c figlia lo incoraggiano da lontano. Glenn fa il pieno di caffè, apre il colletto della camicia e continua. ■ - — Non ho nessuna esperienza di economia, ma vedo che la gente ha paura. Può restare senza controllo una simile situazione? Io credo a Roosevelt. Non credo né a Hoovet (il presidente della crisi del trenta) né a Ford. Ford si mette sulla giacca il bottone con la scritta « vincere » e non fa niente. Sbaglio o quello è uno slogan che non ha mai portato fortuna? — Come volano le parole! — gli grida con affetto la moglie dall'altra parte della stanza. Glenn arrossisce e ride a sua volta, bloccato a metà della frase. — Va bene, è un mestiere nuovo per me. Ma affrontare tempi come questi è un mestiere nuovo per tutti. Io la penso come tanti. Non si può stare lì a far niente, a vedere come andranno le cose. Ripeto, 10 credo in Roosevelt, cioè nei piani. Niente si risolve senza un progetto, neanche un esame di scuola media. Famiglia e « staff » fanno un piccolo applauso. Tutto ciò ricorda a Glenn qualcosa a cui è molto sensibile: il problema di essere preso sul serio. Lo aiuta 11 suo modo volonteroso di ricominciare da capo. Tossisce, si spolvera senza ragione le maniche della giacca. — Io non so se sono un liberale. Certo non sono un conservatore e non vorrei essere chiamato socialista proprio in America. Penso due cose: la prima è che per grandi problemi ci vogliono grandi risposte. Forse siamo a un cambiamento totale della vita. Perciò non bastano la buona volontà e alcuni slogan. La seconda è che nel mondo c'è tutto, ma proprio tutto, per salvare e anzi rendere un po' migliore quella che chiamiamo « la civiltà ». Credo che dovremmo meravigliarci di come sia arretrato e primitivo il nostro modo di affrontare i problemi, sempre guardando indietro... John Glenn cerca nella giacca di pelle e trova un foglietto di appunti che si era preparato in anticipo. Legge: — Gli uomini sono i soli animali capaci di controllare il futuro —. Ma non è soddisfatto. Rimette in tasca gli appunti. — No, il fatto è che ognuno prende solo la sua parte del problema e rifiuta quello degli altri. Come se il problema degli altri non fosse una bomba che prima o poi ti scoppia in mano. Non usciremo da questo periodo facendoci lo scherzo di passare l'uno all'altro la patata bollente. Il campanello suona a tre toni, come nelle commedie di Doris Day. Arriva una famiglia di italiani che abita nei dintorni e che ha sentito di questa visita. Portano dolci, vino, fotografie di bambini. John Glenn li guarda come gli indigeni di una regione lontana e un po' misteriosa. Ridendo li afferra alle spalle, dall'alto. Porta tutti a vedere la casa. — In questa casa — dice con orgoglio — Ann e io possiamo fare tutto da soli —. E' la casa per una vita senza complicazioni costruita sulla stessa terra in cui il padre e il nonno avevano una piccola fattoria. C'è il ritratto di Kennedy, una stampa di Roosevelt, una fotografia di Martin Luther King. E. piccolo piccolo, nascosto in un angolo, il modello della nave spaziale. Della moglie racconta, orgoglioso, questo episodio. Quando lui era in orbita, Johnson decise di andare a « confortare la moglie dell'astronauta ». Le tre reti televisive erano state avvertite. La limousine di Johnson scende lentamente per il viale di platani, seguita dalle telecamere mobili. La signora Glenn compare sulla porta e avverte gli agenti: — Per favore, andategli a dire che non voglio essere confortata —. Arriva il sindaco, arriva il governatore. Ma nessuno riuscì a persuaderla. Johnson e le telecamere dovettero andarsene. E la signora Glenn se ne restò ad aspettare il marito davanti al televisore in cucina. Furio Colombo

Luoghi citati: America, Columbus, Hoovet, Ohio, Washington