Una madre impegnata nella polemica civile

Una madre impegnata nella polemica civile Una madre impegnata nella polemica civile Milano, 27 gennaio. Alta, magra, i capelli grigi tagliati corti, avvolta in una grande mantella grigia, Adele Faccio avrebbe l'aria quasi austera se un sorriso arguto non le illuminasse il viso scavato. Non è un mistero che Adele Faccio non nuoti nell'oro. Vive di traduzioni e lezioni private, ed ha un figlio di 14 anni da mantenere. Non ha neanche una salute di ferro: tossisce spesso, ha sempre una bronchite che non trova il tempo di curare. Proviene da una famiglia antifascista della media borghesia. Suo padre era avvocato, sua madre insegnante, un fratello ufficiale della marina mercantile. Durante la lotta partigiana è stato, «gappista» a Genova. «Dal '48 al '52 mi sono trasferita in Spagna per la carriera universitaria, che proprio là ho deciso di abbandonare per dedicarmi alla lotta clandestina contro il franchi smo, — ha detto poco prima di espatriare —. Gravemente ammalata, sono tornata in Italia e dal '55-'56 ho ripreso a battermi contro il "sistema". Siamo stati i primi a creare antitesi culturali e politiche con la redazione del Discauto prima, e del Canguro poi (due riviste culturali, n.d.r.i. Nel maggio del '68 ero a Parigi. Uno dei miei amici più cari era Pino Pinelli. Anche gli anarchici spagnoli e quelli italiani mi stimano ». Cominciò ad occuparsi di aborti in modo del tutto casuale: alcune delle profughe spagnole, portoghesi e greche erano incinte e bisognava aiutarle a trovare una soluzione, l'unica possibile nel loro caso. Ma Adele Faccio non era una «praticona» e neanche una filantropa: era una donna che agiva a livello politico, la prima che ha fatto conoscere in Italia le poesie di Che Guevara e gli scritti di \V. Reìch, il sessuologo che ha dato una dimensione sociale alla sessualità. Quindi non poteva accontentarsi di dare una mano a delle povere ragazze che avevano bisogno di abortire: ha cominciato a riflettere sul problema ed ha «scoperto — sono sue parole — che l'aborto b il risultato della carenza della contraccezione, e che è necessario dare la sveglia a questa società che permette un milione e mezzo di aborti clandestini l'anno, anzi li vuole perché se no scoppierebbe, ma si ostina a negarli, perché qualcuno che sta a Roma, ha delle concezioni moralistiche di quattromila anni fa, quando il problema era di sopravvivere, e non di frenare lo sviluppo della sovrappopolazione». Forte di queste convinzioni, è stato abbastanza naturale per lei ritrovarsi a capo del Cisa, costituitosi a Milano nel settembre del '73, per affrontare il problema della sterilizzazione e dell'aborto. E subito è uscita allo scoperto, rilasciando dichiarazioni ai giornali, in cui si diceva a chiare lettere che l'associazione non si occupava di queste cose solo a livello teorico, ma ricercava delle soluzioni pratiche. Ma la più grande pubblicità gli venne inaspettatamente dai fascisti, che nel novembre del '73 cercarono di attaccarlo, accusando il Centro Problemi Donna di fargli da copertura. Per tre settimane di seguito Il Borghese vomitò gli insulti più volgari, ma poiché aveva sbagliato bersaglio, la denuncia non ebbe seguito e si risolse nel far conoscere a tutti l'esistenza del Cisa, giacché i maggiori giornali intervennero nella polemica. Fu in quell'occasione che si cominciò ad ammettere che l'aborto era un grosso problema sociale. Ora vari partiti si preparano a presentare progetti di legge per la regolamentazione dell'aborto, mentre il Cisa, i radicali e le femministe parlano di «liberalizzazione» e «depenalizzazione», ossia vogliono che sia la donnu, e solo lei a decìdere. Gabriella Parca Roma. Adele Faccio poco prima dell'arresto (Ansa)

Persone citate: Adele Faccio, Adele Faccio, Durante, Gabriella Parca, Guevara, Pino Pinelli

Luoghi citati: Genova, Italia, Milano, Parigi, Roma, Spagna