Progetto laborista per nazionalizzarla
Progetto laborista per nazionalizzarla Progetto laborista per nazionalizzarla Sarà dello Stato inglese l'industria aerospaziale Londra, 21 gennaio. Entro la fine di quest'anno dovrebbe essere portato a termine une dei progetti più ambiziosi dell'attuale governo laborista: la nazionalizzazione delle principali aziende dell' industria aerospaziale. Un documento preliminare è già stato sottoposto all'attenzione dal ministro dell'Industria, Anthony Benn, alla metà della scorsa settimana. Il rapporto, di 60 pagine, traccia un quadro della evoluzione futura di questo settore che, in questo ultimo dopoguerra, ha avuto il merito di contribuire ad aumentare il livello degli introiti nazionali. Il piano laborista prevede per il momento di estendere il diretto controllo dello Stato soltanto a tre aziende: la British Aiicraft Corporation, la Hawker Siddeley Aviation e la Hawker Siddeley Dynamics. Queste ultime sono entrambe sussidiarie della Hawker Siddeley Group; sorta nel 1920 allo scopo di riunire alcune importanti imprese specializzate nella costruzione di fusoliere di aerei e loro parti. A sua volta la Bac è nata nel febbraio del 1960 dopo l'accordo raggiunto tra la britannica General Electric Company e la Vickers. Per quanto riguarda la Westland, la Fairey-Britten-Norman la Scottish Aviation e la Short Brothers continueranno ad esistere come società controllate da azionisti privati, sebbene il capitale sociale della Short Brothers può dirsi privato solo al 15,5 per cento. Le tre aziende alle quali guarda ora Anthony Benn — esponente dell'ala laborista più intransigente — sono destinate a confluire in un ente pubblico, l'«Aircraft Corporation of Great Britain». Il motivo addotto dal governo per spiegare la decisione (sono passati oltre sette anni dall'ultima nazionalizzazione, quella delle principali società siderurgiche) è che nell'ultimo decennio il settore aerospaziale ha assorbito circa 2500 milioni di sterline sotto forma di contributi e commesse statali. Tanto vale, perciò, che sia il Parlamento a controllarne la gestione. La spiegazione non soddisfa però coloro che si oppongono agli interventi dello Stato nell'organiz- zazione produttiva britannica. In questo caso le loro tesi non riguardano tuttavia la semplice difesa dell'attuale sistema di economia mista. Essi vedono piuttosto nella maggiore invadenza governativa in campo aeronautico il pericolo che questo settore finisca poi col perdere parte della sua competitività, assumendo sempre più la sola funzione di assicurare il pieno mantenimento dei livelli occupazionali. Ma il rischio più grosso sarebbe quello di compromettere una più stretta collaborazione con le aziende dell'Europa continentale, una condizione giudicata indispensabile se l'industria europea può esistere come unità a sé stante, cioè in modo del tutto indipendente dagli Stati Uniti. Infine i dirigenti della Bac e della Hsg temono che la pubblicità di questi giorni generi disorientamento tra la clientela estera, soprattutto presso quei governi disposti ad equipaggiare le proprie forze armate con aerei ed attrezzature britannici. In altre parole potrebbe capitare che qualcuno non se la senta di confermare gli ordini nel timore che non vengano evasi entro tempi prestabiliti. Ci sarà infatti un periodo di scompiglio quando il Parlamento di Londra dovrà esaminare tutta la normativa perché la proposta di nazionalizzazione possa essere formalmente approvata. Si tratta di un'eventualità che preoccupa. Dopo tutto sono stati gli introiti dalle commesse eseguite per conto di clienti stranieri a consentire che l'industria aerospaziale britannica guadagnasse nel 1974 circa 630 milioni di sterline (quasi 1000 miliardi di lire), una cifra certamente ragguardevole, soprattutto in un periodo in cui le prospettive del commercio mondiale appaiono cosi poco incoraggianti.
Persone citate: Anthony Benn, Britain, Britten, Fairey, Vickers
Luoghi citati: Europa, Londra, Stati Uniti
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