Unità sindacale

Unità sindacale LA STORIA DI UN PROGETTO Unità sindacale L'unità sindacale, un processo tuttora in svolgimento, è già diventata materia per una ricostruzione storica, che la tv trasmette in queste settimane. Ci auguriamo, come spettatori, che la serie televisiva riesca davvero a far percepire la dimensione slorica del problema. Sarà allora essenziale sbarazzare il campo da una interpretazione che, pur sbagliata, è quella corrente nella pubblicistica: quella, cioè, secondo cui l'unità di tutti i lavoratori in una sola confederazione è una meta ideale, sempre presente e raggiungibile, che non si traduce in pratica per l'evenienza di fattori avversi, se non addirittura di volontà perverse. Uno sguardo attento alle vicende storiche del nostro movimento operaio non potrà non porre in evidenza, invece, come l'unità sia stata una condizione eccezionale ed effimera, durata appena (e malamente) nei quattro anni che vanno dal Patto di Roma alla scissione del 1948. La condizione « naturale » in cui è vissuta la classe operaia è perciò la divisione, che è sempre stata delimitata (a differenza di altri Paesi, quali, ad esempio, gli Usa) da confini politici corrispondenti alle diverse anime politiche con cui si è espresso il movimento operaio stesso. Alla condizione di divisione si contrappone, è vero, e soprattutto dopo la caduta del fascismo, un ideale unitario. Esso si ammanta dei più prestigiosi nomi della storia del sindacalismo, Di Vittorio, Buozzi, Grandi, Santi. Inoltre, quel che è più indicativo: non risulta che il contrario dell'unità, e cioè lo stato di divisione, sia stato mai oggetto di elaborazione e giustificazione teorica. Non vi è mai stata, cioè, una ideologia della divisione permanente, se si toglie qualche zelante espressione di palude intellettuale degli Anni Cinquanta. Lo stesso Giulio Pastore, che portò la bandiera della scissione del 1948, era, al fondo, unitario: soltanto non riteneva la condizione di unità possibile in quel momento. Ma che cosa esprimeva questo ideale unitario, che vedia mo in costante contrappunto con una realtà storica di divisione? Torniamo al 1944. Nes sun dubbio sulla sincerità po litica dei firmatali del Patto di Roma. Ma lo storico non potrà non rilevare come le tre componenti politiche, per le quali venne apposta tale firma, portavano nell'unità il retaggio di concezioni del sindacato il cui scontro (e vedi la ricostruzione contenuta nel libretto di G. Lauzi, Per l'unità sindacale, editore Coines) avrebbe fracassato, di lì a breve, l'edificio unitario. Da un lato vi è la componente cattolica, ispirata ancora all'ideologia cristiano-sociale, che accetta l'unità sindacale come condizione naturale, perché corrisponde a una collocazione naturale dell'individuo nella comunità intermedia professionale. Ma in tale comunità non si esprime una volontà politica, bensì solo una solidarietà professionale. Unità si, pertanto, e anche giuridicamente garantita (qualche eco di tale concezione è, infatti, nella parte inattuata dell'articolo 39 della Costituzione); ma unità livellata allo stadio di coscienza prepolitica. Su questo, in fondo, si ritrovano tutti, da De Gasperi a Fanfani; non, invece, qualche frangia dossettiana. Il peso di Giuseppe Toniolo e della dottrina corporativa cattolica è ancora rilevante. Dall'altro lato, la concezione unitaria dei comunisti appare quanto meno ambigua, non foss'altro perché manca una teoria comunista del sindacato che non coincida con quella del partito. Unitaria, d'altronde, non era stata la tattica patrocinata dalla Terza Internazionale. Né la concezione del sindacato come cinghia di trasmissione del partito era messa in dubbio, anzi era ufficialmente insegnata. Dominava, perciò, il sospetto che l'unità sindacale avrebbe finito per essere una condizione atta a facilitare la conquista dell'apparato sindacale da parte del gruppo più attivo. Tutte queste carenze offuscano la credibilità di un ideale che appare in effetti privo di una radice storica, né viene filtrato attraverso una nuova e più aggiornata concezione del sindacato. E' un vuoto che né