Folla al banco dei pegni di Remo Lugli

Folla al banco dei pegni Per la crisi il Monte di Pietà è un rifugio anche al Nord Folla al banco dei pegni A Milano o a Torino nessuno ha più vergogna di ricorrervi - Cambiano gli oggetti: più elettrodomestici che indumenti (Dal nostro inviato speciale) Milano, gennaio. Dove sono andate a finire le vecchine vestite di nero che un tempo entravano nel salone del Monte Pegni con un fagotto sotto il braccio e timidamente chiedevano se potevano impegnare un lenzuolo usato? I Monti dei Pegni non accettano più la l iancheria usata che nessuno poi, all'asta degli oggetti non riscattati, comprerebbe. Questi istituti sono termometri sensibilissimi che registrano gli alti e i bassi dell'economia, le variazioni del tenore di vita generale. Le vecchine, quando ancora si presentano, portano nel sacchetto di nylon il tostapane elettrico 0 il mangianastri. Incominciando da Milano e da Torino cerchiamo di vedere che cosa sta cambiando nei Monti Pegni in conseguenza della crisi. Il pubblico, prima di tutto. Il Monte è stato scoperto da categorie che anni fa nemmeno si sarebbero sognate di servirsene; lo disdegnavano, lo consideravano buono solo per i pezzenti. Ora, vinta la ritrosia della prima volta, ne varcano con indifferenza la soglia portando pacchetti o pacchi. Commercianti, artigiani, piccoli imprenditori sono, in larga misura, i nuovi clienti, sia a Milano che a Torino. «Una svolta decisiva si è registrata con la stretta creditizia, dice Renato Pugliese, direttore della sezione pegno del Monte di Credito su pegno di Milano. Privati dei fidi dalle banche che solitamente glieli concedevano, questi operatori economici si sono accorti che l'unica fonte di denaro è ancora il Monte il quale, tra l'altro, non ha seguito l'andamento del costo del denaro: tra interessi e tasse varie per assicurazione e diritti di custodia, il costo non supera il 16 per cento, mentre in banca si sa ^he si va oltre il 22. Chi più e chi meno tutti avevano acquistato negli ultimi anni dei cosiddetti beni di rifugio, oro, pietre preziose. Ed ora se ne servono per avere un prestito depositando questi beni da noi». / Monti si sono rapidamente aggiornati, modernizzati. Quando accettavano la biancheria usata rifiutavano 1 brillanti. «Adesso disponiamo di attrezzature di prim'ordine, dai microscopi ai raggi ultravioletti, dice Giuseppe Dansero, direttore del reparto pegni dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino, e i nostri periti sono in grado di valutare con estrema precisione il grado di purezza di qualsiasi pietra preziosa». C'è stata una corsa al deposito e non sono mancati anche tentativi di speculazione che, sia a Milano sia a Torino, sono stati stroncati. C'era ad esempio chi, approfittando della continua ascesa del prezzo dei brillanti, impegnava quelli acquistati per comprarne altri. In entrambi i Monti non ci sono tetti invalicabili, tuttavia le erogazioni sono contenute, le somme intorno al milione di lire sono già diffìcili da ottenere. Più si va in alto nel valore, più diminuisce la percentuale che viene concessa. Sulle pietre preziose il prestito può oscillare tra il 40 e il 60 per cento del valore di importazione, che naturalmente è molto inferiore a quello del negozio. Agli sportelli di consegna si vedono facce tristi e quasi sempre deluse. «Ma io l'ho pagato tanto di più» si sente ripetere. A volte qualcuno insiste, cerca di ottenere una somma maggiore. «Se ci rendiamo conto della reale necessità di quella operazione, dice Pugliese, possiamo anche acconsentire a concedere qualcosa in più, riservandoci di decurtare il surplus al momento del primo rinnovo. Il fatto è che noi non paghiamo l'oggetto, semplicemente concediamo un prestito su di esso e dobbiamo limitarci a una quota tale che, gravata degli interessi e delle spese, ci consenta poi, se quell'oggetto non verrà riscattato e andrà all'asta, di venderlo con facilità». Le valutazioni dei periti devono anche tener conto del tempo che intercorrerà tra la concessione del prestito e l'eventuale vendita all'asta. L'oro, ad esempio, soltanto da pochi mesi viene pagato mille lire al grammo (prima era sulle 700). «Nemmeno quando il mercato libero ha toccato punte di quattromila lire noi siamo andati oltre le mille lire, dice Dansero, e questo perché non sappiamo cosa succederà fra sette mesi quando andremo a vendere una parte di quegli oggetti comperati oggi. Del resto chi non riscatta il proprio prezioso ha il diritto di venire a ritirare il "sopravanzo", cioè la quota che si è