Solo colpa degli altri? di Giovanni Trovati
Solo colpa degli altri? Solo colpa degli altri? (Dal nostro corrispondente) Roma, 31 gennaio. La relazione di Fanfani può essere considerata un discorso preelettorale e una difesa della sua posizione, che egli identifica con quella giusta della democrazia cristiana. Il no al compromesso storico era scontato e, diciamo pure, facilitato dal comportamento ambiguo del pei, il quale, come s'è letto nella recente tavola rotonda su Rinascita, Io vede, più che un'alleanza con la de, come uno strumento per spaccarla (Ingrao), o quanto meno per mutarla profondamente (Napolitano). Simili condizioni non possono essere accettate dal segretario di un partito che si prepara a chiedere voti nelle amministrative della prossima primavera. Così poteva essere scontato il no alla richiesta socialista di un rapporto preferenziale, se mortificato come brutale spartizione paritetica di posti di potere (mentre, almeno nelle parole di De Martino, ci pare avesse altro significato, quello di maggior peso nelle scelte programmatiche). Fanfani ammette che la de debba adeguarsi ai mutati tempi, «recuperando le occasioni perdute, dimostrando praticamente in che modo si possono correggere le strutture del capitalismo individualistico sema cadere nelle grinfie del capitalismo di Stato, consolidando un sistema democratico di libertà». Sagge parole. Ma nessun accenno ai perché la de è in difficoltà nel rispondere alle esigenze di una società in continuo svolgimento. Egli ritiene che il partito abbia perso credibilità soprattutto per due motivi: dopo avere scelto buoni programmi, ha avuto l'incoerenza di scegliere «.schieramenti che li contraddicono»; nel suo seno coabitano «fazioni desiderose ad ogni costo di distinguersi e di contrapporsi ». Il primo motivo è oscuro, a meno che Fanfani non intenda condannare (dopo aver poco prima difeso) il centro-sinistra, addossando agli alleati le colpe dei magri successi dei vari governi. C'è la facile tentazione di vedere una critica particolare al comportamento del psi, che potrebbe rafforzare quei socialisti, e non sono pochi, che appoggiano con poca convinzione Moro, dicendo apertamente che tanto si finirà per andare presto alle elezioni politiche. Il secondo motivo, quello delle correnti, potrebbe essere un invito ad un chiarimento interno: «Forze nuove» e «Base» se ne vadano a formare insieme la minoranza del partito. Nella relazione non c'è autocritica, ma anticipata difesa: «E' inutile preconizzare le colpe del segretario politico da parte di chi prevede il declino dei consensi: esso è stato prodotto in tutti i recenti incontri con l'elettorato (...) da differenziazioni pubbliche o sotterranee, che hanno scandalizzato o incoraggiato la contrarietà degli elettori». (Anche per il referendum?). E' un'autodifesa che sa di attacco, e lo conferma la chiusa, quando chiede una chiara tentimonianza di fiducia, «senza la quale non si possono assolvere mandati di sorta in momenti tanto difficili». Fanfani sposta il dibattito dall'esigenza di definire un'identità del partito alla richiesta di un pieno appoggio a quanto ha fatto e a quanto farà. Egli mette in imbarazzo non tanto le sinistre quanto i dorotei e quelle correnti che dovrebbero formare la maggioranza. Egli ha avvertito che queste correnti rischiano di rappresentare solo una coalizione, libere quindi nella critica, anche se disposte, per interesse proprio o di partito, a sostenerlo. E allora le pone davanti al dilemma: o sì o no. Giovanni Trovati
Persone citate: De Martino, Fanfani, Ingrao, Napolitano
Luoghi citati: Roma
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