Libertà provvisoria ai 7 arrestati per pubblicazioni pornografiche di Gino Mazzoldi

Libertà provvisoria ai 7 arrestati per pubblicazioni pornografiche Si è iniziato ieri il processo in tribunale a Milano Libertà provvisoria ai 7 arrestati per pubblicazioni pornografiche Quattro altri imputati sono latitanti - Sono direttori di periodici, stampatori e distributori accusati di fabbricazione e commercio di pubblicazioni oscene - Oggi i testi (Dal nostro corrispondente) Milano, 23 gennaio. Davanti ai giudici della prima sezione del tribunale penale (presidente Cusumanno, p.m. Viola) si è iniziato ieri il processo per direttissima contro le 11 persone (direttori di periodici, stampatori e distributori) accusate di «fabbricazione e commercio di pubblicazioni oscene». In aula erano presenti solo sette degli imputati arrestati giovedì 16 gennaio su ordine del sostituto procuratore della Repubblica: gli altri 4 sono latitanti. La prima udienza si è conclusa con la concessione della libertà provvisoria a tutti i detenuti: il dibattito riprenderà domani per l'interrogatorio dei testi citati dalla difesa. Gli imputati in stato d'arresto — Luciano Mauri, amministratore delegato delle «Messaggerie italiane»; Lorenzo Nicolini, della «Marco», Ernesto Colombo, amministratore della tipografia omonima, Ferruccio Castro, Vito Lombardo e Mameli Gatti, direttori dei periodici sequestrati per ordine del dottor Viola, e il distributore romano Vittorio Parrini — hanno subito preso posto nel banco degli accusati sotto il lampeggiare dei flash dei fotografi. Non appena dichiarato aperto il processo, il presidente su richiesta del p.m., ha proceduto allo stralcio delle posizioni dei 4 imputati latitanti, Franco Celani, Pietro Granelli, Anton Mario Macchi e Carlo Alberizzi. Mentre gli avvocati della difesa (Bovio, Sarno e Nuvolone) muovevano le prime eccezioni, l'imputato Mameli Gatti colto da malore si è accasciato sulla panca. Soccorso, è stato portato fuori. Il processo dopo una sospensione è ripreso con altre contestazioni. L'avvocato Franz Sarno ha fatto sapere che il suo assistito, Ferruccio Castro, era già stato giudicato per buona parte dei numeri delle pubblicazioni oscene per le quali il p.m. Viola lo ha nuovamente incriminato: poiché non è possibile giudicare due volte una persona per lo stesso reato, i giudici si sono ritirati in camera di consiglio per decidere. Hanno stabilito di non accogliere la richiesta di stralcio avanzata dal difensore e di contestare al Castro i reati di cui deve rispondere per alcune pubblicazioni sfuggite alla prima incriminazione. Subito dopo i difensori hanno chiesto collettivamente la libertà provvisoria di tutti i detenuti. I giudici dopo una nuova permanenza in camera di consiglio hanno deciso di accogliere la richiesta in quanto non esistevano particolari esigenze processuali né motivi di particolare cautela per una eventuale fuga. Inoltre, l'imputazione di cui devono rispondere non è di particolare gravità, e non ha provocato al tempo dei fatti un certo allarme sociale. Prima dell'inizio degli interrogatori, Guido Viola ha sostenuto che il suo operato non è rivolto contro la libertà di stampa, ma che ha agito in base alla Costituzione, la quale pone un solo limite: quello del buon costume. Sono poi iniziati gli interrogatori dei vari imputati. Luciano Mauri ha detto: «Lavoriamo nel campo della diffusione da più di 60 anni: ho alle mie dipendenze circa 400 dipendenti. La legge ci obbliga a verificare solo il nome del direttore responsabile e dello stampatore: in base agli accordi generali, inoltre, non abbiamo alcuna facoltà di rifiutare la distribuzione di particolari pubblicazioni». Vittorio Parrini dal canto suo ha sostenuto di non poter aver la possibilità di esercitare un eventuale controllo a causa del meccanismo della distribuzione: le riviste arrivano a pacchi e vengono subito smistate. «La legge inoltre — ha aggiunto — non mi dà il diritto di essere un censore e io mi rifiuto di farlo. D'altra parte se il distributore dovesse esercitare un diritto di censura potrebbe recare un grave danno alla libertà di stampa, in quanto ogni individuo agirebbe in base alle proprie idee politiche e alle proprie convinzioni morali ». Renzo Nicolini della «Marco», la più grossa e antica agenzia di distribuzione ita¬ liana, ha detto: «Distribuiamo 300 testate ed abbiamo 400 dipendenti. Ci serviamo anche di piccoli distributori. Cinque aziende, tra cui la mia, controllano il 95 per cento della produzione. A mio avviso — ha concluso — il nostro lavoro può essere considerato un servizio pubblico». Su questo concetto si è dichiarato dissenziente il rappresentante della pubblica accusa. La stessa linea difensiva hanno adottato anche gli stampatori, i quali hanno sostenuto di non aver alcun diritto di esercitare qualsiasi tipo di censura: responsabili delle varie pubblicazioni sono esclusivamente i direttori. Questi ultimi, durante gli interrogatori cui sono stati sottoposti, hanno sostenuto di non ritenere osceno quanto da loro pubblicato. Conclusi gli interrogatori degli imputati, per alcuni dei quali il p.m. intende contestare altri reati, il processo è stato aggiornato a domani: saranno sentiti i testi citati dall'accusa e quelli della difesa. Gino Mazzoldi

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