"Non lo avessi mai conosciuto ha detto la donna ferita da Olmo"

"Non lo avessi mai conosciuto ha detto la donna ferita da Olmo" Il racconto dell'amica dell'ex ergastolano alessandrino "Non lo avessi mai conosciuto ha detto la donna ferita da Olmo" La simpatia fra i due era nata nel '66 - "Mi sembrava buono" - Ma dopo aver letto il memoriale sul duplice omicidio cambiò idea - La lite sui risparmi dell'uomo (Dal nostro inviato speciale) Ortisei, 17 gennaio. «Non lo avessi mai conosciuto», e scuote anche la testa per rafforzare la sua affermazione. E' una signora fine, castana, occhi azzurri; la sua pelle rosea s'intona bene con la leggera pronuncia tedesca. Tiene la mano sinistra, fasciata, a mezz'aria, davanti al petto. Chiara Plankesteiner, 50 anni, nativa di Bolzano, divorziata, madre di due figlie. Lavora come cameriera in una pensione sopra Ortisei. Mi sta raccontando la sua storia in un salottino appartato. «Immagino siano cose riservate», ci ha detto la padrona, invitandoci ad entrare in questo locale. Aveva perfettamente capito il perché della visita. Fuori nevica, la prima neve, da tanto attesa. Nella pensione sono in pochi, ma di questi pochi si sente l'euforia, ogni tanto giunge un frammento di voce allegra: domani si scierà. Lei no; Chiara Plankesteiner è tutt'altro che felice. Nella mano sinistra le hanno dato dieci punti di sutura; un ex ergastolano, il ben noto Emilio Olmo, di Alessandria, 62 anni, ha tentato di ucciderla. Olmo è uscito dal penitenziario di Porto Azzurro l'il dicembre scorso, non per grazia, ma per sospensione della pena perché malato. Nel 1954, ad Alessandria, aveva ucciso a colpi di mazza la moglie e il marito dell'amante. «Io, che so cosa vuol dire essere sola perché sono separata da mio marito da diciotto anni, gli avevo offerto dell'amicizia, dell'affetto, quel che io stessa desideravo. Non so che cosa lui aveva capito, che cosa si aspettava, che cosa pretendeva». La storia si inizia nel 1966. Chiara è in gita nell'isola d'Elba con la figlia minore, Maurizia, che aveva nove anni. Va, come tutti i turisti, a visitare l'ingresso del penitenziario di Porto Azzurro. Di fronte al posto di guardia, oltre il primo portone che rimane sempre aperto, c'è la bottega nella quale si vendono gli oggetti fabbricati dai detenuti e come bottegaio c'è un ergastolano, Emilio Olmo. «Chiacchieriamo, nasce una simpatia. Io torno a Bolzano, gli scrivo, luì mi risponde. Lo scambio di lettere continua. Mi sembra un uomo buono: forse, penso, ha sbagliato: tutti si può sbagliare a questo mondo. Torno a trovarlo dopo qualche settimana e anche successivamente. In quel primo anno ci sono andata nove volte, sempre in compagnia di Maurizia. Lui mi diceva: "L'importante è che tu venga, non ti preoccupare per le spese, ci penso io". E, infatti, mi mandava dei vaglia, ogni tanto ». Gli incontri avvenivano sempre nella bottega. Due anni dopo, il ministero concesse l'autorizzazione per regolari colloqui nell'apposita sala. «Parlavamo anche del perché della sua condanna. Mi spiegava che aveva ucciso quei due per legittima difesa ed io gli credevo. Andavamo d'accordo, io ero contenta di fare quell'opera buona, non mi chiedevo dove si sarebbe arrivati, mi bastava compiere un'azione di carità». Nel 1968, Olmo comincia a percepire una pensione di invalidità, circa quarantamila lire al mese, ed è in grado, unendo questa somma alle mance percepite nella bottega, di inviare vaglia sempre più consistenti. «Era generoso, ripeteva che con quei soldi intendeva rimborsarmi le spese per i miei viaggi. Faceva anche dei regali a Maurizia: una volta una radio, poi un registratore, un dizionario tedesco ». Olmo ripeteva che presto avrebbe ottenuto la grazia, sarebbe potuto uscire. La grazia, infatti, l'aveva chiesta, ma mentre riusciva ad avere il perdono da parte della sua ex amante, Matilde Calomino, alla quale aveva ucciso il marito, Francesco Danetto, ciabattino suo dipendente, e dai loro figli, non l'aveva ottenuto dai parenti del Danetto e dai parenti della propria moglie, Costantina Masuello, che aveva ucciso all'età di 39 anni. «Parlava della grazia e del momento in cui sarebbe uscito — racconta la Plankesteiner — e io lo ascoltavo poco