"Incontro-scontro,, a Roma del sindacato di controllo Montedison di Mario Salvatorelli

"Incontro-scontro,, a Roma del sindacato di controllo Montedison "Incontro-scontro,, a Roma del sindacato di controllo Montedison Cefis di fronte agli azionisti Il presidente ha chiesto di sapere a chi deve rispondere dopo i grossi acquisti di azioni dell'estate scorsa I protagonisti della battaglia: Rovelli (Sir), Girotti (Eni), Cappon (Imi) - I partecipanti alla riunione (Dal nostro inviato speciale) Roma, 23 gennaio. La direzione del sindacato di azionisti, pubblici e privati, che controlla la Montedison, si è riunita oggi a Roma, dalle 16 fino alle 21,30, ospite dell'Imi, l'Istituto Mobiliare Italiano il cui direttore generale, Giorgio Cappon, è presidente del sindacato. All'ordine del giorno « ufficiale », l'andamento del gruppo, chimico e non chimico, più grande d'Italia. In programma, inoltre, il desiderio di Eugenio Cefis, presidente della Montedison, di conoscere che cosa è avvenuto recentemente, e perché, nell'ambito del capitale societario, dentro e fuori il « sindacato di controllo ». I partecipanti all'« incontro-scontro », tra cui i presidenti della Bastogi, Torchiani, dell'Italcementi, Pesenti, il prof. Are, legale delle due « fiduciarie » italo-estere, che insieme detengono il più grosso pacchetto azionario « privato » Montedison, e, per la parte pubblica (Eni e Iri) Puppi e Niccolò, avevano tutte le carte in regola per rispondergli. La lunghezza della riunione prova che domande e risposte ci sono state. Nel corso della riunione — a quanto si è appreso — sono stati esaminati anche l'andamento della società nel '74 ed i principali eventi di riassetto del gruppo durante l'anno. E' stata inoltre discussa una ipotesi di relazione di bilancio che sarà presentata al consiglio di amministrazione ed un primo schema di « budget » per il 1975. A quanto si è appreso negli ambienti della Montedison, inoltre, « a breve scadenza » si riunirà il comitato esecutivo della società per esaminare i dati del consuntivo 1974 ed impostare il bilancio da presentare all'assemblea prevista per il prossimo mese di aprile. Secondo Cefis e il management Montedison, la partecipazione pubblica in un'azienda «privata» dev'essere tale da indurre lo Stato a occuparsi e preoccuparsi degl'interessi dell'azienda stessa, ma non sufficiente per averne il controllo. Allora il management può operare con la necessaria autonomia, e la proprietà, cioè gli azionisti, sono garantiti che la gestione terrà conto delle esigenze sociali (occupazione) e di quelle economiche, compresa una «giusta remunerazione del capitale». Questa situazione ideale sembrava fosse stata raggiunta con l'attuale sindacato di controllo, nel quale confluiscono oltre 280 milioni di azioni — il 37,4 del capitale sociale Montedison — così suddivise (tra parentesi i milioni di azioni possedute): per il settore pubblico l'Eni (108,2) e l'Iri (31,5), con un totale, quindi, di 139,7 milioni di azioni. Per il settore priva-1 to Bastogi (49,1), Gruppo | Monti (15), Gruppo Pesenti (12), Sai (4), Pirelli (2,6), la Fondiaria ( 1 \ Euramerica (43,8), Nicofico (12,2), per un totale di 139,7 milioni di azioni, eguale a quello del settore pubblicò. In più, 1 milione di ! azioni dell'Imi (Istituto mobiliare italiano), come partecipazione «simbolica» dovuta al fatto che il direttore generale dell'Istituto, Giorgio Cappon, è stato a suo tempo scelto come presidente del sindacato di controllo. II «patto di sindacato» fu firmato il 16 aprile 1973 (in questa stessa sede dell'Imi dove si è riunito oggi), dieci giorni prima che all'assemblea di Foro Bonaparte, a Milano, Eugenio Cefis esprimesse quel concetto di gestione Montedison che abbiamo riassunto sopra, rispondendo alla domanda: «Chi deve comandare in casa Montedison: lo Stato, gli azionisti privati o il management della società?». Oggi Cefis non può più rispondere alla domanda, e non gli sta bene, vuole sapere di chi deve considerarsi «fiduciario», chi sono gli azionisti. In un certo senso, Cefis si trova nella situazione dei giornalisti di alcuni quotidiani, che recentemente sono passati da una proprietà all'altra, si lamentano, e giustamente, di non essere stati