DOCUMENTI SULLA POLITICA ITALIANA DEL DOPOGUERRA

DOCUMENTI SULLA POLITICA ITALIANA DEL DOPOGUERRA DOCUMENTI SULLA POLITICA ITALIANA DEL DOPOGUERRA De Gasperi scrive al Papa Dalle lettere inedite, raccolte dalla figlia Maria Romana, meglio si delineano le necessità cui lo statista era costretto a sottomettersi e quali conti dovesse fare con gli arbitri potenti di allora - Le diffidenze e le irritazioni del Vaticano Nuovi, importanti — e anche esplosivi — documenti sulla politica e la storia italiana negli anni di De Gasperi ci sono rivelati da sua figlia Maria Romana, diligentissima biografa ed interprete fedele del padre. In De Gasperi scrive, due grossi volumi di oltre settecento pagine editi dalla Morcelliana di Brescia, abbiamo una scelta di lettere confidenziali scambiate fra il nostro statista e altri capi di Stato, un papa e alcuni cardinali, diversi uomini politici e ministri, ambasciatori e giornalisti. Maria Romana ha inteso offrire materiale per uno studio critico del tempo degasperiano. Il risultato è buono perché i due volumi aiutano a conoscere meglio non solamente la personalità del protagonista, ma anche i problemi del tempo. Si vede, per esempio, quali fossero le necessità alle quali il protagonista era costretto a sottomettersi, e quali i conti che egli doveva fare con gli arbitri potenti delle situazioni di allora. E' come dire che qui si scopro no i limiti della sua azione, le difficoltà inesorabili da fronteggiare e finalmente la relativa impotenza di un capo di governo italiano che nella sua qualità di cattolico era chiamato a rispondere delle sue azioni innanzitutto a un papa — e che papa! — invadente per temperamento e reazionario per convinzioni quale fu appunto il santificando Pio XII. Si ignorava finora, per esempio, che nel ventennale della conciliazione fra l'Italia e la Santa Sede, il 10 febbraio 1949, vigilia della visita di De Gasperi a Pio XII, De Gasperi credette opportuno inviare a Sua Santità una lunga lettera fnel libro occupa cinque pagine e mezzo) che è tutta un tentativo volonteroso di giustificazione della politica del governo italiano. Erano i giorni in cui Pio XII aveva risentito con afflizione la condanna all'ergastolo irrogata da un tribunale ungherese al cardi- naie arcivescovo di Budapest Josef Midszenty (« Il Papa ha pianto », pubblicò La Stampa su tre colonne in testa di prima pagina il 9 febbraio) e pare che egli avesse giudicato insufficiente la reazione del governo italiano contro l'Ungheria. De Gasperi difatti se ne scusava con il beatissimo padre, assicurandolo del proprio indignato cordoglio per i luttuosi fatti d'Ungheria: « Questa calda e sincera compartecipazione io espressi anche in pubblico, pur evitando, durante le more della procedura, di offrire pretesto a inasprimenti interni o a reazioni protocollari ». Probabilmente, Pio XII aveva fatto sapere che ciò non gli era bastato, e per questo De Gasperi lo rassicurava: « Ora, nel nuovo dibattito alla Camera provocato dall'interpellanza dell'estrema, si presenterà un'altra occasione di riaffermare il fondamentale valore della libertà religiosa e il solidale diritto dei cattolici d'invocare e difendere in ogni Paese la collaborazione della Chiesa e dello Stato per i progressi della civiltà cristiana ». Insomma, se aveva mancato, in avvenire avrebbe procurato di far meglio, in Italia, il felice Paese « che ha dalla Provvidenza l'incommensurabile dono della sede di Pietro, e il grande privilegio di un contatto più frequente e più vivo col sommo pontefice, padre amorevole e maestro di verità ». Si vantava di essere il primo presidente del Consiglio italiano di sentimenti cattolici ad avere accesso al soglio di Pietro, asseriva che i non credenti altro non erano che « ritardatari », ma in nome loro garantiva che essi avevano « toccato con mano che la Chiesa è indice della dignità umana ovunque è depressa, e che nella sua immensa carità della quale voi, beatissimo padre, siete supremo e diretto ispiratore, essa è tutta rivolta verso le grandi masse popolari ». Non è da mettere in dubbio che nel suo animo sinceramente cattolico De Gasperi fosse profondamente convinto di queste cose; e d'altra parte Maria Romana ha fatto bene a pubblicare questo documento nella prima parte dell'opera che è appunto intitolata « De Gasperi e l'impegno cristiano ». Nulla difatti si può eccepire sul piano della coscienza religiosa: si può osservare tutto al più che nel passaggio necessario al piano politico De Gasperi si provava con molta abilità a far valere le ragioni di un'azione di governo che era meno drastica e drammatica di quanto il Papa avrebbe desiderato. Egli difatti spiegava a Pio XII che in politica è più necessaria l'arte del clinico che quella del chirurgo, e lodevolmente riconosceva che il proprio sistema aveva un difetto: « Non entusiasma, non soddisfa gli ardori di quei giovani che nelle generosità del loro spirito credono rapidamente raggiungibile la conquista di un'assoluta maggioranza cattolica. Ciò potrebbe riuscire, osservava, solo se in Italia potessimo creare rapidamente e mantenere nelle masse e soprattutto nelle categorie dirigenti un'altissima temperatura religiosa idealistica e disinteressata; meta degna di tutti gli sforzi, ma indubbiamente una meta lontana ». Pio XII e la de Chi sa quale politica avrebbe preteso Pio XII dalla de: certo non meno di un impossibile integralismo cattolico, sicché De Gasperi pazientemente lo istruiva che