Federico II «uomo di novità» di Giulio Cattaneo

Federico II «uomo di novità» Federico II «uomo di novità» Giulio Cattaneo: « Lo chio del mondo », Federico II di Svevia, Ed. Monda dori, pag. 220, lire 3500. L'amorevole attenzione di quello squisito scrittore di « Cronicae » che è Giulio Cattaneo, si rivolge sempre a uomini della novità (.L'uomo della novità è il titolo di un suo fortunato romanzo): il riformatore religioso Tartaglia, l'apprensivo e arroccato rivoluzionario del linguaggio C. E. Gadda, e ora Federico II, imperatore laico. Chi ha consuetudine coi « codici » medievali, sa come il testo possa, da una pagina all'altra, trasmettere scarI ne annotazioni o sontuose storie, come l'aneddoto oltrepassi i dati e li converta, come la descrizione degli scrigni dotali di una donzella che s'appresta a diventare imperatrice possa far lucente dei suoi riverberi la cronaca grigia di anni consumati in minimi fatti d'armi o sviare le cupe note di una pestilenza. Cattaneo, che sceglie e recupera dai cronisti dell'epoca, ha saputo ricreare un codice: ma è un codice del nostro tempo, con lo spirito e la cultura nostri, con l'humour di Cattaneo che si affaccia in una parola per poi ricomporsi serenamente in quelle seguenti («... il loro "grande amore" è una bubbola e all'imperatore si addicono assai più la rozzezza e il gelo che l'imbarazzo e la paura... »), con il suo raffinato gusto per il melodramma che lo induce a trasferire qualche episodio storicamente scontornato nella scena di una ipotetica opera lirica dove i padri assumono parti baritonali e le fanciulle si fanno a lato, vesti e volti d'un | spec- I coro d'addio elegante e ma linconioso. Di Federico dà un ritratto dovizioso, nel suo cangiante di mosaico. L'intelligenza, la fervida curiosità del sapere che investe le scienze e le arti, l'attenzione per i costumi religiosi di ebrei e saraceni, la ricerca del razionale e del logico, sono le virtù laiche di Federico. E poi, le qualità dell'« Imperatore dei romani »: l'impareggiabile destrezza diplomatica che si misura con quattro papi — e specialmente con Innocenzo III, maestoso nei sospetti e affettuoso nel dissenso, o col nevrotico Gregorio IX — la presenza incisiva del legiferatore e la presenza regale del guerriero impegnato in una serie di questioni difficili con feudatari di Germania e di Sicilia, nei giorni della sconfitta, nei giorni dei rimandi — la crociata ch'egli abbracciò in un momento d'impeto esibizionistico giovanile e che lo impaniò, in seguito, riluttante — fino alla morte. Una morte protocollare, da grande re cristiano, alla quale segue la vestizione con una tunica orientale fiammeggiante di ricami misterici. Leggendo questo libro di Cattaneo, proviamo un'emozione di poco dissimile da quella che abbiamo tante volte provato sui codici: Cattaneo riesce a darci non solo il commentario ma anche ciò che nel libro medievale dà l'alluminatore: le figure. Sorgono, leggendolo, le facce piatte dagli occhi di uccelli acquatici che non esprimono mai gioia ma paura o solennità o preghiera delle miniature duecentesche, le battaglie dove i corpi morti sono enfatizzati come da un martirio, le donne coi colori di ro¬ Il fascino di Federico è nelle ombre che avvolgono la sua storia, dalle quali rotolano fuori pietre preziose che nei riflessi ne mostrano i tratti i gesti lo spirito. Si può dunque parlare di lui, solo catturandone i gesti i tratti lo spirito e ricostruendone alchemicamente una storia col sussidio ambiguo dei suoi cronisti. Da questa storia Federico, garbato quanto senza scrupoli, amante del fasto delle cerimonie ma più ansioso di affidare il suo prestigio alla sua conoscenza di dotto naturalista, astuto e mai volgare, eclettico senza eccentricità, ne esce tutto ravvivato di luci rinascimentali che prevedono, a volte, perfino il cocciuto amore al dubbio degli illuministi. Insomma, un vero uomo della novità. Rossana Ombres sa che i poeti della scuola siciliana fiorita alla corte di Federico (e che lo vide modesto fedele) hanno cantalo. Con quanta grazia Cattaneo racconta e minia le mogli di Federico, che vengono a lui festose e trepide, sognando lo sposo « leale e cortese » delle ballate in lingua d'oc, e dopo poco, ingravidate e trascurate, intristiscono nell'harem dell'imperatore! Ed Enrico, figlio contestatore, che ha tanto risentimento e poca forza, e il tempo dell'Alleluia del '33, come dalla cronaca pittoresca del Salimbene, con le sue trombe le sue processioni i suoi predicatori e i suoi spiriti burloni! E il serraglio personale di Federico, con quelle bestie che immaginiamo come nei bestiari del tempo: chissà che fra leoni ed elefanti non ci fossero draghi e ippogrifi... Una raffinata biografia di Giulio Cattaneo

Luoghi citati: Germania, Sicilia