l'anima popolare di Di Vittorio e di Grandi, né la sincerità riformista di Santi avrebbero potuto colmare. L'« ora della verità », per dirla ancora con Santi, suona quando si verificano fatti nuovi nella vita sociale del Paese. La spinta unitaria dilaga negli Anni Sessanta, ben prima dell'autunno caldo, e forse può datarsi al marzo 1966, in occasione di un dibattito pro¬ mosso dalle Acli, la prima volta in cui alti esponenti di tutte le confederazioni si pronunciano pubblicamente sulle prospettive reali di tale obiettivo. In vent'anni erano cambiati in modo radicale tutta una serie di fattori oggettivi e soggettivi. In sintonia con lo sviluppo del Paese, si era affievolito il sindacalismo contadino, ed emergeva la forza di quello industriale. Lo sciopero, da sfida di piazza, diveniva uno strumento di misurazione del «potere contrattuale» (terminologia che viene in uso, infatti, solo nei tardi Anni Cinquanta). L'unità viene percepita ora, concretamente, come condizione necessaria per accrescere tale potere: la forza sindacale si misura sempre meno in termini di fiancheggiamenti politici, sempre più come diretta emanazione del consenso e della partecipazione della base. Ma i mutamenti soggettivi non sono da meno. Non solo la Cisl acquista contenuti politici più variopinti (tra cui la recentissima, non infondata, ma parimenti deplorevole ingerenza della de lombarda sulle infiltrazioni extraparlamentari in tale sindacato), ma, quel che più conta, la confederazione di origine cattolica brucia il ponte che la tiene legata alla dottrina socialcristiana: l'idea dell'unità professionale è liquidata e, con questa operazione, lo scissionista Pastore avrà servito l'unità più che qualunque vagheggiatore del solidarismo professionale. Il superamento di tale solidarismo apolitico, a sua volta, apre i lavoratori cattolici a una presa di coscienza dei valori politici, che, in assenza di un partito che ne sia il referente certo, conduce addirittura, in breve, alla confusione « pansindacalistica » fra sindacato e partito. Ciò che conta, comunque, è che l'unità viene percepita anche in questi ambienti come premessa per un rafforzamento politico della classe lavoratrice. Per quanto attiene ai partiti di classe, pochi potranno negare che la concezione del sindacato è in essi profondamente mutata, e appare improntata, come non era mai stato prima, al principio del rispetto per l'indipendenza del sindacato. Più scontata per i socialisti — ma non si dimentichi quello che esprimeva, nel sindacato di trent'anni fa, il « fusionismo » di Oreste Lizzadri —, tale constatazione vale anche per la componente comunista. Di ciò viene conferma dal recente numero speciale di Rinascita (numero uno, 1975) dedicato a « I Comunisti e il Sindacato ». A chi, nei confronti di tale lettura, obietti ancora che le affermazioni di tolleranza e di pluralismo erano frequenti anche trenta anni fa, si può rispondere che ciò non avveniva in sede di dibattito ideologico, e che, quando tattica e ideologia concordano, lo spazio per le doppie verità è ben ridotto. Per concludere, il senso della vicenda è comunque questo. Fino a un decennio fa all'incirca, l'unità, anche se voluta, ini fondo non era « pensata », né « pensabile », come luogo d'incontro di tensioni ideali con reali convergenze di bisogni e di ideologie in tema di sindacato e di lotte sindacali. Oggi l'unità sindacale è sulla linea d'incontro di fattori oggettivi e di scelte soggettive che conducono in tale direzione. Tempi di realizzazione e scelte tattiche sono, ovviamente, nel novero dell'imprevedibile. Anche se circostanze avverse dovessero tardare ulteriormente o rendere inattuabile il progetto unitario, una cosa è certa, e cioè che questo ha ormai posto le sue radici nella storia e non esprime più soltanto velleità o generose anticipazioni. La storicità di un'idea non è sufficiente per la sua realizzazione; ma, quanto meno, ne costituisce la più essenziale condizione. Gino Giugni

Persone citate: Buozzi, De Gasperi, Fanfani, Gino Giugni, Giulio Pastore, Giuseppe Toniolo, Lauzi, Oreste Lizzadri

Luoghi citati: Usa