Dopo la conclusione delle sfilate parigine

Dopo la conclusione delle sfilate parigine Dopo la conclusione delle sfilate parigine Abiti tubolari 0 a corolla? Divisi i sarti dell'Alta Moda Nina Ricci, Chanci e Balmain sono per la prima soluzione, Lanvin e Crahay per la seconda - Scarse simpatie in Italia per la linea dritta (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 31 gennaio. Linea tubo o linea corolla? E' il dilemma delle collezioni alta moda sfilate in Questi giorni; i sarti si dividono in due posizioni e non tutti in modo netto. C'è chi, come Nina Ricci, ha presentato gli abiti tubolari più assoluti, tagliati in sbieco per sfiorare appena il corpo, senza rinunciare tuttavìa all'ampiezza negli immensi mantelli in seta, leggerissimi anche nel colore pastello, portati su abiti anch'essi ampi e svolazzanti. O chi, come Lanvin, non se l'è sentita di contraddire il proprio prèt-à-porter ormai pronto in boutique, schierandosi per la sottigliezza della linea: così Francois Crahay ha insistito sui suoi temi preferiti, tra la bohémienne di lusso e il folklore iugoslavo. Grandi gonne in coloratissimo tweed, casacche cinturate e scialletto e. per la città, altre gonne arricciate e giacche camicia e larghi grembiuli in seta rustica sui gonnelloni da contadina di Parigi. Louis Feraud ha fatto di meglio, lasciando la scelta alla donna. Chi vorrà vestirsi in tubo troverà dal sarto delle giovanissime, ì modelli più aderenti, quelli, per intendersi, già battezzati in Francia come «moule-fesses»; chi preferisce l'ampiezza può scegliere due pezzi a gonna ampia e giacca increspata in vita e prendendo esempio dall'amletica posizione di Feraud, posare mantelli svasati su abiti a sacco o abiti camìcìone trasparenti che rivelano il fourreau attillato. Su queste posizioni incerte o prudenti volutamente si sono destreggiati benissimo Dior e Scherrer: paladini del bianco e del blu — e quanto ne vedremo a primavera — hanno asciugato i loro modelli, imponendo un'aria marinara più o meno semplice, senza rinunciare ad una morbidezza che, specie da Scherrer, si è valsa della grazia raffinata del drappeggio. Un discorso a parte occorre fare per creatori come Chanel e come Balmain che alla linea tubolare non hanno mai rinunciato. Raggiunta dalla moda e dai suoi ritorni, Chanel è di nuovo desiderabile, Balmain ci ri- porta a carissimi abiti, forse ancora in attesa nell'armadio, diritti, senza maniche in shantung pastello, a simpatici tailleurs classici (e chi non ne ha da rispolverare a primavera?) con la gonna piatta in flanella blu, spolverini nitidi e lunghi abiti da sera, ricoperti da bluse in chiffon. Chi sono allora i coraggiosi i decisi a riportare in scena l'abito diritto? In Italia, a parte Sanlorenzo, Centinaro e Valentino, l'alternativa è stata di sparuta avanguardia; a Parigi creatori come Ungaro hanno saltato il fosso con gioia. E c'è un altro italiano, non solo di origine come Ungaro, Angelo Tarlazzi, che, modellista da Patou, ha saputo ben mediare la linea diritta con gli effetti sblusanti intorno alla vita e ha dato co¬ e , nla ) a i ui a a e aa o n o, ne, utno¬ munque tutto il suo appoggio alla linea tubolare. In genere i sarti hanno scorciato la gonna, e non è soltanto qualcosa legato alla stagione, basti pensare alle lunghe sottane fiorite che hanno invaso le strade la scorsa estate. Sì tornano a rivedere le gambe, sparite prima nei pantaloni poi negli stivali, ricompaiono le forme, si dice addio al gioco delle sovrapposizioni, oggi in atto, con l'inversione della maglietta sotto la camicia, del camìcìone su un primo vestito in jersey aperto sulla dolce vita. Alcuni abiti per la prossima primavera rischiano di sembrare spogli dopo il regno incontrastato e travolgente degli chemisiers, altri, per un occhio disabituato, addirittura un po' nudi: è certo se la moda del camìcìone pur nascondendo, richiedeva donne abbastanza snelle, la moda nuova esige creature col busto generoso ma con i fianchi poco esistenti. In questo senso Yves SaintLaurent è andato forse troppo in là, saltando due o tre passaggi graduali, anche se ha opposto ai fourreaux in rigatino di jersey di seta, aderenti come guaine, veri costumi da bagno prolungati fino a due centimetri dal polpaccio, le tute, il tailleur pantalone, quello da pomeriggio con la giacca diritta, la gonna portafoglio e aderentissima soltanto la canottiera prendisole nel solito jersey a righe. Queste sue guaine, bellissime per il taglio e per l'esattezza che le salvano dall'essere troppo semplici o poco eleganti per quanto tendono a rivelare della figura, restano isolate due volte nel panorama dell'alta moda francese, a parte pochi accenni ieri da Cardìn. Isolate perché il ritorno all'abito diritto non ha significato, quasi per nessuno, abito incollato al corpo, basti pensare alla elegantissima misura di Givenchy, ma soprattutto perché sono pochissime le donne in grado di indossarle: provviste cioè non solo di una figura modellata al tornio, ma di un'ossatura minuta. Le indossatrici di Yves SaintLaurent sono tutte, meno una, delle orientali. Lucia Sollazzo Tailleur di Chanel

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