Il rilancio di Hollywood di Franco Mimmi
Il rilancio di Hollywood Il rilancio di Hollywood Il cinema americano ha superato il periodo di crisi e va riconquistando il pubblico europeo - La "Metro" celebra gli anni dei suoi maggiori successi con una antologia del musical, da Fred Astaire a )udy Garland All'inizio erano i Lumière, ma poi venne Hollyivood. Misero sobborgo di Los Angeles battezzato da un pazzo col nome di una pianta che in California non c'è e non ci può essere: Bosco di agrifogli: Hollywood. Un regista (Francis Boggsl e un operatore (Tho mas Persons) die decìdono di ! girare un Conte di Montecri- ] sto, con un illusionista senza \ scritture a fare il conte, e l piantano una baracca in quel \ bosco di agrifogli senza agri fogli: il primo studio di Hollywood: 1908. Fu presto una capitale, Hollywood, e come tutte le capitali con i suoi momenti di splendore e i suoi momenti d'ombra. Oggi, sul sobborgo di Los Angeles, dove pure tanti studios sono stati abbandonati divenendo da città finte città morte, splende il sole che più si addice a questo effimero impero: non quello della gloria ma quello del successo. Ogni cosa lo conferma: il fatto che l'anno scorso siano comparsi sugli schermi italiani circa 350 film stranieri (e soprattutto americani) contro poco più di 200 italiani (grazie anche alla stretta creditizia); il fatto che i film americani siano di nuovo capaci di indurre una psicosi di massa come quella dell'« Operazione nostalgia », la moda degli Anni Trenta di Gat- J sby, della Stangata, di Chinatown; il fatto che persino una torpida osservatrice della realtà quale è la tv italiana | abbia deciso di ogni settimana un prodotto della serie musical che da Mervyn Le Roy a Stanley Donen, da Lloyd Bacon a Vincent Minnelli è sempre stata apportatrice dì fama e fortuna; il fatto che — più significativo di tutti — nascano a fungo le imitazioni e i tentativi di sfruttare la scia (Sandro Bolchi, guarda la coincidenza, dopo tanti anni di televisione approda oggi al cinema e mette in cantiere un Rodolfo Valentino;. E' — dopo la fìnta fine di un conflitto che ci ha, questa volta, risparmiati — il terzo dopoguerra di Hollywood, che già nei due precedenti aveva vissuto i suoi momenti magici. Lungo e felice il primo, quando il declino del cinema europeo aveva coinciso con l'affermarsi dello star system americano, il fascino dell'attore che attrae le folle nei Nickel Odeons, i localucci da cinque centesimi, come nei grandi teatri in cui Sarah Bernhardt incanta dallo schermo anziché dal palcoscenico. La Hollywood dopo la Grande Guerra crea il mito di se stessa, fidanzando Mary Pickford a tutta l'America e stipandosi di ville a forma di pagoda o cattedrale, di tempio neoclassico o anfiteatro; diffondendo la voce delle sue orge e dei suoi scandali e sostituendo al grande Griffith il marchiano De Mille, concedendosi il lusso dell'arte con Greta Garbo dopo aver fatto fremere i'american female, la femmina americana, al tango di Valentino nei Quattro cavalieri dell'apocalisse. Il secondo dopoguerra fu prospero ma assai meno feli- proiettare I ce: i mercati che la vittoria j aveva conquistato agli ameri-1 cani — Giappone e Italia e Germania — godettero solo per un paio d'anni della stagione d'oro dei Wyler e dei Losey, dei Kazan e dei Rossen. Poi venne il maccartismo, venne la guerra fredda ! ! e i cineasti che erano stati i j fratelli in celluloide degli He-, mingway e dei Fiizgerald, i ci neasti che potevano benissi mo riconoscersi nella frase ri¬ servata ventanni prima da Gertrude Stein ai suoi amici scrittori, «voi siete tutti una generazione perduta», furono travolti dai film, militari che dovevano glorificare ramerican boy, dai film «anticomunisti» che dovevano combattere la guerra fredda, dai kolossal che dovevano distrarre il pensiero dalla realtà. Infine, dalla crisi. ' Ora, tutto ritorna, fasti e splendori, ritorna la vecchia cara swinging America: è ormai diffusa in tutto il mondo, questione di giorni per l'Italia, una Hollywood Story fatta con gli spezzoni della gloriosa Mgm, il leone ex-ruggente. Sono trentanni — dal '29 al '58 — di cinema americano j rispolverato 1 Astaire che ci sono Fred balla e canta e ! Frank Sinatra che canta e ! balla, le gambe irripetute di Cyd Charisse e ì baffetti di Clark Gable. i tuffi di Esther i Williams bellezza bagnata e un vortice di nome Judy Garland. Trentanni di balli e di j canzoni, di cappelli a cilindro !, e calze a rete, di obbedienza |indiscussa al cartello che in tutti gli uffici della Metro Goldwyn Mayer ricordava a registi e scenografi, attori e sceneggiatori: «Non inviate messaggi. I messaggi competono alla Western Union», la compagnia telegrafica nazionale. Così, c'è anche questa Hollywood Story che viene a ribadire il pericoloso nulla abbellito dalla flanella bianca di Gatsby e profumato della ba¬ naie essenza definita Nostal- :già. Per fortuna i blue-jeans, ;scesi da cavallo e saliti in mo- \lo o in automobile, forzano ogni tanto il lindo sipario ipocrita, e quanto al profumo, l'unico che valga la pena ricordare è quello Chanel N. 5 che Marilyn usava al posto del pigiama. Franco Mimmi
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