La dc inizia l'autocritica

La dc inizia l'autocritica Più forte il governo Moro La dc inizia l'autocritica L'anima complessa della de I si è rispecchiata bene nelle quattro intense giornate di dìbattito del Consiglio nazionale. Questa prima risposta collettiva, a molte voci, all'inquietudine e ai dubbi cresciuti dentro e attorno al partito, è stata nell'insieme, per la stessa varietà delle risposte, una manifestazione di vitalità. Gli avversati della de probabilmente sbagliano quando si rallegrano per la fine dell'« unanimismo », per la formazione di una minoranza, o per il fatto che dentro la stessa maggioranza, da Moro, a Fanfani, ai dorolei, si siano uditi accenti alquanto diversi e lontani tra loro. La de è da sempre un partito composilo: i contrasti ci sembrano oggi, semmai, più sofferti e sinceri, frutto, più che dei soliti personalismi, di un autentico disagio e di una genuina ricerca di risposte a quella « crisi » che i più accettano come un fatto innegabile. Il corpo dirigente della de è apparso conscio di quanto sia travagliato questo passaggio nella vita del partito. Anche chi ha rivendicato, come Moro, la « plurhlecennale positiva funziona della de» ( «senza di noi, a dispetto degli errori che pure abbiamo compiuto e delle cristallizzazioni dalle quali non siamo riusciti a liberarci, la libertà in Italia sarebbe stata meno sicura e l'evoluzione democratica più incerta t lenta »), non ha poi esitato a dire che « la de esisterà » soltanto se sarà capace di « parlare con i ragazzi di 18 anni », e più in generale se saprà rispondere alle esigenze di civiltà e di giustizia dell'Italia d'oggi, tanto cresciute col tempo. Ancora Moro ha ricordato che « un profondo bisogno di verità e pulizia si fa avanti e contesta ad un tempo la ragione di Stato, e, ancor più, la ragione di partito »; la de, ha ammesso, si porta dietro insoluto, da un congresso all'altro, il problema di come assimilare « il mutamento necessario delle cose ». La soluzione di questo problema, egli stesso ha detto di non conoscerla; sente soltanto quanto sia acuto, e consiglia « l'umiltà di ima comune, sofferta, appassionata ricerca». Quale sarà il contributo vero, a tale ricerca, dell'immenso dibattito di Roma, dirà l'avvenire. Nessuno può avere ancora assimilato un tal volume di discorsi, e ogni valutazione è provvisoria. Ci sembra tuttavia di poter affermare che gli accenti autocritici, benché numerosi e spesso interessanti, abbiano peccato di genericità. La stessa denuncia delle « cristallizzazioni » richiede una definizione più concreta. Ha sicuramente ragione l'onorevole Malfatti quando dice che alla credibilità della de ha nuociuto l'insufficiente coerenza delle sue azioni alla sua professione di «partito delle rifoimc». Ma ci sembra che si debba andare più a fondo nell'analisi, per spiegare la grave perdita di autorità morale e di prestigio intellettuale. La de non ha forse sofferto, oltre che per le cose non fatte, per le cose fatte? Sembra difficile una « rifondazione » del partito se prima esso non si sforza di cancellare l'immagine, che ha troppe volte presentato al Paese, di pura organizzazione di potere, ricca di troppi privilegi. Se questo — che è poi un problema morale — è il fondo della questione democristiana, allora le quattro giornate di dibattito, pur animate da molti slanci di sincerità, ci sembrano carenti nella spregiudicatezza autocritica. Per andare incontro ai « profondo bisogno di verità e di pulizia », altre parole occorreranno, ed altri fatti. Tutto questo ci sembra in verità più determinante di quanto non siano i problemi di schieramento, l'accettare o il rifiutare questa o quella alleanza; non dovrebbe la de guardare meno agli altri, e più a se stessa? Il Consiglio nazionale può definirsi comunque un buon inizio di dibattito per un par¬ tito che si autodefinisce in cri¬ si; poi, si vedrà. Quanto al Paese: il Governo, e Moro personalmente, ne escono rafforzati, con una prospettiva assicurata di lavoro di alcuni mesi, quanto basta per prendere alcune iniziative di governo indispensabili, se non vogliamo che l'Italia riaffondi nella crisi. L'insistito timore che Fanfani volesse indebolire o sabotare il governo non era giustificato. Almeno nel sostenere questo ministero, la de è unanime e tulle le correnti collaborano. Parallelamente al dibattito di partito, che dovrà andare avanti, l'opera del governo sarà determinante per un risanamento della de e per una ricostruzione della sua immagine di fronte al Paese. A PAGINA 2 I giudici scioperano Vogliono gli aumenti

Persone citate: Fanfani, Moro

Luoghi citati: Italia, Roma