La signora Grasso governatore in Usa

La signora Grasso governatore in Usa RITRATTI AMERICANI La signora Grasso governatore in Usa (Dal nostro invialo speciale) Hartdford, gennaio. L'aria del Connecticut in un giorno di gelo frizza come spumante. E tuttavia è un po' esagerato il signor Mancuso. Mi dice: « La guardi, ma non è bella? ». Ella Grasso, nuovo governatore del Connecticut, scortata dai suoi poliziotti col cappellone che sembrano usciti da una storia dell'orso Yoghi, si volta e sorride. Bella, non direi. Ha un sorriso di maestra, mite e testardo. Un sorriso di provincia italiana, tra Tortona e Voghera. Credo che la chiave del suo successo sia qui, l'essere rimasta una scrupolosa provinciale del Nord italiano. Da noi sarebbe diventata uno di quei pochi consiglieri comunali che volonterosamente si danno da fare, proteggono i parchi, fanno a tutti i costi attraversare la strada ai bambini. Qui è diventata la prima donna a ricoprire la carica di governatore. E in uno Stato non secondario, come il Connecticut. I poliziotti ci lasciano, imbarazzati dalla scarsa marzialità del corteo. Ed entriamo nella moschea che è il palazzo del governatore ad Hartdford, Connecticut. Chissà perché hanno messo piastrelle, colonne, logge, archetti e passaggi come nelle « Mille e una notte » di un telefilm a basso costo. Ella Grasso si guarda intorno estasiata. Indica corridoi e scalette che farebbero la felicità di Bunuel se facesse un film sul potere in provincia. Ci trottano intorno, con un certo rumore, ragazzine in zoccoli e occhiali sulla punta del naso. Ella Grasso non sarà una femminista ma ha riempito la moschea di donne che ciabattano (colpa della mania salutista per gli zoccoli, gran moda in America) con carte, libroni, registratori portatili, che appendono ritratti e incollano manifesti del nuovo governatore. Dev'essere molto noioso per il governatore uscente, che infatti sta chiuso nel suo studio, protetto da un paio di signori in grigio, e non ha voluto cedere l'ufficio (« quello vero », precisa Ella Grasso) neppure un minuto, per l'intervista e per le fotografie con il lampo che le ragazze di scorta si ostinano a fare come se stesse passando non Ella Grasso ma Élla Fitzgerald. ★ * La Grasso comunque non perde la pazienza o il sorriso. Trova una stanzetta modesta, la sequestra con gentilezza e subito la sua squadra di donne la occupa, appende il ritratto, dispone manifesti e striscioni e bene in vista lo slogan: « Un governo aperto, una legge che risponde alla gente, un amministratore che si fa trovare da tutti ». Almeno due delle donne di scorta svolgono anche mansioni di informazione. Ciascuna protende il microfono e chiede un'intervista esclusiva. Devo dire che cosa penso, da italiano, del nuovo governatore. Ella Grasso si è seduta, ha davanti due o tre microfonigiocattolo della sua sezione « Comunicazioni e notizie », e ha messo anche lei i suoi quaderni sul tavolo, spostando con garbo le carte di chi ha abitato prima di lei quell'ufficio. I quaderni hanno la fodera a fiori e neppure una pagina con « l'orecchio d'asino ». Donne e ragazze della scorta (lei dice: il mio team) si raccolgono in un silenzio perfetto. Prima cosa mi hanno dato il caffè, poi il suo curriculum, in modo da preparare bene le mie domande. Mi guardano, dietro i loro occhialini, con l'aria di detestare ogni improvvisazione. Dunque leggiamo il curriculum. Ella Grasso è una che ha fatto di tutto, fin da bambina. Ha fatto tutte le scuole, ha preso tutti i premi, e non ha mai perso un colpo. Sarà stata una bambina ostinata a cui premeva soprattutto di non essere neanche un centirn:tro dietro le ragazzine bionde del le buone famiglie anglosassoni. Non si è lasciata fermare neanche dal classico pregiudizio di quasi tutte le famiglie italiane: la scuola cattolica. Ella Grasso è passata in una serie di posti giusti, ha preso i voti giusti e, cosa abbastanza rara nella sua generazione c per una donna nata nel 1919. non si è fermata né alla scuo la media né alla prima laurea. Con la guerra ci vogliono donne. E chissà come questa signoia che sarà stata una ragazza