LUCHINO VISCONTI di Edgarda Ferri

LUCHINO VISCONTI La Piccolo esce di scena, dopo tre anni di "Lear,, Una Cordelia prémaman Ha recitato per 362 sere l'opera di Shakespeare, nell'allestimento di Strehler: ora deve mettersi in maternità - Della sua lunga esperienza teatrale ricorda soprattutto i bambini, che andavano a salutarla in camerino, chiamandola "buffona" - Il suo vero personaggio è il "Matto" (Nostro servizio particolare) Milano, 3 febbraio. Cara buffona. Dopo l'ultima replica di Re Lear, dopo trecentosessantadue giorni di capriole e sberleffi, soavissime apparizioni e tragica fine, Ottavia Piccolo si mette in vacanza. Per tre anni è stata in scena con la doppia parte del Matto, giullare del Re, e della infelice Cordelia. Ma Cordelia non la interessava quanto il Matto, perché col Matto si è divertita, si è sfogata in acrobatici salti, scivolate pazzesche, smorfie da clow'n, comicissimi gesti. «Infatti, io sono un'attrice comica», annuncia. Come lo è nella vita. Ha un volto bellissimo da angiolone del Seicento, ma vivo. Il naso è piccolo, di materiale arricciabile. La bocca è gonfia, da putto goloso. Gli occhi sono però il punto vitale: sono occhi parlanti. Le mani instancabili, mimano tutto. Non sta ferma neanche adesso che aspetta un bambino. Arroccata su una sedia, ci sta come se fosse su un albero. Intanto ruba al marito boccate di fumo, minacciandolo altrimenti di sparire dalla sua vita e di portarsi via Nicola. Nicola è il bambino che nascerà alla metà di luglio. Il marito, Rossoni, è un giornalista giovane e molto geloso e molto-.invaghito di lei. Lei, da dietro il sipario, sbuca improvvisamente a salutarlo con una smorfia e un frullare di mani. I ragazzini ridono, soprattutto grazie ad Ottavia, una gran quantità di scolari ha visto e seguito una tragedia come quella di Lear. E' stata un clown formidabile. Dopo tre anni, nell'ultima replica era ancora fresca e inventava gesti e situazioni nuove. La figura già arrotondata nascosta con disinvoltura sotto il giaccone sbrindellato, il naso tinto di rosso e il cilindro sul parrucchino cortissimo, i piedi piatti e lo sguardo attonito sembrava avesse vissuto sempre in un circo. «E invece, anche nel cinema, almeno finora, sempre quelle parti un po' sexyne e un poco ingenue, che non mi somigliano per niente, perché io sono, soprattutto, una matta». Di solito le future madri, specie se alla prima esperienza, fanno una gran tenerezza. Ottavia mette allegria. Sembra che il bambino sia già nato da un pezzo, tanto il fatto è per lei scontato e naturale, oltre che gioioso. Sa già tutto sui figli, s'è fornita di libri che potranno servirle finché Nicola andrà militare. Non era ancora sicura di essere incinta, ma fece tanto baccano che subito piombarono i primi regali. Il marito fa da portagioie: medagliette minuscole vengono sistematicamente infilate nella sua catenina da collo. E' circondata da moltissimo affetto, gli attori hanno per lei la tenerezza che avrebbero con la bambina prodigio della compagnia. In realtà, i , venticinque anni di Ottavia non si vedono, godendo anche di una carnagione miracolosamente perfetta. La sua esuberanza ha travolto tutti. «Anche Nicola sarà un randagio» dice con una smorfia di gioia. Sguardo apprensivo del marito, ancora un po' stravolto dall'incontro con un ciclone come Ottavia. Il sìgnor Rossoni va scoprendo che la moglie è assai nota. Non c'è strada o negozio o ristorante dove loro vadano senza che qualcuno si metta a fissarla. Talvolta lui non sopporta, trova che certe curiosità sono addirittura indecenti. Lei ci è abituata e in fondo le piace. Non è una diva ma trova giusto e anche bello che la riconoscano. «Vuol dire, ammette, che sono venuti a teatro». Delle giovani attrici è stata la meno chiacchierata e spettegolata sui rotocalchi. Una tragedia familiare, la morte del padre e poi quella della madre seguita a breve distanza, l'hanno lasciata totalmente sola. Fuori da questo avvenimento, non c'erano altre storie da raccontare di lei. Se è conosciuta ed è fatta segno a simpatia, è perché ha lavorato sul serio. Lavora da quìndici anni. Quando ne aveva dieci, sua madre lesse sui quotidiani che Anna Proclemer cercava una bambina che facesse la muta, cieca, sorda e difficilissima Helen Keller in Anna dei miracoli. «Dopo sono rimasta in teatro » dice con semplicità. A 14 anni la prima esperienza con Strehler, nelle Baruffe chiozzotte; a sedici il film sul Gattopardo con Visconti. Cinema e teatro ininterrottamente. «Adesso, mentre finirò di preparare Nicola, viene fuori Zorro con Alain Delon dove io sono una morettona tutta fuoco e svenevole alla vecchia maniera: una parte che mi ha divertito». E' una pigra che, se non viene spronata, non lavora per niente. «Strehler, quando mi ha chiamato per Lear, ha cominciato a strigliarmi e mi ha fatto bene. Se fosse stato in me, neanche osavo pensare a due parti come quelle che ho fatto». Perché, sempre e nonostante tutto, è insicura e incontentabile. «Strehler ti mette in condizioni di scappare e non farti vedere più, quando si mette ad urlare. Ma il segreto è resistere. Se tu gli resisti, lui apprezza il coraggio e lo sforzo e finisce per diventare un agnello». Ridacchia, ci vuol altro per spaventarla. Adesso è in partenza per Roma dove troverà una casa che non ha mai abitato e tutta da riordinare. «Siamo due confusionari. Finora abbiamo vissuto in appartamenti pressoché vuoti. Vivendo insieme, ci siamo messi a fare le gare a chi arrivava ad occupare per primo le sedie coi nostri vestiti». Per l'anno venturo conta di ritornare in teatro. Lo preferisce al cinema, si sente più responsabilizzata, meno strumentalizzata. Spera in una parte comica, il Matto di Lear le ha confermato il sospetto che aveva da sempre, di essere innanzitutto portata a far ridere. Di trecentosessantadue giorni di spettacolo, ciò che più ama ricordare è che i bambini andavano a salutarla in camerino chiamandola amichevolmente buffona. Edgarda Ferri Ottavia Piccolo, 25 anni, da quindici sulla scena (Team)

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