Oggi la conferenza al Carignano di Mimmo Candito

Oggi la conferenza al Carignano Oggi la conferenza al Carignano McCarthy, portavoce dei giovani americani Il leader pacifista, sconfitto nel 1968, ha impersonato gli ideali del dissenso - Parlerà su "Una presidenza più responsabile" Il senatore Eugene Me Carthy inizierà oggi alle 18 al Carignano la sua tournée italiana. Per i «Venerdì letterari» dell'Aci parlerà sul tema «Verso una presidenza più responsabile». La conferenza sarà in lingua inglese con traduzione; si ripeterà domani a Genova, all'Auditorium della Fiera del Mare, lunedì 20 al Piccolo Teatro di Milano, martedì 21 all'Eliseo di Roma e giovedì 23 al Teatro Piccinni di Bari. Eugene McCarthy era la rivolta dei giovani contro la guerra in Vietnam. Il volto sudato dal lungo sermone, Martin Luther King cantava: «Questa non è una scelta fra violenza e non violenza. Ma fra la fine della violenza e la fine dell'umanità». Cinquantadue anni allora — era il 1968 — alto e grigio come un prete irlandese, ispirato e visionario come l'America delle grandi praterie, «Gene», senatore democratico della contea di Ramsey, stato federale del Minnesota, correva la lunga corsa verso la Casa Bianca. A fianco aveva l'ansito di Johnson e dei generali del Pentagono, ma da dietro lo spingevano dolcemente i lunghi cortei canori dei giovani pacifisti. «We shall overcome», cantava tenera e vibrante la chitarra di foan Baez. Il soldato Stanley Dembosky aveva scritto dal Vietnam: « Caro papà, mi sembra che qui sia più o meno come Santo Domingo, dove stavo prima. Anche qui la gente muore di fame, veste di stracci, e quello che si vede in giro è uno spettacolo disgustoso. Io conto i giorni, me ne restano centodieci. Ma sto male per l'odore dei morti». // soldato Stanley Dembosky, 19 anni, moriva due giorni dopo questa lettera. Il Vietnam, la violenza che si fa cronaca ogni giorno alla televisione, nel tonfo ovattato dei colpi di mortaio. L'America si copriva di fragole e sangue, i giovani se ne ritraevano inorriditi. B. A. Burnham, 19 anni, Croton on Hudson, lettera di New York Times: «Per noi la parola Vietnam ha il suono del terrore e l'immagine della morte». L'America puritana, orgogliosa, calvinista, che aveva liberato l'Europa dal nazismo e voleva salvare il mondo dal comunismo, non capiva il Dissenso. «I giovani marciano, organizzano dimostrazioni in favore dei nemici del nostro paese», scriveva il Time. E venne invece McCarthy. Docente d'economia, cattolico, quattro figli, una segreta vocazione poetica e il ricordo d'un anno passato in un convento benedettino, a un passo dal farsi monaco. «Ma ora sono l'unico senatore americano che sa cosa siano gli otto gradini d'umiltà negli esercizi spirituali. L'ottavo è il più difficile e il più pericoloso: è deve l'umiltà assomiglia — fin quasi a esserne indistinguibile — all'orgoglio». Era il divertito senso dell'umorismo, ma anche lo spirito profondamente religioso (l'impegno quasi d'una missione), con i quali Eugene McCarthy resse la sua breve corsa per la Convention democratica del 1968. Per primo, penetrò in quella «regione del distacco» in cui si erano autoesiliati i giovani americani, facendosi pacifista tra pacifisti e ideologo tra asselati d'ideologia. Johnson reagì con lo sprezzo che gli dava la sua lunga esperienza dell'apparato dei partiti. «Questo non è il genere di controversie politiche che dovrebbe esser lasciato in balia dei dilettanti della politica e di una crociata di ragazzi», disse. E inventò inconsapevolmente uno slogan che conquistò i campus delle università. Era nata la «crociata dei ragazzi». I ragazzi erano il Movement. ti Core, il Vvaw, lo Snvcc, la New Left, Alien Ginsberg, la chitarra di Joan Baez, i capelli lunghi di Bob Dylan, la ribelle tradizione del radicalismo minoritario del New England. Fu una stagione breve, la stagione delle illusioni e dei miti, quando ragazzi barbuti bussavano porta a porta per chiedere un voto per «Gene». E «Gene» significava — anche confusamente — la speranza d'un modo nuovo di vivere, la dolcezza dei giovani, 1 diritti dei negri, il rifiuto della nevrosi atomica. Per questo, le porte venivano quasi sempre sbattute in faccia ai propagandisti d'un sogno. II senatore dei ragazzi vinse su Johnson, che dichiarò di ritirare la propria candidatura; ma era destinato alla sconfitta. Come le migliaia di studenti che, impermeabili sottili e scarpe di tela, gli facevano la campagna elettorale in quella rigida primavera di nove anni fa. Sconfitta, di fronte all'apparato organizzativo dei Kennedy e alla mitologia fattasi persona in Robert Kennedy. Sconfitta, di fronte alla logica necessità di partito e alla vecchia America stevensoniana di Humphrey. Il volo della « colomba » fu breve, e la guerra continuò con «gli sporchi trucchi» di Nixon. Dylan e la Baez diventarono commercianti dell'Alternativa, i sogni di Frisco si persero nel vo¬ lo acido, i morti di Kent furono dimenticati, come la speranza di cambiare il mondo. Ora il Nobel assegnato a Kissinger dice che in Vietnam c'è la pace, anche se la gente — asiatici, non più giovani americani — continua a morire. Come quando «Gene» correva per la Casa Bianca. Pochi giorni fa, il senatore McCarthy ha dichiarato che intende riprendere quella corsa. I giovani americani, dove saranno nel 1976? Mimmo Candito