DISCORSI DI TAVOLA

DISCORSI DI TAVOLA DISCORSI DI TAVOLA Per un piatto di tortellini I bolognesi hanno codificato il tortellino. Cioè: l'Accademia Italiana della cucina, con la sua delegazione bolognese guidata da Francesco Majanl: e la Dotta confraternita del tortellino, presieduta da Giovanni Poggi, hanno svolto una ricerca storica, esplorato archivi e brogliacci di tradizione casalinga: il testo finale è stato inscritto in un atto notarile controfirmato dal prefetto Padalino e dal sindaco Zanghieri, e depositato alla Camera di Commercio. Tanto affannarsi per una ricetta? Non è un aspetto del nostro decadentismo? I promotori della codificazione non la pensano così. In questa nostra epoca frenetica, distruttiva, la civiltà della tavola dev'essere pure consegnata in qualche documento preciso: è un aspetto del nostro vivere, una delle ultime difese della nostra misura umana. Certo, in nessuna altra epoca era successo qualcosa di simile. Anche chi non crede alla storia della cucina come aspetto di una cultura, potrà convenire che un piatto di tortellini in versione autentica è una delle ultime trincee davanti all'alienazione. Del resto, la ricetta codificata rimane un archetipo. Appena fuori del confine comunale, altri rivendicano il loro tortellino e anche una qualche precedenza storica. Già gli accademici della cucina della delegazione reggiana, con il loro delegato Sergio Finzi, mi hanno mandato la - vera » ricetta dei loro cappelletti che sarebbero i progenitori degli stessi tortellini bolognesi. (E qui è giusto ricordare che per primi Paolo Biggio e gli altri accademici torinesi hanno promosso una sistematica, completa codificazione di tutta la cucina italiana). Ma se ci mettiamo sul piano storico, sulle precedenze e le derivazioni, ecco aprirsi un capitolo di discussioni, inestricabile quanto affascinante. Sono andato a riguardarmi qualche sacro testo. In età ancora medievale si parlava di tortelli e tortellini, ma erano piuttosto impasti cucinati in padella con lardo o altri grassi; si parlava di ravioli, anche, allo stesso modo; e si accenna vagamente che possono essere ripieni. Forse la prima ricetta la dà un anonimo veneziano nel suo Libro del cuoco, la cui composizione potrebbe risalire al Trecento: e parla di un miscuglio di carni, erbe, formaggio, uova, da mettere in « fogli de pasta zalla », senza specificare se debbono poi essere fritti o lessati. Il famoso Salimbene da Parma parla di ravioli preparati e mangiati senza l'involucro di pasta: e siamo nel 1284. Se ne deduce che c'erano anche quelli con l'involucro, ma è sempre aperto il discorso su quali siano stati i primi. E comunque da ravioli. raviolen, in parmigiano, verrebbe il nome della versione cittadina: anolini. Ci sarebbe da andare avanti all'infinito, invece devo passare alle ricette. Tortellini alla bolognese — Per mille tortellini, ripieno: lombo di maiale rosolato nel burro, 300 gr: prosciutto crudo, 300 gr; vera mortadella di Bologna, 300 gr; parmigiano-reggiano, 450 gr; uova di gallina 3 (ci vorrebbero di galline montanare, che sono più grandi), una noce moscata. Per la sfoglia: farina, 700 gr; uova, 7; sale. Questa è la ricetta della signora Maria Lanzoni Grimaldi, scelta per la codificazione. Clamoroso: manca la midolla di bue, che è presente nella ricetta dell'Artusi. La sfoglia si fa come sempre, con uova e farina, e un pizzico di sale, ben stesa; con gli altri ingredienti ben macinati si fa l'impasto, che dovrebbe restare un giorno a riposare, per una esecuzione perfetta, in modo che si maceri un poco. Al momento opportuno, si taglia la sfoglia a dischetti sui due cm. scarsi di diametro; su ogni dischetto si mette una nocciolina di ripieno, si piega la pasta, si formano i tortellini. Che si cuociono e si mangiano in brodo: in qualsiasi altro modo sarebbe una eresia. Cappelletti reggiani — Per venti persone, ripieno: lombo di maiale 250 gr; coppa di vitello, 250 gr; petti di pollo, 350 gr; prosciutto crudo, 200 gr; salsicce 2; uova 2: burro. 250 gr: olio di oliva, 3 cucchiai: latte, 3 cucchiai; parmigiano, 250 gr: pangrattato. 2 cucchiai; foglie di cipolla, chiodi garofano, rosmarino. Per la sfoglia: farina 800 gr; uova 8; sale. La ricetta è di Bruno Simonini. del « Cannon d'oro ». Fate rosolare in tegame con burro e olio il rosmarino, i chiodi di garofano e le foglie di cipolla: anche il lombo di maiale, la coppa di vitello e i petti di pollo. Quando la carne diventa « bianca » (cioè ha perso l'aspetto di crudo) toglietela dal sugo, macinatela, assieme alla salsiccia e al prosciutto. Dal sugo, sempre sul fuoco, togliete garofano cipolla e rosmarino, unite il pangrattato, rimestate, unite le carni macinate, mescolate ancora per legare, togliete dal fuoco, lasciate raffreddare, unite ancora le uova, il parmigiano, sale, e formate un impasto ben omogeneo. Con farina e uova fate la sfoglia classica, tagliatela a dischetti sui 5 cm di diametro, dividete sopra l'impasto, piegate, fate aderire gli orli; unite le estremità in modo da ottenere la forma classica dei cappelletti: che si cuociono e si mangiano, anche questi, in brodo. Vincenzo Buonassisi

Luoghi citati: Bologna, Parma