convinta; comunque non facevo né con lui né con me dei piani per il dopo. Mi sentivo pronta ad aiutarlo, non di più. Poi, intorno al '70, mi ha consegnato il memoriale che da tempo stava scrivendo e io l'ho letto. Era la sua storia. Per me è stata come una doccia fredda. Attraverso quel racconto ho capito che non aveva ucciso per legittima difesa, mi sono resa conto che c'era ben altro, dietro, c'era la relazione con la moglie del suo dipendente. Allora ho sentito che qualcosa sì spegneva in me. Tiravo avanti la relazione, ma allentandola: diradavo le visite, scrivevo solo ogni tanto ». Emilio Olmo continuava però a spedire vaglia e lei li accettava. «Per le spese di viaggio — dice — e anche per continuare ad aiutarlo poi, nel caso che davvero ottenesse la libertà». Nel '73 Olmo è colpito da una paresi, ha difficoltà a muovere il braccio destro e la gamba destra. Viene giudicato grave dai medici; s'avvia, su questo motivo, una nuova pratica, per la sospensione della pena possibile appunto in caso di malattia, anche se non sono stati concessi i perdoni indispensabili per la grazia. Sembra grave, ma in effetti si riprende: quando nel dicembre scorso riesce ad ottenere il nullaosta per lasciare il penitenziario di Porto Azzurro, cammina quasi speditamente. L'ex ergastolano va dapprima a Fossano, da un nipote, e il giorno 30 dicembre è' a Laives, paese a dieci chilometri da Bolzano dove Chiara Plankesteiner ha la sua abitazione. «Io — dice la donna — gli avevo scrìtto per avvertirlo di non venire qui direttamente, perché non mi avrebbe trovato in quanto lavoro a Ortisei e poi avremmo dovuto discutere prima di come potere sistemarlo. E invece lui è piombato a Laives, mi ha trovata per caso e io l'ho tenuto in casa il tempo di fargli il caffè. L'ho subito accompagnato a Bolzano e gli ho procurato una sistemazione presso un dormitorio gestito da frati. Ero preoccupata, si andava accentuando in me quella paura che m'era nata a poco a poco quando avevo letto il memoriale. Voleva che parlassimo del denaro, dei nostri conti, e io gli avevo detto di sì, che gli avrei dato tutto quello che rimaneva dopo avere detratto le spese per ì viaggi. In nove anni sono andata a Porto Azzurro circa venticinque volte, sempre accompagnata da Maurizia. Comunque ero pronta a pagargli l'affitto di un alloggio in Val Pusteria, presso la casa di mio fratello, per tutto il resto della sua vita. Ma capivo che lui intendeva vivere con me, cosa che io assolutamente non potevo accettare». L'Olmo torna a rivedere la donna il 5 gennaio scorso, ripete la richiesta di stare con lei e di fare i conti. Parla di otto-dieci milioni. «Ho capito che non doveva nemmeno essere a posto con la testa. Quella cifra era assurda. Io ho conservato tutte le ricevute dei vaglia, sono quarantatré per un importo di tre milioni e 460 mila lire, cui si possono aggiungere certe piccole somme avute a mano, in occasione delle visite. Non certo otto o dieci milioni». E cosi si arriva a martedì mattina. La Plankesteiner è a casa, in permesso. Alle sette e mezzo sente suonare. E' lui. Lei non apre, gli dà appuntamento alla stazione di Bolzano. Lui insiste, si mette a chiamarla sotto la finestra. «Allora gli ho detto di avviarsi, l'avrei raggiunto. Poco più lontano l'ho fatto salire sulla Volkswagen. Abbiamo incomincialo a discutere abbastanza pacatamente, ma lui parlava di dieci milioni, io dicevo che non era vero e gli prospettavo una sistemazione diversa da casa mia. A un tratto ha tirato fuori un coltello. "Allora questa è la tua fine" ha detto e mi ha sferrato un colpo. Istintivamente mi sono riparata con la mano sinistra che è stata colpita, poi sono riuscita ad afferrargli il braccio destro, quello un po' colpito dalla paralisi e a trattenerlo. Intanto l'auto è I finita contro un muro. Sono | scesa urlando, lui è scappato dalla parte opposta». L'Olmo è stato arrestato la mattina successiva. Era sanI guinante, s'era colpito al bas| so ventre, dice perché voleva uccidersi, ma le ferite sono leggere. In base a questa dichiarazione la denuncia per l'ex ergastolano è di tentato omicidio. Domani il sostituto procuratore dottor Cerqua andrà a interrogarlo nell'infermeria del carcere. Remo Lugli Emilio Olmo