I cinque punti delle indagini

I cinque punti delle indagini I cinque punti delle indagini glioncino e tuta di plastica. Tutti indumenti nuovi, comperati da poco, di qualità scadente. Il racconto di Pietro. Il piccolo non è ancora stato interrogato » Non è in grado di rispondere — ha detto il dott. Savio — lo sentirò oggi o domani ». Tutto può essere utile all'inchiesta. Anche una mezza parola del bimbo, una sua impressione, un ricordo confuso, un particolare in apparenza insignificante. Il dott. Savio non parla, non dice a quale punto sono le indagini. Ieri mattina ha fatto accorrere una ventina di giornalisti in Drocura, i quali speravano in una conferenza-stampa, ma non si è fatto trovare. Ha tentato di » depistare » i cronisti anche nel pomeriggio, dichiarando che andava in carcere, e invece ha trascorso lunghe ore nella caserma dei carabinieri, a colloquio col col. Oresta e col cap. Formato. Alle 19. alcune pattuglie sono partite a tutta velocità per destinazione ignota a compiere delle perquisizioni firmate dal magistrato. La banda. Secondo la polizia, era formata da tre persone, tutti uomini. Due hanno rapito Pietro, uno teneva i contatti telefonando da un bar. L'ostaggio è rimasto sempre in una stanza ampia. Trattato bene e • coperto di regali ». Sul ponte dell'autostrada, al chilometro 116 da Savona (nei pressi di Carmagnola) i banditi sarebbero giunti a bordo di un landrover. L'uomo che è sceso nella scarpata a prendere i soldi, ha lasciato un'impronta profonda e grossa. Secondo gli esperti, sarebbe un tipo alto un metro e 70. robusto. Quello che ha accompagnato il bambino a Villastellone, invece, era alto almeno un metro e 80. Di più, per il momento, non si sa. Le indagini sul sequestro di Pietro Garis sono condotte dal procuratore aggiunto della Repubblica, dott. Severino Rosso, dal sostituto procuratore dott. Domenico Savio, dal dott. Fersini della mobile, dal vicequestore Montesano, capo della Criminalpol, dal col. Oresta e dal capitano Formato dei carabinieri. Indagini difficili. Le tracce, gli indizi, le ipotesi sono molte; ma di concreto c'è poco. Ad accrescere le difficoltà, c'è la tenera età dell'ostaggio. Ricordiamo che nei sequestri pas-1 sati, le vittime (vedi il caso To-1 rielli) hanno collaborato con reticenza e paura alle indagini, fingendo di non ricordare, ricostruendo la loro prigionìa in modo incompleto, perché terrorizzate dalle minacce dei banditi. Solo il giovane Montelera, caso unico I nell'ormai ricca storia italiana dei 1 sequestri, portò un contributo eccezionale al lavoro della polizia ! e dei carabinieri, che si concluse] con la cattura di Liggio. Ma. fatta eccezione per l'indùstriale di Pianezza, tutti gli altri | ostaggi hanno aiutato poco, spontaneamente o no, gli inquirenti. E allora un bambino di 5 anni e mezzo, rilasciato dopo otto giorni di segregazione, con la mente confusa da tranquillanti e stimolanti, che cosa saprà raccontare al magistrato, al poliziotto, al carabiniere? - frano buoni — ha detto ieri Pietro Garis, mentre indossava il costume di Robin Hood e infilava una freccia nell'arco — mi davano da mangiare le bistecche con l'osso e tanta Coca-Cola da bere. Mi hanno regalato anche due pistole e gli speroni... ». Gli identikit. Un uomo di 42 anni, abitante a Pino, passa in auto tutte le mattine davanti alla villa dei Garis. Gli capita cosi di notare due giovani, in tuta da ginnastica, che si allenano nella corsa. ' Mi sono rimasti impressi — dirà ■— perché uno correva in modo gotto, non aveva nulla dell'atleta ». Li vede pochi giorni prima del sequestro di Pietro, li rivede il mattino del 22 gennaio, mentre fuggono col bambino in braccio. Davanti a un funzionario della « scientifica » li descrive in modo abbastanza minuzioso: uno era alto, magro, con i baffi; l'altro basso, un po' pingue. I carabinieri, intanto, seguono una pista interessante. Accertano che un primo tentativo di sequestro di Pietro è avvenuto il giorno 15. I banditi, fingendosi operai addetti alla manutenzione stradale, hanno messo tre transenne in prossimità della villa Garis, per costringere l'autista dello « scuolabus » a compiere una complicata manovra che avrebbe dovuto consentire ai rapitori di afferrare con più facilità l'ostaggio. Ebbene, tre persone hanno visto in faccia i finti « stradini » e gli hanno parlato insieme. Le loro descrizioni, insieme con quella del teste di Pino, sono state utilizzate per costruire degli identikit abbastanza precisi. I messaggi. I banditi hanno lasciato su una 500 rubata, e parcheggiata accanto alla villa, una lettera dattiloscritta con le richieste per il riscatto del bimbo. E' un foglio prezioso, dal quale i periti stanno cercando di trarre tutti gli indizi possibili: il tipo di macchina per scrivere usata dai rapitori, la qualità della carta, il modo di esprimersi. Ci sono poi le telefonate che la polizia ha registrato su nastro. Non tutte, perché le ultime sarebbero avvenute tra i banditi e la famiglia Garis, all'insaputa della polizia. Comunque, i primi messaggi telefonici con la parola d'ordine (« la mamma va in Francia ») sono adesso all'esame dei periti fonici. L'accento, l'inflessione dialettale, le caratteristiche della pronuncia sono studiati attentamente. Gli abiti di Pietro. Costituiscono forse l'elemento più valido per le indagini. Al momento del rilascio, il bambino indossava una calzamaglia marrone, pigiamino a fiori, pantaloni di tela jeans, ma- Ora che è finita, i genitori del piccolo Pietro raccontano la loro insopportabile angoscia "Non potevo concedermi il lusso di piangere,, Il bimbo ha detto: "Erano buoni, mi davano bistecche con l'osso e tanta Coca Cola" - Polizia e carabinieri seguono queste piste: gli identikit elaborati in base alla deposizione di quattro testimoni; i messaggi e le telefonate; gli abiti acquistati dai banditi; gli indizi che Pietro potrà rivelare; le orme lasciate sul prato

Luoghi citati: Carmagnola, Francia, Pianezza, Savona, Villastellone