Torino alla scoperta della scuola nuova di Felice Froio

Torino alla scoperta della scuola nuova I "quartieri,, verso le elezioni Torino alla scoperta della scuola nuova A Torino il quartiere ha scoperto la scuola e il cittadino ha scoperto il quartiere. E' merito dei decreti delegati che hanno creato un fenomeno nuovo, un diverso modo di far politica. E' una storia cominciata alla fine di ottobre, in sordina, ma che è montata nel giro di poche settimane. Si calcola che in due mesi decine di migliaia di cittadini siano passati dai quartieri per chiedere informazioni, discutere sulle elezioni nella scuola; c'è chi li valuta in quarantamila, chi in centomila. Cittadini che non erano mai entrati in una sede di quartiere ora sono accaniti attivisti e qualcuno è diventato «rappresentante». Il primo impatto degli attivisti dei quartieri coi decreti delegati è stato tutt'altro che positivo: si sapeva poco o nulla, erano di difficile comprensione, sembrava quasi impossibile che la scuola — questa istituzione chiusa e gelosa della sua tradizionale autonomia — consentisse un'apertura al cittadino. Ma i quartieri non potevano dire «no» sulla base di sole supposizioni o di dubbi. Ci furono contatti con le forze sindacali dei lavoratori, coi partiti e subito dopo si passò allo studio dei documenti e delle leggi. I quartieri arrivarono alle medesime conclusioni dei sindacati dei lavoratori: « questi decreti hanno tanti limiti, non consentono una effettiva partecipazione democratica, lasciano ancora tutto o quasi il potere nelle mani delle autorità scolastiche: aprono però la porta della scuola al cittadino, finora rimasta ermeticamente chiusa, lasciano spazio per un discorso nuovo che non può esser coperto dai moderati, dai conservatori o addirittura dai fascisti ». Così, alla fine di ottobre, il quartiere comincia a discutere sui decreti delegati. Emergono subito diffidenze e sospetti finanche tra le persone che circolavano nel quartiere: questi decreti calavano dall'alto, sembrava impossibile poter fare un discorso dentro la scuola, emergevano timidezza e timori al pensiero di un confronto con i presìdi e gli insegnanti. Poca gente alle prime assemblee, discorsi timidi. C'erano però persone che entravano per la prima volta nella vita del quartiere: erano diffidenti, preoccupate d'incontrare anche qui gli attivisti dei partiti. Ma questi cittadini sospettosi constatavano che i partiti 'non c'erano; intanto un certo numero di docenti — i più aperti e progressisti — invitavano a scuola i genitori per una spiegazione dei decreti delegati. La maggioranza degli interlocutori erano donne; poi il discorso è rimbalzato in casa, contemporaneamente se ne parlava in fabbrica. Anche gli uomini partecipavano alle riunioni. Ai primi di dicembre le assemblee divennero affollate: si trasferirono nelle scuole e ce ne furono alcune anche nelle chiese, com'è accaduto a Lingotto Ippodromo o a corso Taranto, dove i parroci seguono da vicino l'attività del quartiere. Sempre più affollate le assemblee, più incisivi e più qualificanti gli interventi. Dall'iniziale richiesta di sopperire alle deficienze materiali delle scuole, il discorso si allargava progressivamente, l'analisi dei mali della scuola si articolava; si andava alla ricerca delle disfunzioni, dei motivi che determinano il disinteresse dei ragazzi, dei programmi non in linea con i tempi. «L'incontro di esperienze diverse, del professionista o del dirigente con l'operaio dava i suoi frutti — dice Mauro Borghi, coordinatore dei quartieri per i problemi della scuola —. Discutevano fino a tardi, non si accontentavano di individuare i mali, volevano scoprire i motivi. Un esempio: alla domanda del perché i nostri figli studiano poco si è data una risposta convincente; anche prima, quando studiavamo noi i programmi erano vecchi, c'era tanto nozionismo, ma studiavamo soprattutto in fun¬ zione del diploma o della laurea che ci assicuravano una buona sistemazione, una carriera. Oggi i nostri figli sanno che non troveranno un posto né con la laurea, né col diploma e questo si trasforma in disinteresse». E gli studenti dei gruppi extraparlamentari che ruolo hanno svolto nel quartiere? Chiedevano solo di non occuparsi dell'atteggiamento che avrebbero tenuto loro al momento del voto, ma erano d'accordo che i genitori « progressisti » dovessero entrare in lizza, per non lasciare questo nuovo spazio « ai reazionari e ai fascisti ». Che ceti sociali hanno ruotato nei quartieri? Dipende dalla zona; al centro in maggioranza borghesi, in periferia operai e impiegati. «E* stata un'esperienza altamente positiva — dice Mauro Borghi — ed ha arricchito il cittadino. La gente ha conosciuto il quartiere; in tante altre circostanze, anche importanti, dovevamo andare in .giro per mobilitare gli abitanti, coi decreti delegati sono venuti loro a cercare il quartiere e tanti tornano per discutere di altri problemi. Ora sta a noi fare in modo di non perderli. Abbiamo fatto anche un salto di qualità. I risultati si vedono dalla nostra presenza nelle scuole: tutti i quartieri hanno presentato una o più liste, i nostri programmi sono sulla linea di quelli preparati dai sindacati dei lavoratori, ma tengo a precisare che li abbiamo fatti autonomamente e dopo tanti dibattiti. In tutti c'è una presa di posizione nettamente antifascista. Sono state le violenze fasciste a far venire fuori questo atteggiamento: le trame nere, le bombe, gli assassini». Felice Froio

Persone citate: Mauro Borghi

Luoghi citati: Torino