I gerontocrati dell'Urss di Paolo Garimberti

I gerontocrati dell'Urss MOSCA, UN OROSCOPO PER BREZNEV I gerontocrati dell'Urss L'immutabilità delle cariche è stata la bandiera dell'attuale direzione: durerà? (Dal nostro corrispondente) Mosca, 14 gennaio. Leonid Ilic Breznev ha 68 anni. Li ha compiuti il 19 dicembre e i deputati del Soviet supremo (il Parlamento), riuniti lo stesso giorno per la tradizionale sessione invernale, gli hanno tributato un applauso di due minuti, augurandogli per bocca del presidente dell'assemblea Aleksej Shitikov « buona salute e nuovi successi nella sua eminente attività per il bene del nostro partito leninista, di tutto il popolo sovietico e per la causa della pace nel mondo ». Dal 1952 Breznev fa parte del « Politbjuro » (l'ufficio politico del pcus, che allora si chiamava ancora « Presidium »), dal 1963 è membro della segreteria e dall'ottobre 1964 è il segretario generale del Comitato centrale, cioè il « numero uno » del partito e del Paese. Ma fra i trenta uomini che gestiscono il potere nell'Urss (16 membri del «Politbjuro », 9 della segreteria, più 5 « candidati » al « Politbjuro ») egli non è il più anziano d'età, né di milizia al vertice del partito. Nell'era staliniana la rotazione dei quadri, a tutti i livelli, era garantita da quello che è stato definito il principio della « purga permanente », attuato nel più drastico e crudele dei modi. In epoca krusceviana vigeva il medesimo principio, benché applicato con metodi indolori. L'immutabilità dei quadri a tutti i livelli è, invece, la bandiera della direzione attuale. Ad esempio, tra il 23° Congresso (1966) e il 24' (1971) nessuno degli otto vicepresidenti del consiglio dei ministri è stato cambiato e soltanto 4 dei 57 titolari dei ministeri sono stati sostituiti, mentre lo stesso Comitato centrale del pcus è rimasto invariato all'81 per cento. Questo spiega perché, nei 10 anni della « gestione Breznev », l'età media dei principali centri di potere si è talmente alzata (ed è ora di 58 anni per il Comitato centrale del pcus, 64 per il « Politbjuro » e 62 per la segreteria) fino a trasformare la leadership sovietica in una gerontocrazia senza eguali al mondo. Due eccezioni Il principio dell'immutabilità è stato rigidamente applicato (con due eccezioni: Shelest e Voronov, « espulsi » due anni fa) soprattutto al « Politbjuro » e alla segreteria, dove sono riuniti gli uomini più potenti e dove, dunque, più delicati e difficili sono gli equilibri interni. Secondo un'analisi statistica del maggio del 1974, basata sul numero delle circoscrizioni elettorali « vinte » da ogni dirigente in vista delle elezioni del Soviet supremo, la maggiore quantità di potere al vertice del partito è detenuta nell'ordine, e senza contare Breznev, dal capo dello Stato Nikolaj Podgorny, dal primo ministro Aleksej Kossighin, dal grande sacerdote dell'ideologia Michail Suslov, dal segretario del Comitato centrale Andrej Kirilenko, dal primo vice premier Kirill Mazurov, dal segretario del Comitato centrale Fedor Kulakov e dal presidente della commissione di controllo del partito Arvid Pelshe. Ad eccezione di Mazurov, 60 anni, e di Kulakov, 57, tutti questi uomini sono più anziani di Breznev e nessuno, salvo Kirilenko, sembra avere la capacità biologica di sostituirlo. Podgorny, 72 anni, è considerato un uomo senza ambizioni e, soprattutto, senza forti alleanze e clientele nel partito. Kossighin, 71 anni, è il dirigente più amato dal popolo sovietico e uno dei più preparati nel campo economico e politico. Ma è malato da tempo e, si dice, deluso per l'affossamento della riforma economica che portava il suo nome. Suslov, 73 anni, fu direttore della Pravda sotto Stalin, è membro della segreteria dal 1947, è passato indenne attraverso due sconvolgimenti politici al vertice del partito ed ha tuttora molto prestigio e forse anche molto potere: ma è malato d'ulcera, oltre che considerevolmente anziano, e