Brasile, nei night e nei teatri si recita la tragedia del Paese di Livio Zanotti

Brasile, nei night e nei teatri si recita la tragedia del Paese La realtà che le luci della ribalta non nascondono Brasile, nei night e nei teatri si recita la tragedia del Paese (Dal nostro inviato speciale) Rio de Janeiro, 25 gennaio. Il locale, metà night e metà ristorante, sta nel centro di San Paolo, nascosto nel fondo di uno scantinato eppure conosciutissimo. Da due anni qui canta, balla, suona e recita quasi ogni sera Wilson Simonal, un trentaseienne dì colore, agile e belloccio, divenuto un poco il Sammy Davis del Sud America. Stasera è stracolmo. Nella penombra che dalla pedana degli artisti scende sulla sala variopinta si intravede una folla chiassosa: multimilionari in dollari con rispettive signore, bionde platino scollacciate e sole, campioni sportivi e della mondanità, personaggi del cinema e della televisione. Attendono Simonal, la cui popolarità è stata rinnovata da una breve permanenza in carcere. Già enterteiner di successo, con milioni di copie dei suoi dischi venduti tra Città del Messico e Buenos Aires, un cachet da 5 mila dollari a sera, Simonal ha deciso di prendere parte alla «caccia alle streghe» e s'è fatto confidente del «Dops», l'organismo centrale della polizia politica. Dopo le prime de¬ nunce, i colleghi gli hanno fatto il vuoto intorno, in televisione l'hanno messo da parte ogni volta che potevano, i suoi longplaying sono rimasti invenduti nei magazzini della casa discografica. Ma il cantante era ormai nel gioco e il gusto di vincere sempre e comunque gli ha preso la mano. Licenzia un impiegato e gli nega la liquidazione: l'altro protesta e lui fa intervenire due amici del «Dops» che gli danno una lezione, obbligandolo poi a firmare una carta in cui dichiara di non avere nulla da pretendere. Due anni dopo, in coincidenza con le elezioni del novembre scorso, Simonal viene arrestato, processato e condannato a 5 anni per sequestro di persona ed estorsione. Chi lo protegge è riuscito però a far accogliere dal giudice un ricorso di habeas corpus che gli permetterà di attendere in libertà il processo di appello, e stasera viene qui direttamente dal carcere. Sulla pedana si susseguono un pianista dal genere melodico, una giovane cantante jazz, piccola, scattante e rossiccia come un topino ossigenato, un interprete del tango famoso trent'anni fa, con la faccia inamidata dal trucco, gli occhi stupefatti, la voce fissa sui toni scuri. Tra un numero e l'altro, quattro negri giganteschi con nacchere e tamburi ripetono i samba più commerciali degli ultimi tempi e, a intermittenza, annunciano il prossimo arrivo di «Si-mo-nal». Eccolo, Simonal è già sotto il riflettore centrale che lo accompagna al microfono. Cammina dondolandosi, schiva le mani delle biondo-platinate che gli porgono una carezza materna, schiocca le dita e l'orchestrina attacca un ritmo frenetico. Simonal afferra al volo una cornetta che gli lanciano dal retro, ci soffia dentro, più forte, lo sforzo gli gonfia occhi e guance, ma l'orchestrina intanto s'è zittita e tutti sì accorgono che la cornetta non emette un solo suono. Ridono. Ride anche Simonal: pare che questa sia una delle sue gags preferite. E nel silenzio canta: «Mi ha morso il bulldog, mi ha morso il bulldog, attenti al bulldog, attenti al bulldog, la sua prossima vittima potreste essere voi...». A Rio si va a teatro All'Opiniao » presentano una versione tropicaleggiante del «Matrimonio di un piccolo borghese» di Brecht. Sulla scena, sesso, polli, «champagne» e biglietti di banca vorlicano in un'orgia dì violenza sadica. La vicenda, largamente emancipata dal testo brechtiano, sembra ambientata nel Brasile d'oggi. In un angolo c'è perfino un calendario a sottolinearlo. Che vorranno significare quei pannelli in bianco e nero che d'improvviso interrompono l'azione viva, per mostrare Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg vìvi e morti, in prigione e lungo le vie di Weimar nella Germania del 1918? Scompaiono di colpo, così come erano apparsi, nel teatro divenuto buio pesto. L'urlo lacerante di una sirena fa voltare gli spettatori verso l'ingresso; da un lato, altri altoparlanti mandano lo stridio di automobili che frenano bruscamente. Dalla ribalta gli attori si domandano costernati: «Che cosa accade? Risponde uno per tutti: «Non accade nulla». L'azione riprende normalmente, per niente disturbata da una scarica di fucileria. Al «Museo d'arte moderna» c'è un festival di poesia. In realtà si tratta di un «happening» metà in versi e metà in prosa. Chiunque può prendervi parte, basta inscriversi con due ore di anticipo; oppure è possibile intervenire dalla platea, in qualsiasi momento. Uno striscione prega soltanto di non interrompere l'autore di turno e per la verità il pubblico non lo fa con eccessiva frequenza. L'ecologia, le religioni, l'amore, l'atomica, il sesso, la vita, la «non» vita. Qui si canta di tutto. «Disinibitevi, siate poeti», dice una scritta sull'entrata. All'uscita, un tipo barbuto e allampanato recita il portoghese Fernando Pessoa, che durante una vita cercò l'armonia tra ciò che la ragione nega e il sentimento anela: «Però quello che io non fui, quello che io non feci, quello che neppure sognai/ quello che solo ora vedo che avrei dovuto fare, quello che solo ora chiaramente vedo che avrei dovuto essere / è quello che è morto oltre la divinità di tutti gli dei / questo, e fu infine il meglio di me. E ciò che neanche gli dei possono far rivivere». Livio Zanotti

Persone citate: Brecht, Fernando Pessoa, Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg, Sammy Davis, Wilson Simonal

Luoghi citati: Brasile, Buenos Aires, Città Del Messico, Germania, Rio, Rio De Janeiro, San Paolo, Sud America, Weimar