BORSE ECONOMIA E FINANZA di Francesco Forte

BORSE ECONOMIA E FINANZA Ora bisogna allargare il credito Vi sono due modi per spiegare la decisione che hanno preso le maggiori banche di ridurre il compenso pagato ai deposili. Uno consiste nell'osservare che esse, trovandosi ora in una situazione di disponibilità liquide migliore di prima, hanno deciso di porre termine alla guerra per il procacciamento del denaro della clientela che le aveva portate a pagare tassi di interesse sempre più elevati, un tempo impensabili. Anche un tetto del 15 per cento, paragonato a ciò che si poteva ottenere portando in banca il denaro sino al 1973, è già una cifra ingente. Ma ora questa è la cifra massima. Inoltre, è stato stabilito un tetto identico per i depositi interbancari, cioè per il denaro che le banche si procurano da altre banche. Se le banche fanno questo, vuol dire che non sono più così affamate di denaro. Ma il secondo modo di spiegare la notizia di cui sopra consiste nell'osservare che la maggiore disponibilità di denaro delle banche dipende anche dal fatto che le richieste di prestiti si sono ridotte, sia da parte delle imprese sia da parte di vari enti pubblici (come quelli dell'edilizia). E ciò perché sono venute meno le prospettive di mercato, e anche perché sono venuti a ridursi i mezzi propri che fanno da necessario complemento ai prestiti per rendere realizzabili molti programmi di investimento. Insomma, le banche sono abbondanti di mezzi non tanto perché la clientela ne porta loro spontaneamente molti, ma perché si è bloccato il processo di investimento, come conseguenza delle misure prese per deflazionare l'economia, prima inflazionata. Tuttavia va detto, per completezza, che vi è anche un altro elemento che contribuisce a spiegare la decisione: cioè il fatto che le entrate nel settore pubblico sono aumentate, sia per effetto di maggiori gettiti fiscali, sia degli aumenti delle tariffe di varie imprese pubbliche e dei contributi sociali. Ciò ha consentito di ridurre la domanda di denaro che l'operatore pubblico faceva e fa al sistema bancario per finanziare avanzi di esercizio e spese di parte corrente. Questa parte del quadro, naturalmente, se non si considera l'onere per il contribuente e per il cittadino, è meno brutta di quella che abbiamo visto prima. Denota un certo riequilibrio nella nostra finanza pubblica. Ma assieme, sia l'una che l'altra parte del quadro portano a concludere che si è creato, nel nostro circuito finanziario, un rilevante spazio per lo sviluppo di nuovi finanziamenti, tanto privati che pubblici, sia di carattere produttivo (nuovi investimenti e anche iniziative di esportazione), sia di tipo sociale (abitazioni popolari ed opere pubbliche). Se non si riempirà questo spazio al più presto, avremo un aggravarsi della depressione economica, ben al di là di quello che doveva essere 10 scotto da pagarsi per attuare la manovra di stabilizzazione. Le banche, dopo aver ridotto i tassi passivi, cioè quelli che pagano alla clientela, dovrebbero ora ridurre i tassi attivi, cioè quelli che fanno pagare a coloro che ad esse si rivolgono per prestiti. Qui i comunicati, però, sono ancora molto circospetti. E' un punto, invece, su cui non si dovranno avere troppi indugi. Tra l'altro, prima si realizzeranno queste necessarie e logiche riduzioni nel costo del denaro per coloro che lo prendono a prestito meglio sarà, in quanto diversamente gli investimenti a prestito saranno rinviati, in attesa della diminuzione del costo del denaro che si profila. Ma realisticamente bisogna aggiungere che, per rendere possibili i prestiti per le varie attività di cui sopra in misura soddisfacente, non basta ridurre 11 tasso di interesse, bisogna adottare anche altre misure: apporti per il credito agevolato; contributi in conto capitale per gli investimenti sociali, per quelli nel Mezzogiorno e per altre iniziative prioritarie; e forse anche nuovi strumenti di intervento delle banche nel processo del finanziamento industriale, in relazione al fatto che la esposizione bancaria di parecchie imprese è così elevata da rendere difficili le politiche di prestito tradizionali. La riduzione dei tassi d'inte¬ resse pagati sui depositi, ad ogni modo, migliorerà considerevolmente il mercato del reddito fisso, in cui gli investimenti diventano ora più allettanti. Ciò oltreché migliorare i corsi facendo ricuperare alcune delle perdite prima subite dai risparmiatori, potrà facilitare nuove emissioni nel campo delle cartelle fondiarie e degli investimenti delle imprese di pubblica utilità ecc. Un ultimo commento. A quanto pare, si sarebbe decisa anche una riduzione del 2 per cento medio per tutti i compensi pagati sui depositi, anche se al di sotto del tetto del 15 per cento. Questo è un punto che merita di essere chiarito. Certamente, per depositanti che prendono poco, il taglio sarebbe iniquo e ingiustificato. Esso darebbe luogo o farebbe persistere delle sperequazioni. E' bene che si provveda a specificare in che limiti e con quali modalità si intende attuare quest'altra riduzione. Francesco Forte