ormai delega la maggior parte del lavoro ideologico al più «giovane» Boris Ponomarev, che a sua volta è appena entrato nella settantina. Pelshe ha 76 anni, non ha mai avuto molto potere e si attende soltanto che vada in pensione. Di questo gruppo, Andrej Kirilenko è certo l'uomo più potente. Tutti gli osservatori lo considerano il vero « numero due » del partito e i pochi diplomatici che hanno rapporti diretti con il Comitato centrale riferiscono che egli sostituisce Breznev nei periodi d'assenza. Kirilenko ha sei mesi più di Breznev, è uno specialista d'industria pesante e questa è stata per anni la sua principale occupazione nel partito. Ma da quando Vladimir Dolgich è entrato nella segreteria, tre anni fa, Kirilenko è stato apparentemente liberato da questa cura per dedicarsi a compiti più prettamente politici ed ideologici. E' un politico abbastanza abile, astuto e cinico da restare sempre in sella al cavallo giusto e da attirarsi le simpatie dell'apparato del partito, dal quale proviene. Il 6 dicembre 1973, quando gli toccò l'onore di pronunciare il rapporto annuale del partito, spese dieci minuti buoni ad elogiare Breznev, « incarnazione dell'autentico dirigente di stampo leninista». Ma, ad un controllo sui testi, si scoprì che tredici anni prima aveva detto le stesse cose di Kruscev in occasione di un'altra seduta pubblica. Dei 16 membri del « Politbjuro » soltanto quattro han¬ no meno di sessant'anni (Kulakov, Poljanskij, Shelepin e il primo segretario d'Ucraina Vladimir Scerbitskij) e due hanno appena varcato questa soglia (Mazurov e Andropov), ma nessuno sembra avere al momento le carte in regola per aspirare alla suprema carica del partito. Kirill Mazurov è considerato il successore naturale di Kossighin e tutto il suo curriculum sembra destinarlo appunto alla carica di primo ministro. Jurij Andropov ha indubbiamente molta autorità per il solo fatto di essere presidente del « Kgb », la potentissima polizia politica. Ma, per ovvie ragioni d'opportunità, è molto improbabile che possa passare direttamente (almeno senza una specie di « colpo di Stato » ) dalla direzione del « Kgb » a quella del partito. Fedor Kulakov è un uomo di Breznev, che, nel 1971, lo ha introdotto nel « Politbjuro » facendone uno dei quattro uomini più potenti del partito. Ma è uno specialista di agricoltura e l'assoluta mancanza d'esperienza internazionale sembra essere il suo principale e decisivo limite. Aleksandr Shelepin, 57 anni, e Dmitrij Poljanskij, 58, erano considerati, alla fine degli Anni Sessanta, i più probabili « delfini » di Breznev. Poljanskij era stato un enfant prodige del partito, entrando nel « Politbjuro » a soli 43 anni, nel 1960, e diventando nel 1965 primo « vice » di Kossighin. Shelepin, membro del « Politbjuro » dal 1964 all'età di 46 anni, era stato dapprima presidente del « Komsomol », l'organizzazione giovanile del partito, e poi del « Kgb ». Fallita rivolta? Ma le loro posizioni appaiono oggi molto indebolite per ragioni misteriose (si dice che scontino un fallito tentativo di « rivolta di palazzo », compiuto nel 1970 con l'appoggio esterno di Suslov). Poljanskij è stato declassato a ministro dell'Agricoltura e Shelepin presiede i sindacati, una carica onorifica in un Paese dove i sindacati hanno un ruolo soltanto passivo, ed entrambi figurano agli ultimi posti nella gerarchia del « Politbjuro ». Se il problema della successione di Breznev dovesse porsi in un futuro immediato, la sua soluzione sarebbe dunque molto complessa. Kirilenko sembra il candidato più probabile a una leadership limitata nel tempo, mentre a più lunga scadenza ogni pronostico è molto azzardato, anche perché la storia insegna che il fattore sorpre| sa giuoca spesso un ruolo dominante. Nel 1953 e nel 1964 ben pochi avevano puntato su Kruscev e su Breznev per la successione, rispettivamente, di Stalin e dello stesso Kruscev. Paolo Garimberti

Luoghi citati: Mosca, Ucraina, Urss