Un ingenuo educatore di scolari "terribili"

Un ingenuo educatore di scolari "terribili"L'esperimento didattico di Verbania Un ingenuo educatore di scolari "terribili" Il giovane insegnante del doposcuola delle elementari aveva chiesto ai suoi allievi di elencare e illustrare le parolacce che conoscevano - Adesso ha ricevuto dal giudice un avviso di reato (Dal nostro inviato speciale) Verbania, 3 febbraio. « Lo manderemo a fare il divo, mio figlio »: con queste parole mi ha accolto la madre di Roberto Cavallari, il ventitreenne educatore di Intra al centro di vivaci polemiche, culminate con una denuncia per un suo discusso esperimento didattico. Dal giorno dello « scandalo » per il giovane educatore non c'è stato un attimo di tregua: giornalisti, fotografi non gli hanno dato respiro, la sua foto primeggia nelle pagine dei settimanali, la vicenda di cui si è reso involontario protagonista è sulla bocca di tutti. Adesso la farsa si è tinta di fosco: sabato un ufficiale giudiziario gli ha portato un avviso di reato, i capi di imputazione sono piuttosto pesanti: atti osceni in luogo pubblico e diffusione di materiale pornografico. Abbastanza per finire in carcere per una manciata di anni non indifferente. La storia ha avuto inizio nei primi giorni di gennaio. Roberto Cavallari, uno degli animatori del doposcuola delle elementari della frazione Renco di Verbania, aveva chiesto ai suoi allievi di elencare le parolacce che conoscevano, illustrandole con dei disegni. L'iniziativa aveva . i e a n a a o a o i - divertito i ragazzi che si erano messi al lavoro con un impegno inusitato. Ne erano venuti fuori degli sconcertanti elenchi di vocaboli irripetibili, contornati da disegni che la paiola oscena definisce con appena sufficiente realismo. I buoni propositi che avevano spinto l'educatore ad attuare questa singolare iniziativa non erano stati condivisi dai genitori degli scolari. Se i ragazzi si erano divertiti, le madri si sono indignate. Accuse, proteste, intervento del direttore didattico, del sindaco, di esponenti di partiti politici. La vicenda è stata strumentalizzata: la giunta socialcomunista è stata messa sotto accusa, il consigliere regionale del msi-dn, Nino Carazoni, ha presentato un esposto alla procura. Di qui l'accusa contro il Cavallari. Come si difende l'educatore? Imbarazzato, confuso, tenta invano di apparire più vecchio e maturo trincerandosi dietro la folta barba che gli incornicia :l volto. Ma il risultato è deludente: la sua giovane età non può essere camuffata, non ha l'aspetto dell'ideologo e neppure dsl martire. Vittima della propria inesperienza e del suo stesso entusiasmo che l'han- e- no spint0 a tentare un espe. i o» i e a, , o a i ? ao a o o. o o iè ae o ti iii rimento, valido forse sul piano tcoriio ma estremamente difficile cu quello pratico. E per il quale, egli stesso, non era neppure rjreparato. L~ confessr. candidamente quando dice: «Il risultato mi ha. sorpreso, non ho più avuto il coraigio di continuare. Ilon ho la pratica necessaria, forse uno psicologo avrebbe saputo che cosa bisognava fare ». Perché l'ha fatto? La risposta è impegnativa: « Sono stato mosso dal desiderio di aiutare questi ragazzi a capire la vita ». In quei giorni, racconta, uno scolaro era stato sospeso perché aveva insultato una maestra. Il provvedimento era stato giudicato troppo severo dagli altri ragazzi: in fondo, dicevano, il nostro amico ha risposto con una parolaccia che noi sentiamo ripetere dappertutto. In casa, per strada. « Cosi quello scolaro era quasi diventato un martire: il simbolo di una ingiustizia patita — prosegue Cavallari —; mi sono reso conto che i ragazzi non erano in grado di capire la gravità della sua colpa proprio perché erano abituati a sentire le parolacce. Forse, ho pensato, le ripetono senza sapere cosa significano, per questo ho pensato di fargliele illustrare: ero certo che non avrebbero sapu- to farlo. Invece mi hanno sorpreso. Altro che se lo sapevano: i loro disegni erano di una realtà incredibile. Così, invece di essere io a spiegare loro il significato delle brutte parole ed invitarli così a non usarle più, mi sono visto costretto a stare zitto, perché non avevo proprio nulla da dire ». L'idea dell'educatore, in fondo, era buona. Cavallari pensava che i bimbi ripetessero le parolacce come dei pappagalli, senza sapere esattamente che cosa significavano. Riteneva che spiegandoglielo li avrebbe messi in imbarazzo, fatti arrossire. Sperava che dopo più nessuno avrebbe osato dire una brutta parola. Invece no: i ragazzini «terribili» della scuola di Renco non avevano bisogno di spiegazioni. Anzi. Adesso l'incauto educatore è sotto accusa. Probabilmente la sua vicenda finirà in un'aula di tribunale, colpevole, in fondo, di avere creduto nell'innocenza dei suoi scolari. Nessuno, invece, si è sognato di cercare di scoprire come e da chi i ragazzi avevano imparato quei vocaboli ed il loro crudo significato. I veri responsabili non hanno volto: sono gli uomini e le donne che vivono quotidianamente accanto a loro. Gente qualunque, l'operaio che va al lavoro, la massaia che fa la spesa. Le parolacce per loro sono a volte uno sfogo assurdo ed inutile, contro le avversità della vita. Nella frazione Renco vivono circa 200 famiglie di immigrati. Oltre mille persone che la miseria ha accomunato in quella zona. Sradicati dalle loro case, incattiviti. Neppure loro, in fondo, sono colpevoli. Anche se questo, tuttavia, non basta per assolverli: l'educazione i ragazzi non la ricevono soltanto a scuola. Le prime lezioni di vita le apprendono dalla realtà quotidiana. f. for. Roberto Cavallari

Persone citate: Cavallari, Nino Carazoni, Roberto Cavallari

Luoghi citati: Intra, Verbania