Due notti di trattative

Due notti di trattative Come si è arrivati all'accordo per la Fiat Due notti di trattative Quando alle 10 in punto di ieri mattina i giornalisti sono finalmente riusciti ad entrare nella sala piena di fumo — al secondo piano dell'Unione Industriale — si sono subito resi conto che l'accordo era fatto, ed era soddisfacente. I volti dei sindacalisti e dei dirigenti Fiat, pur segnati dalla fatica e dalla tensione di una notte «drammatica», erano rasserenati: anche se era evidente che «si era scampato un brutto pericolo». Pochi minuti prima era stata firmata l'intesa, a conclusione di una «sofferta» verifica della crisi automobilistica che aveva rischiato più volte di fallire. Giovedì mattina, in apertura di trattative, pochi avrebbero detto che sarebbero state necessarie oltre trenta ore di colloqui per trovare una soluzione (sia pure temporanea) al problema Fiat. Si sapeva che lo stock di auto allineate sui piazzali degli stabilimenti era pesante: 340 mila vetture, troppe per escludere un nuovo, massiccio periodo di Cassa integrazione per migliaia di lavoratori. Ma le notizie appena giunte da Roma erano rassicuranti. Il dialogo tra la Federazione unitaria IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII i o e l a a o o a a i e a aia e o ioa o a II v o o ni o an me o rl u n a ià e aua ni si al ie: v n a k, e ean ieeilnla an Si e a (Cgil, Cisl, Uil) e la Confindustria, per la contingenza e il salario garantito, stava per riprendere dopo oltre due mesi di silenzio. «Se laggiù le cose vanno bene, riusciremo a mettere una toppa subito anche a Torino», si diceva. Ma fin dal primo pomeriggio si è capito che tanto ottimismo era ingiustificato. Con il passare delle ore il clima si è fatto teso. «Non si intravede una via d'uscita», riferivano i portavoce delle due parti, « parlano due lingue diverse ». Per fare maggior chiarezza le delegazioni (quella sindacale composta di una trentina di persone) si sono gradualmente assottigliate. Un buon numero dei delegati di fabbrica — giunti da tutte le fabbriche del «gruppo» per seguire da vicino il negoziato — sono rimasti nella sala al piano terreno e la discussione si è spostata in una sede più ristretta. Attorno al tavolo — ingombro di fogli zeppi di cifre di produzione e di stoccaggio, dì orientamenti e previsioni di mercato — sono rimasti a «fronteggiarsi» i segretari della Federazione metalmeccanici Vincenzo Mattina (Uilm) e Bruno Fernex (Cgil) con i coordinatori, il dottor Paolo Annibaldi (con pochi tecnici Fiat) e il vicedirettore dell'Unione Industriale, dottor Aldo Baro. Nella notte di giovedì, la prima, la situazione s'è fatta preoccupante. Un susseguirsi di incontri separati, di brevi riunioni, di continui rinvii e richieste di sospensione. Alle sette di venerdì mattina tra i giornalisti, «accampati» da ore nella sala stampa in attesa di sviluppi, si è diffusa la voce che «si stava per rompere». Il «nodo» centrale non era più soltanto l'entità della Cassa integrazione alla Fiat, ma il problema dell'«indotto»: un termine oscuro con il quale si indica un tessuto di quindicimila aziende, piccole e medie, che lavorano per l'auto nell'area torinese, con oltre trecentocinquantamila dipendenti in ansia per il posto di lavoro. I sindacati chiedevano un impegno che né la Fiat, né l'Unione Industriale si sentivano in grado di'prendere: la garanzia che la crisi dell'automobile non avrebbe travolto questo settore di fornitori, falciando in modo incontrollabile l'occupazione. Più volte sindacalisti e dirigenti dell'azienda sono usciti dalla sala dove la trattativa procedeva a rilento e senza prospettive, per cercare un telefono. E' cominciata una se rie di consultazioni febbrili sul filo diretto Torino-Roma, Poi, alle 7,30, i dirigenti della Fiat hanno presentato un «pacchetto» di nuove proposte che, a giudizio della Firn potevano far riprendere quo ta al negoziato e i colloqui sono stati aggiornati a venerdì pomeriggio Dell'andamento del negoziato veniva tenuto informato telefonicamente il presidente della Fiat e della Confindustria, che si trovava a Roma per il negoziato col governo e la Federazione sindacale. Quando i colloqui sono ripresi lo scoglio è stato superato (sia pure faticosamente) perché le parti si sono rese conto » : che troncare fin dall'inizio il a o a a «dialogo nuovo» aperto tra l'azienda e il sindacato era pericoloso, in un difficile momento congiunturale per l'economia del Paese. Da quel momento la tratta- tiva si è incanalata, lentamente, nella buona direzione. Ma dovevano trascorrere ancora gran parte del pomeriggio di venerdì e un'intera nottata di contrattazioni estenuanti prima di arrivare ad una concreta formulazione dell'accordo che limita al minimo le riduzioni di orario alla Fiat e dà certe garanzie ai fornitori, la cui attività è legata a filo doppio alle commesse della grande industria dell'auto. Questa di gennaio ora la prima applicazione pratica della linea di verifiche periodiche, codificata nell'accordo romano del 30 novembre scorso. Un appuntamento importante che non doveva fallire perché avrebbe significato il ritorno allo «scontro frontale» dell'autunno '74. Arrivare ad un'intesa non è stato facile. Ma non poteva essere altrimenti se si tiene conto delle tensioni che caratterizzano il mondo del lavoro. Se la «gestione concordata» ha resistito malgrado Fiat e sindacati oggi siano costretti ad amministrare una crisi, c'è la fondata speranza che questa formula possa dare risultati ben più soddisfacenti quando si tratterà di gestire la ripresa. Roberto Ballato

Persone citate: Aldo Baro, Bruno Fernex, Paolo Annibaldi, Vincenzo Mattina

Luoghi citati: Roma, Torino