Belgrado: una svolta autoritaria? di Ferdinando Vegas

Belgrado: una svolta autoritaria? L'espulsione degli otto professori liberal-marxisti L'espulsione dall'università di Belgrado di 8 professori della facoltà di filosofia, per decisione del Parlamento serbo, costituisce, in sé, l'epilogo brutalmente «amministrativo» di un conflitto che durava da anni fra le autorità del regime jugoslavo e un gruppo di intellettuali dissidenti. Considerato poi nel quadro generale della situazione politica jugoslava, l'episodio conferma le difficoltà in cui il regime si dibatte, in una continua oscillazione pendolare, tra liberalizzazione e repressione, ora colpendo sulla sinistra e ora sulla destra, per quel tanto che simili termini possano applicarsi alle peculiari condizioni del comunismo jugoslavo. Gli S professori di Belgrado, strettamente legati da vincoli di affinità e di collaborazione al gruppo che pubblica a Zagabria la nota rivista Praxis, rappresentano una posizione che si potrebbe chiamare di «marxismo liberale». Centro e bersaglio dei loro studi è lo stalinismo, analizzato rigorosamente in tutte le sue manifestazioni, comprese quelle riscontrabili, a loro giudizio, mila stessa Jugoslavia. Il professor Stojanovic, il maggior teorico del gruppo, nell'articolo intitolato «Dalla dittatura post-rivoluzionaria alla democrazia socialista» (Praxis, numero di maggioagosto 1972), ha definito la liberalizzazione jugoslava coi me una «destalinizzazione stalinista», attuata da una «leadership carismatica» che la promuove o la blocca secondo le sue necessità di potere. L'altro autorevole esponente del gruppo, il professor Markovic, ha appena pubblicato sull'ultimo numero della rivista di Vienna Europaische Rundschau un articolo nel quale si legge la seguente frase: «Gli interessi della burocrazia entrano manifestamente in conflitto con le aspirazioni fondamentali di tutti gli altri strati sociali, i quali subiscono tutti il governo della burocrazia e ne sono tutti più o meno sfruttati». E' facile immaginare quanto risultino cocenti e quindi intollerabili accuse di neostalinismo e di burocratismo rivolte proprio a quei dirigenti jugoslavi che si vantano di avere ideato e realizzato con l'autogestione la formula del comunismo «liberale». Ma la reazione contro Stojanovic, Markovic s Belgrado: una svolta autoritaria? compagni non e una precisa applicazione di metodi neostalinisti e burocratici? Si tocca qui la contraddizione fondamentale dì un esperimento comunista che pure ha l'indubbio merito di battere una originale «via al socialismo)}. Da 3 anni il pendolo si è decisamente spostato nel senso dellautoritarismo e del centralismo. Nel dicembre del '71, seguendo le direttive di Tito, furono attaccati i nazionalisti, dopo un anno toccò ai «liberati» ed ai tecnocrati, nel febbraio del 1974 fu la volta degli unitaristi e dei centralisti, adesso infine vengono colpiti i maggiori rappresentanti della dissidenza intellettuale. Già al X Congresso della Lega dei comunisti jugoslavi, svoltosi dal 27 al 30 maggio 1974, poteva del resto dirsi realizzato quello che Relazioni Internazionali chiama «il recupero ideologico del comunismo jugoslavo», sulla linea appunto del «centralismo democratico». Tuttavia, sebbene piuttosto in sordina, sono stati colpiti anche i sostenitori più oltranzisti del centralismo, i fautori della «politica della mano forte». Tutto questo fermento del regime jugoslavo è evidentemente da mettere in relazione con la preparazione del «dopo Tito» (il Maresciallo si avvicina agli 83 anni), che non può certo dirsi tranquillamente garantito dagli accorgimenti costituzionali introdotti nella nuova Carta fondamentale, la IV della Jugoslavia comunista, entrata in vigore il 12 febbraio 1974. L'approssimarsi del «dopo Tito», infine, richiama il problema capitale di politica estera: l'atteggiamento che prenderà l'Unione Sovietica, alla quale guardano ancora i residui, tenaci «cominformisti» jugoslavi. Senza dare eccessiva importanza al complotto di un esiguo gruppo dì «cominf or misti» montenegrini, scoperto lo scorso settembre, con agganci all'estero, anch'esso però è una componente del complicato panorama jugoslavo. Ferdinando Vegas

Persone citate: Europaische Rundschau, Markovic, Stojanovic

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia, Unione Sovietica, Vienna, Zagabria