da soli i de non avrebbero potuto governare. Bisognava già rallegrarsi della recente scissione nel partito socialista (« Vuol dire aprire la possibilità di rompere il blocco sindacale socialcomunista nelle sue cittadelle di resistenza»;; bisognava rassegnarsi alla collaborazione con i repubblicani (« Vuol dire offrire ai più saggi di loro la possibilità di abbandonare per via l'anticlericalismo della loro tradizione n) e quanto ai liberali, che erano il terzo dei partiti costituenti con la de l'allora regnante quinto governo De Gasperi, la lettera a Pio XII è singolarmente illuminante. I liberali erano gente che discendeva dalla tradizione anticlericale del Risorgimento, e che purtroppo conservava in quell'inizio del 1949 posizioni importanti di potere: « Sventuratamente, scriveva infatti De Gasperi a Pio XII, banche, istituti economici, grandi editorie, grosse industrie, proprietà terriere, sono ancora in mano a uomini i quali sono in fondo solo degli anticlericali rinsaviti dalla paura, sempre pronti a prendere quell'atteggiamento temperato di sioni pesanti che la Santa Sede avrebbe esercitato sul governo italiano, insoddisfatta sempre la Santa Sede della misura di obbedienza che il governo italiano le riservava. De Gasperi faceva del suo meglio, ma il Vaticano di Pio XII non pareva disposto a rimeritarlo. Puramente simbolico può apparire il fatto che in occasione della sua visita al papa De Gasperi non fu decorato che di una grande croce dell'ordine piano (che è una stella ad otto raggi smaltata in azzurro con la scritta in oro virtute et merito^ il quale nella serie dei cinque ordini equestri pontifici è solo il terzo per importanza e il più recente per istituzione: ma se per noi codesto è un fatto irrilevante, per la Curia era il segno dì un atteggiamento di diffidenza. Certo è comunque che né la lunga lettera di De Gasperi al papa, né la sua visita del giorno dopo, sortirono l'effetto di dissipare la diffldmza: sempre nel libro in due volumi di Maria Romana si trova un'altra lettera (a Sceiba) in cui De Gasperi informa dell'irritazione vaticana per la legge che vietava la ricostituzione del partito fascista, anche sotto diverse forme e denominazioni: « Temo il peggio, scriveva il presidente del Consiglio al suo ministro per l'Interno, cioè che si mediti una iniziativa per un nuovo partito ». Si trattava del cosiddetto secondo partito cattolico, nettamente di destra e apertamente filofascista, ed ai riguardo il povero De Gasperi scriveva a Sceiba: « Sventuratamente i segni premonitori sono manifesti e sicuri. Ogni nostra vera o presunta insufficienza sarà pretesto. La verità è che tutti i nostri argomenti in favore del regime democratico non riescono a persuadere (il Vaticano) perché si crede che la democrazia sia troppo debole per resistere all'estrema ». I due volumi di Maria Romana meritano ulteriore considerazione: oltre a questo dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa vi si trovano infatti ancora temi di interesse eccezionale — dall'eventualità di un golpe, alla politica economica, all'intolleranza clericale, alla politica internazionale, ai rapporti fra la de e i comunisti — sicché non manca la materia per un secondo articolo al quale è necessario, fiduciosamente, rimandare i lettori. Vittorio Gorresio diffidenza anticlericale che fu proprio dei moderati fin dal Risorgimento. La paura li spinse a votare anticomunista », e un grande merito della de era sicuramente stato di avere alimentato quella paura. D'altra parte si deve ricordare che proprio in quell'anno 1949 in occasione del congresso democristiano a Venezia il ministro Sceiba dette al partito la consegna di conquistare — come poi puntualmente fu fatto — i più eminenti posti del potere economico in Italia a favore degli iscritti o dei simpatizzanti, o dei comunque obbedienti alla de. Pare che il papa Pio XII, visto che Sceiba non aveva ancora parlato a Venezia, considerasse i democristiani troppo timidi, e anche su questo punto De Gasperi era costretto a scusarsi allegando la necessità di tenere presente la piattaforma interpartitica che sosteneva il suo governo: « II presidente del Consiglio, quando parla come tale, dà rilievo a questa base comune e non accentua sempre lo specifico pensiero suo proprio e quello del partito maggiore, e talvolta considera con sopportazione taluni scarti dei gruppi minori ». Con singolare devozione di cattolico De Gasperi chiedeva al papa perdono per averlo intrattenuto su questioni profane — come se le questioni profane non avessero peso tra i pensieri di Pio XII — e in ogni modo rinnovava la promessa di provarsi a far meglio in avvenire. Pesanti pressioni Garantiva difatti il suo rispetto e la sua ammirazione per i cosiddetti integralisti cattolici che pare stessero a cuore di Pio XII ed informava che il governo non avrebbe mancato di presentare in Parlamento un disegno di legge che meglio avrebbe tutelato in futuro « la sacra e inviolabile persona del sommo pontefice, i ministri del culto e la pubblica moralità ». Evidentemente si trattava di specifiche richieste fatte pervenire dalla Santa Sede al governo italiano. In qualità di capo del governo italiano. De Gasperi si premurava di unire alla sua lettera un allegato, che purtroppo non conosciamo, in materia di stampa nel quale pure si parlava « di riorganizzare gli uffici giudiziari onde attrezzarli per i nuovi compiti ». Il documento degasperiano fa così pensare a pres¬