r di Igor Man

r Il ministro sovietico è al Cairo Gromyko: obiettivo riconquistare Sadat Il ministro degli Esteri sovietico Gromyko ha ripreso la via del Levante proprio all'immediata vigilia del viaggio in Medio Oriente del segretario di Stato americano Kissinger. E questo per riaffermare il principio della presenza dell'Urss in ogni «fase significativa» del cosiddetto dialogo di pace nella regione. Giungendo ieri al Cairo, Gromyko ha definito la sua una «visita d'amicizia» e ha dichiarato che «l'unico modo sicuro» per stabilire una pace giusta e durevole consiste nel recupero da parte degli arabi di tutti i territori occupati, nel ripristino dei diritti legittimi del popolo palestinese, e in una «rapida» riconvocazione della Conferenza di Ginevra (il comunicato congiunto diffuso a Damasco al termine della visita di Gromyko, afferma che Urss e Siria ritengono necessario convocare la conferenza «entro la fine di febbraio o, al massimo, ai primi di marzo»). Nel gennaio scorso il presidente Sadat lanciò pesanti accuse all'Urss (si vedano le intervista a Le Monde e al Figaro). I sovietici reagirono con asprezza, ricordando all'Egitto che non può pretendere di considerare l'Urss soltanto come un arsenale, dove ci si rifornisce di armi nei momenti di necessità, senza ascoltare anche i consigli politici e rispettare almeno gli impegni economici. Ma quel che soprattutto Mosca rimprovera al Presidente egiziano è la «grande amicizia e fiducia» che egli ostenta nei riguardi dell'America. Il nostro corrispondente da Mosca riferiva il 26 gennaio come il presidente delle due Camere sovietiche, Aleksej Shitikov, avesse dichiarato a una delegazione parlamentare italiana: «Sadat sbaglia a fidarsi ciecamente del suo grande amico Henry (Kissinger)», e ad ostacolare la ripresa dei lavori di Ginevra. In questa prospettiva riesce difficile considerare l'attuale visita di Gromyko in Egitto come una «visita d'amicizia»; ma la politica è l'arte del possibile. L'Egitto, come risulta da quanto scrivono i commentatori più qualificati, è pronto a riannodare il dialogo con l'Unione Sovietica, «nello spirito del trattato d'amicizia sovieto-egiziano». Vale a dire a determinate condizioni. Sadat ha detto di esser disposto a migliorare i suoi rapporti con l'Urss «poiché non è nel nostro interesse avere tensioni con l'Unione Sovietica, con gli Stati Uniti o con qualsiasi altro paese». Ma ha precisato, tenendo un rapporto ai massimi esponenti del governo e delle forze armate, come l'Egitto non sia stato compensato dall'Urss per le sue perdite di aerei e di altri arma¬ menti, mentre la Siria ha ricevuto ben più di quanto non avesse perduto. Tuttavia, ha soggiunto Sadat, il danno non è irrimediabile, perché durante la guerra l'Egitto ha perso il venti per cento del suo materiale bellico, mentre nel 1967 le perdite erano state quattro volte superiori. Il «rapporto» di Sadat conferma, se ce ne fosse bisogno, come esistano serie divergenze tra II Cairo e Mosca. Riuscirà Gromyko ad appianarle? L'impresa non è facile, anche perché l'Egitto non sembra disposto a far «concessioni», come per esempio il ritorno dei «consiglieri» sovietici o mettere a disposizione dei russi basi militari. Quel che l'Urss potrà ottenere con il viaggio di Gromyko non andrà forse al di là della firma, già annunciata al Cairo, di tre «accordi tecnici», uno dei quali è l'apertura di tre nuovi consolati sovietici a Porto Said, Ismailia e Suez, in previsione della riapertura del Canale. E' possibile tuttavia che l'apertura dei consolati sia legata all'intenzione, da parte sovietica, di chiedere una volta ancora, in futuro, la libera circolazione delle sue navi da guerra nel Canale, per collegarc la sua flotta dell'Oceano Indiano con quella in Mediterraneo. Per il momento l'Urss sembra rassegnata a prendere at¬ to di una situazione che non riesce più a controllare come in passato e comunque decisa a «conservare tutto ciò che può». Sadat ha infatti parlato chiaro: l'Egitto punta sulla «carta occidentale». Il Presidente egiziano ha introdotto la «componente europea» nella crisi mediorientale, affermando che «l'Europa Occidentale deve svolgere il ruolo naturale che le spetta (in Medio Oriente) anche perché è necessario creare una forzacuscinetto tra le due superpotenze». Sempre nel suo «rapporto», Sadat ha ripreso un vecchio tema e cioè che solo gli Stati Uniti «che forniscono a Israele dal pane ai phantom», sono in grado, esercitando pressioni sugli israeliani, di disinnescare la bomba mediorientale, una pericolosa bomba-a-tempo. Insomma, per volontà del più prestigioso paese arabo e, sembra, con il tacito assenso della Siria, a condurre il giuoco rimangono per ora gli Stati Uniti. L'Egitto è pronto a «migliorare» le sue relazioni con l'Unione Sovietica ma è deciso a conservare tutta la sua libertà d'azione, puntando sulla politica di Kissinger, la politica dei «piccoli passi». Così stando le cose, all'Urss non rimane che guardare e aspettare. Pronta a cogliere il minimo passo falso di Kissinger per rientrare in campo. Igor Man