preavvisati del passaggio e chiedono, quanto meno, di conoscere chi sono realmente i nuovi proprietari. Tutto è cominciato l'estate scorsa con la « scalata » al capitale della Montedison che raggiunse « quota 20 per cento », secondo una prima versione del rapporto inviata dal presidente Cefis agli azionisti in settembre, oppure «parecchie decine di milioni» di titoli, nella seconda versione, quella ufficiale, del rapporto. Tra le due non vi è molta differenza, perché la scalata venne attribuita ad «alpinisti» operanti per conto di Euramerica e Nicofico, le due «fiduciarie» che fanno già ptmacicnntcNSiecg parte del sindacato di controllo, con un complesso, come si è visto, di 56 milioni di azioni. Per arrivare al 20 per cento del capitale Montedison (che è di 435,8 miliardi, diviso in 871,6 milioni di azioni), cioè a 174 milioni di azioni, ne mancano 118: «alcune decine di milioni», appunto. Si disse subito, e fu ripetuto con insistenza, in seguito, che a dirigere la «scalata» fu Nino Rovelli, presidente della Sir (Società italiana resine), il terzo grande gruppo petrolchimico italiano, dopo Montedison ed Eni. A complicare e, al tempo stesso, a chiarire la faccenda, c'è stata l'ipotesi che Rovelli abbia agito d'accordo con l'Eni e con l'appoggio dell'Imi, nelle cui operazioni finanziarie «in essere», per un totale di oltre 4500 miliardi di lire, il settore petrolchimico rappresentava, nel penultimo bilancio dell'Istituto, circa il 18 per cento, con 644 miliardi di lire. Ed è a Giorgio Cappon, di¬ rettore generale dell'Imi e presidente del sindacato di controllo Montedison, che Eugenio Cefis ha inviato, all'inizio del mese, una lettera in cui lo sollecitava a riunire il sindacato, «per esaminare i problemi riguardanti la presidenza Montedison»; velata, ma neppur tanto, minaccia di dimissioni. Così si è avuta l'odierna riunione, preceduta nei giorni scorsi da un'intensa attività romana da parte dei protagonisti della partita, che si gioca non tanto negli stabilimenti di produzione o negli uffici dei consigli di amministrazione, e neppure nei recinti delle Borse, quanto ai tavoli degli uomini politici. Da quanto si è saputo, la situazione odierna vedrebbe un Cefis politicamente indebolito, a causa di una certa delusione reciproca tra il presidente della Montedison e il segretario della de Fanfani. Inoltre, da parte socialista Cefis sarebbe appoggiato da De Martino, ma non da Man¬ cini. Rovelli avrebbe l'appoggio di Andreotti, Colombo e Forlani (de) e di Mancini. Dall'altra parte, si dice anche che l'Eni, già il maggior azionista Montedison, dopo aver partecipato alla «scalata» estiva, si sarebbe tirato indietro, e avrebbe venduto le azioni rastrellate in quella stagione, una trentina di milioni. In definitiva Rovelli dispone, tutto compreso, non del 20 per cento del capitale Montedison, ma di un centinaio di milioni di azioni, che tuttavia ne farebbero il più grosso azionista «privato» della Montedison: una tenaglia «chimica», questa formata da Sir ed Eni, che certo non può garbare a chi ci sta in mezzo, cioè Montedison, se non sa come si muoveranno le ganasce. Se il bersaglio dichiarato è lo scalatore misterioso, che Cefis oggi ha chiesto che esca allo scoperto, il vero bersaglio potrebbero essere, quindi, Girotti (Eni) e Cappon (Imi). Cefis, infatti, potrebbe uscire dalla Montedison per la porta dei managers, presentandosi dimissionario all'assemblea di primavera o dimettendosi nelle riunioni degli amministratori in programma a Foro Bonaparte nelle prossime settimane, ma per rientrarvi dal portone degli azionisti, come presidente dell'Imi, nel quale verrebbero convogliate tutte le azioni Montedison attualmente in mano pubblica (o amica). Sembra, però, che se Cefis aveva questo progetto, in questi giorni di colloqui romani abbia dovuto rinunciarvi. Al di là di queste battaglie, è chiaro che al Paese interessa conoscere le prospettive future di un gruppo industriale che ha 150 mila dipendenti, oltre 200 mila piccoli azionisti, il fatturato più grosso d'Italia e che condiziona, direttamente e con gli effetti indotti, una parte notevole dell'economia nazionale. Mario Salvatorelli

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