ricavata oltre il prestito concesso, tolte le spese e gli interessi, naturalmente». Questo del ritiro del sopravanzo è un diritto valido per cinque anni. Sulla polizza, fra le varie norme, c'è scritta anche questa, ma a caratteri piccolissimi e a molti passa inosservata. Dopo i cinque anni i sopravanzi giacenti vengono incamerati dal Monte che li devolve in beneficenza. Tra i due estremi, della biancheria usata di una volta e i brillanti del giorno d'oggi, c'è una grande varietà di oggetti. La qualità del pegno è migliorata, rispecchia il tenore di vita medio. Entrano nei magazzini dei l Monti l'elettronica con le apparecchiature stereofoniche di alta fedeltà e la moda con la pellicceria. Gli elettrodomestici stanno subendo una cernita: sono escluse le lavatrici, ad esempio, e tutti gli altri apparati troppo voluminosi. Sono accettati i televisori, se piccoli e funzionanti. Molti i tappeti orientali, uno degli ultimi beni di rifugio. A Torino assisto al deposito di un Isfahan di tre metri quadrati, acquistabile forse per 500 mila lire; il prestito concesso è di 250 mila. Sempre a Torino viene proposta una collana di perle coltivate, quattro fili a girr collo con fermaglio di brillantini. Due periti l'esaminano a lungo, si consulta- ! rzo, offrono 80 mila lire conI tro un valore commerciale | d'importazione non di nego! zio di 150 mila. (Il perito riI sponde in proprio del capitale prestato: se l'oggetto sarà invendibile perché lui ha sbagliato la valutazione, dovrà tenerselo e rifondere all'istituto la quota concessa. Nel caso di questa collana, colui che la consegna è un corrie- re che viene da Genova: ha avuto l'incarico da un gioielliere che, per riservatezza, preferisce servirsi del Monte di una città diversa dalla sua. «Questo ricorrere a un Monte di un'altra città, dice Dansero, diventa sempre meno frequente. Va perdendosi l'ingiustificato concetto disonorante del pegno. Ci si serve del Monte come per una normale operazione bancaria, tra l'altro conveniente. Ancora una volta, specie in tempo di crisi, i Monti di Pegno stanno assolvendo la loro funzione che è quella della pubblica utilità, difendendo il cittadino dal pericolo dell'usura. E' evidente che in questo periodo in cui c'è penuria di liquidità di denaro i commercianti, gli artigiani, i piccoli impresari che ricorrono a noi, se non avessero questa possibilità cadrebbero nelle mani degli strozzini». Nella seconda metà di dicembre agli sportelli degli svincoli c'erano lunghe code. La tredicesima mensilità ha consentito a molti di riscattare oggetti che avevano impegnato. C'era anche chi, dopo avere riavuto il proprio sacchettino d'oro (la catenina, l'anello, la spilla), si spostava di mezza sala e andava davanti allo sportello dei depositi. Tornava a pignorare a mille lire il grommo l'oro per il quale prima aveva avuto settecento o addirittura solo quattrocento lire, a seconda del periodo in cui lo aveva depositato. Da parecchi anni il numero dei depositi andava via via diminuendo: a Torino il 1° gennaio '73 erano giacenti 63 mila partite e il 1° gennaio '74 erano scese a 53 mila; ma da quella data è ricominciato l'aumento, categorie nuove hanno scoperto il Monte dei Pegni, la crisi incominciava a farsi sentire. Adesso siamo a 59.200 giacenze di cui 49 mila di preziosi. A Milano la risalita è stata un po' più tardiva: 120 mila pegni il 1" gennaio '73, 92 mila il 1" gennaio '74 e centomila oggi. Aumentano i depositi e aumentano, in misura notevoli mente superiore, le somme sborsate: Torino attualmente è nell'ordine di circa tre miliardi di lire, Milano di dieci miliardi. «Quest'ultimo incremento, dice Pugliese del Monte di Milano, è superiore all'aumento del tasso nazionale d'inflazione e dei prezzi, cioè sta a significare che i cittadini vengono a portare beni sempre di maggior valore. Del resto basta considerare le pellicce: ne abbiamo in magazzino 18 mila (orano 35 mila nel pieno dell'estate quando molti le depositano per metterle al sicuro dai ladri e dalle tarme)». I tempi sono cambiati da quando c'era chi depositava le lenzuola usate, ma l'amarezza di chi ha bisogno ha sempre lo stesso sapore. Lo sanno bene le donne che, in questi giorni di gennaio, pensano alle loro pellicce che non possono indossare. Remo Lugli 111111111 ■ 1111 ■ 11 [> 111 ■ Il i ■ 111111111111 ■ 11 II i ■ 11 ■ i m i ■ i ■ i II i ■ Vivaci discussioni in un mercato rionale: il primo scontro provocato dall'aumento del costo della vita (telefoto Team)

Persone citate: Dansero, Giuseppe Dansero, Pugliese Del Monte, Renato Pugliese