Il presidente del Verona liberato piange agli applausi dei tifosi di Giuliano Marchesini

Il presidente del Verona liberato piange agli applausi dei tifosi Pagato forse oltre un miliardo di riscatto Il presidente del Verona liberato piange agli applausi dei tifosi I rapitori l'hanno abbandonato all'alba su una "500" nel Bergamasco - Era ammanettato e imbavagliato - Per cinque giorni è stato tenuto prigioniero in una località di montagna (Dal nostro inviato speciale] Verona, 4 febbraio. I banditi hanno liberato Sa1 verio Garonzi. Stamane l'han I no lasciato su una «500» lun ! go una stradicciola poco fuo- ri dal paese di Lallio, nel Bergamasco. Assicurato con una manetta al sedile posteriore, una coperta addosso, bendato e un poco stordito, il presidente dell'Associazione Calcio Verona è rimasto solo circa un'ora. L'ha visto, verso le 9, l'autista di una vicina cartiera, Gino Ghisalberti: l'uomo s'è accostato, ha guardato sbalordito. «Che fa lei lì dentro, in queste condizioni?». «Sono quello che hanno se- questrato a Verona. Mi dica dove sono, mi aiuti lei. Non ne posso più». Garonzi è stato condotto nello stabilimento, qui ha fatto la prima, convulsa telefonata alla moglie. Poi, il viaggio veloce verso casa. I contatti tra i rapitori e i parenti de] presidente del Verona si erano interrotti ieri. Nell'abitazione di Saverio Garonzi, in piazza Vittorio Veneto, era calato il silenzio. Ma si sapeva che era già stato pagato il riscatto. Quanto? Ci sono indicazioni contrastanti sulla somma che i parenti del commendatore hanno consegnato ai banditi, probabilmente in una zona della Lombardia: in casa del leader del calcio veronese si dice che era stato raggiunto l'accordo sul miliardo di lire, qualcuno sostiene che la richiesta iniziale dei banditi era per il doppio, altri ritengono che in definitiva siano stati versati un miliardo e mezzo. Nelle prime ore di stamane, superate le molte diffidenze, i rapitori si sono decisi a rilasciare Saverio Garonzi. Il presidente del «Verona» era raggomitolato all'angolo del sedile, la mano destra stretta nella manetta, le bende agli occhi fissate con i cerotti. All'interno della macchina c'era la chiave per liberare Garonzi dalla manetta. Dopo la telefonata a casa, il comm. Saverio ha chiamato Angelo Domenghini, giocatore della squadra veronese, che in quel | momento era proprio a Lallio, dove risiedono i suoi genitori. Verso mezzogiorno, Saverio Garonzi è a Verona. Quando la « 131 » guidata dal nipote imbocca la strada che immette in Borgo Trento, c'è già folla davanti alla casa del presidente della squadra: saranno quottro o cinquecento persone. La vettura si ferma qualche istante presso il cancello della palazzina, attorno si formano due siepi compatte di gente. I banditi hanno picchiato duro. Saverio Garonzi reca i segni delle percosse, al labbro superiore e al capo; la barba ispida incornicia un volto disfatto. Vedendosi tante persone attorno, il commendatore afferra la maniglia della portiera: vorrebe scendere. Ma il nipote glielo a letto. impedisce: « Zio, stai calmo, per carità ». La macchina infila lo scivolo del garage, e un gruppo di sportivi si lascia andare ad uno scroscio di applaudi. Adesso questo energico presidente della compagine calcistica piange come un bambino. Nel garage, Saverio Garonzi s'incontra con la moglie, signora Rina Tosi. L'abbraccio è lunghissimo e silenzioso. Poi il commendatore è portato in casa, vien messo Intanto, nella piazza le schiere di tifosi sono andate infittendosi in modo impressionante. Alcuni giovanotti hanno steso uno striscione con la scritta « Brigate gialloblii » lungo la rete di recin¬ zione del Campetto dove giocano i ragazzi dell'oratorio. Nel pomeriggio, Saverio Garonzi può parlare un poco con noi. E' a letto, ma le sue condizioni appaiono sensibilmente migliorate rispetto al momento del ritomo a casa. « Vi racconto tutto, ma in breve, perché mi sento ancora molto stanco. Voi capirete ». Garonzi rievoca i drammatici istanti in cui venne sequestrato, a due passi dalla sua abitazione. « Sono arrivato verso le 19. come il solito. Non ho fatto nemmeno in tempo a scendere dalla macchina: l'auto dei banditi mi veniva addosso in retromarcia. Erano in tre, con i passamontagna: "Venga con noi" mi ha detto secco uno di loro ». « Ma dove?, ho risposto io, ma siete matti? Ho cercato di togliergli di mano la pistola, lui ha sparato un colpo verso l'alto, poi altri colpi. Ho tentato, con la forza della disperazione, di non farmi trascinare su quella vettura. Ma non c'è stato niente da fare. Dove hanno portato Saverio Garanzi? « Mi hanno fatto salire su un'altra auto, quella macchina filava almeno a 1S0 all'ora. Si sono fermati ili un posto, siamo rimasti là due o tre ore. Poi hanno cambiato vettura di nuovo e mi hanno portato in montagna. C'era molta neve, faceva un freddo maledetto». Saverio Garonzi è stato spinto in un « ambiente », forse uno chalet. Sempre bendato, è rimasto là dentro cinque giorni. «Alimenti, quasi niente: mi davano soltanto latte e acqua. Stamane, è giunto il « via » per la liberazione. « Alle 4 — racconta Saverio Garonzi — il mio guardiano mi ha dato uno scorono: "Sveglia", mi ha detto, che adesso ti lasciamo andare". Mi hanno fatto fare circa 150 metri a piedi, poi mi hanno portato giù con una slitta. Poco lontano dal paese, sono stato caricato sulla "500". bloccato con la manetta. E mi hanno lasciato là vicino alla cartiera. Era finita, non ne potevo proprio più ». Giuliano Marchesini Garonzi, rilasciato ieri, è assistito dalla moglie (Tel.)

Luoghi citati: Borgo Trento, Lallio, Lombardia, Verona