La schizofrenia dei tecnologi di Mario Bonini
La schizofrenia dei tecnologi La schizofrenia dei tecnologi Francesco Barone - Sergio Ricossa: « L'età tecnologica », Rizzoli, lire 4.000. Sfocature di visione e sfalsamenti di prospettiva sono inevitabili quando, stando all'interno di un certo momento evolutivo della società ed essendovi coinvolti, si prova a giudicarlo senza beneficiare della distanza temporale che consente ai posteri di esercitare il senno del poi. La periodizzazione della storia umana è perennemente soggetta a revisioni perché, col sedimentarsi delle esperienze e col succedersi delle svolte rivoluzionarie, variano i criteri di misura, il gioco delle proporzioni, i valori assunti per metro. Identificare l'« età tecnologica » nel tempo in cui viviamo non è però un arbitrio classificativo, una valutazione dall'interno e dal presente esposta all'azzardo di postumi ridimensionamenti. E' ormai acquisito che la scienza e la tecnologia condizionano, e in qualche settore guidano, il progredire storico; è soprattutto acquisito che — come afferma Francesco Barone nel saggio « Modi di pensare e forme di pensiero dell'età tecnologica » — negli ultimi trent'anni si è costantemente ridotta la diversità di passo fra evoluzione scientifico-tecnica ed evoluzione socio-politica. Come in tutti i momenti della storia, c'è oggi chi accoglie senza riserve il nuovo e chi, pur beneficiando di certo progresso materiale e sociale, rimpiange il passato pretecnologico. Un aspetto originale dell'era tecnologica, osserva Barone, è però costituito dal fatto che l'apprensione per le conseguenze che potrebbe avere un'espansione illimitata del dominio della scienza e della tecnica non è diffusa solo fra i nostalgici del passato, ma fra gli stessi iniziatori della rivoluzione tecnologica. Siamo arrivati, insomma, a una « dissociazione schizofrenica » nelle élites culturali e sociali — tipica, a questo proposito, la polemica fra le « due culture » — e negli stessi individui che ne fanno parte. Ciò non esclude il pericolo di una prevaricazione delle élites tecnologiche sugli altri strati della società; e in nessun campo tale pericolo è evidente come in quello dell'informatica, perché chi abbia un controllo assoluto degli strumenti che rendono possibile la raccolta e il maneggio delle informazioni può cadere nella tentazione di ridurre gli altri, tutti gli altri, a « semplici automi ». A coloro che nella « società informatica » futura corrono il rischio di essere ridotti ad automi rimane pur sempre un mezzo di difesa: rendersi conto « dei modi di pensare e delle forme di pensiero con cui non potrà fare a meno di operare l'elite ». Questa è la risposta filolofica al problema chiave dell'era tecnologica: un invito a varcare nuove frontiere culturali, a spiccare il salto qualitativo reso necessario dalla tecnologia. La rivoluzione industriale prima e quella tecnologica poi hanno già consentito all'uomo di compiere un salto quantitativo: nelle società industriali dell'Occidente, scrive Ricossa, la produttività del lavoro è enormemente aumentata, la distribuzione del reddito si è radicalmente modificata a favore delle classi meno abbienti, consumi che un tempo erano riservati a ceti ristretti sono diventati necessità vitali per larghissimi strati della popolazione. Il saggio di Ricossa s'intitola « Il passato e il futuro della economia » ed è il risvolto economico-politico delle riflessioni di Barone. Perché tanto spesso le previsioni degli economisti non si avverano? Gli errori di previsione derivano sempre da una sottovalutazione delle possibilità della tecnica; e i più raffinati modelli econometrici danno una visione parziale, quando non alterata per amor di schematizzazione, della realtà. « Tocca all' economista », conclude Ricossa, « non tanto prevedere quel che succederà, ma prevedere quel che potrà succedere... ». Mario Bonini
Persone citate: Francesco Barone, Ricossa, Sergio Ricossa
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