Anche il balletto arriva al "pop"

Anche il balletto arriva al "pop"li nuovo spettacolo di Roland Petit a Milano Anche il balletto arriva al "pop" (Dal nostro inviato speciale ) Milano, 24 gennaio. Un coreografo che, appena l'estate scorsa, ha tentato di ridurre a balletto la Recherche proustiana, non si può dire che dorma sugli allori. Eppure lo spettacolo che Roland Petit presenta al Teatro Lirico, per la rassegna «Milano aperta», con la compagnia dei Ballets de Marseille dei quali è da tre anni direttore, lascia l'impressione che i fuochi, accesi negli Anni Cinquanta da un artista sapientemente in bilico tra la rivisitazione del music-hall e la frequentazione di intellettuali come Anouilh e Cocteau, siano ormai spenti, anche se dalla cenere guizza ancora qualche fiammata come il Pink Ployd Ballet, con il quale Petit apre la serata. Questa composizione è infatti se non la cosa migliore, certamente la più fresca e la più interessante del programma: costruito due anni fa sulla solida musica pop del noto complesso dei Pink Floyd, è un balletto in tre movimenti, senza trama e senza ingombri programmatici se non l'intento di rappresentare le ansie e le frenesie della vita d'oggi con eleganti e serrate geometrie che si allentano e si concludono nella nebbia non metaforica che invade il palcoscenico nell'ultima parte. La mancanza di scene e di costu¬ mi — le ragazze sono in pagliaccetto bianco, i ragazzi a torso nudo — sottolinea il carattere astratto di una coreografia che von disdegna di citare Robbi?is o addirittura Balanchine, ma lo fa con discrezione. Al confronto, un balletto come L'arlesiana sulla suite orchestrale di Bizet appare, indipendentemente dalla data non lontanissima della sua creazione, piuttosto polveroso, anche se gli può essere riconosciuto il merito, già evidente nella realizzazione per linee orizzontali della celebre Farandole, di non fare troppe e troppo facili concessioni al folclore, non solo con la severità dei costumi di Christian Laurent e, nonostante un incongruo fondale alla Van Gogh, della cornice scenografica di René Allió, ma anche con la sobrietà di una coreografia magari in contrasto con i colori accesi e pesanti della musica e scarsamente persuasiva nel narrare la storia di un'ossessione d'amore. Anche se irrimediabilmente datato, conserva invece ancora una sua forza e una sua efficacia Le loup, un balletto conosciutissimo — è stato rappresentato anche a Milano, con la Fracci — che con i suoi venti e più anni di anzianità ci riporta alla stagione più felice di Roland Petit quando egli riusciva a cavare da una matrice intellettuale come quella del libretto di Anouilh e Neveux, ricco delle suggestioni del mondo immaginario ma poetico dei forains, una coreografia agile e raffinata. Saggiamente, Petit non ha cercato di aggiornarla neppure nelle belle scene e negli estrosi costumi da fiera di Carzou; come, per fortuna, non ha ceduto alla tentazione di sottolineare un certo gusto per l'orrido (l'amore di una giovane sposa per un lupo vero, ma più umano degli uomini) che oggi sembra tornare di moda. Questo balletto, alla cui persistente vitalità contribuisce anche la musica di Henri Dutilleux, è impeccabilmente interpretato dal corpo di ballo e dall'emozionante Loipa Araujo, una ballerina cubana dall'esilìssimo e tuttavia non fragile stelo, con la quale nel ruolo del «lupo» fa spicco Danys Ganio senza tuttavia ripetere ^exploit dello stesso Petit in quel sensazionale perso- naggio. Ma a questo punto va ricordato e lodato per la sua sicurezza e la sua atletica bra- vura Rudy Brians che fa l'impossibile per mascherare le incertezze e anche la monotonia deH'Arlesiana e che è tra i solisti più agili e più scattanti del Pink Floyd Ballet. Alberto Blandi

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