bruttina ma del tutto senza complessi e con lo stesso sorriso, diventa subito incaricata di qualche cosa e poi capo di qualche cosa e poi capo del capo di qualche cosa. Finché finisce con onorificenze e tributi, per i servizi resi alla patria. Sembra un film di Frank Capra. E subito, come in un film di Frank Capra, Ella Grasso, non ancora trentenne, comincia a presentarsi alle elezioni locali, regionali, statali, nazionali, e vince, vince, vince, a un certo punto va a Washington e ci resta fino ai giorni nostri, quando diventa governatore. Intanto ha fatto parte di tutti i comitati possibili, sia con Kennedy che con Johnson. E allora c'è da domandarsi se il celebre handicap delle donne a un certo punto non diventi un vantaggio, come per i pochi negri che l'hanno spuntata. Ogni volta che serviva una donna avranno scelto lei, così attiva e volonterosa. Solo che, guardando bene questo curriculum, noto che entra sempre in un gruppo come terza o seconda e ne esce al vertice, qualunque cosa sia, dalla scuola locale al committee presidenziale. Dunque non resta che farla parlare. E' a questo punto che le sue donne entrano in un silenzio perfetto, come un nirvana. E benché io mi distragga alle prime battute, perché c'è un po' di grigiore nella vita di Ella Grasso, come in quella di tante persone esemplari, devo intanto notare una cosa: la sua voce. Non solo perché il suo inglese è delicato e impeccabile, senza la minima traccia di gruppo etnico. Ma anche perché è la voce tranquilla e rassicurante in cui uno psicologo tutto troverebbe meno che la aggressività e la competizione. Se mai una voce un po' sensuale. Questo corpo non smagliante di grazia è abitato bene. Si affaccia allo spioncino degli occhi un radar attento. Questo radar controlla e comanda, travestito da casalinga. Come donna Ella Grasso sembra decisa a non cedere a niente. Ma è chiaro che tutto ciò per lei è naturale. Pare che all'interno del suo partito sia molto brava, mediatrice paziente, manovratrice calcolata. Il fatto è che alla fine non fa mai l'ombra di altri. Fa capire che due molle l'hanno spinta: risalire il fatto di essere donna. E risalire il fatto d'essere figlia di emigranti che parlavano poco e male l'inglese. ★ ★ Ma qui veniamo a un punto importante: Voghera. La Grasso veniva da un'Italia orgogliosa e senza complessi, con un'identità chiara e dunque molta voglia di riuscire ma nessuna di mimetizzarsi, anche se a occhio non ha niente di ciò che un anglosassone chiamerebbe « il tipo italiano ». Scrupolosamente si annota due nomi che le dico, Arbasino e il sarto Valentino, che sono come lei di Voghera. Ha l'aria di dire: voglio verificare. Quando sceglie di parlare italiano (lo parla correttamente, con le vocali larghe del confine lombardo-piemontese) le sue donne sussurrano: « Lo sa bene? E' brava? ». Ma si aspettano, quando si parla di lei, solo una risposta celebrativa. Non so se è dipeso da lei o l'ha fatto d'istinto. Ma di certo la Grasso ha smorzato ogni « italianismo » nel senso italo-americano della tradizione. E le sue donne la guardano come una che vale di più, e non trovano in lei niente di esotico. Una cosa mi sembra sicura. Ella Grasso non finisce la sua carriera in questa moschea. Non passerà molto tempo e vorranno una donna, magari alla vicepresidenza. Henry Jackson, candidato democratico di punta, l'ha appena detto: « Ella Grasso e io faremmo una bella coppia ». Il tocco di scrupolosa maestra si sente anche nel suo parlare del modo di fare il governatore. Sembri montessoriana, Ella Grasso, a causa della voce intonata e del buon sorriso. Ma è una dura che persuade con le buone manieic. Ha due problemi: confrontarsi da cattolica con i nodi che presto o tardi verranno fuori, come l'aborto. E qui dice con la sua solita soavità che «è un errore parlare di queste cose col tono di uno che impone invece di persuadere o discutere ». E in questo modo spiega perché tanti americani si sono irritati per la presa di posizione del Vaticano sull'aborto: il tono di un linguaggio fra autorità e autorità, quella religiosa e quella civile, invece del discorso fatto alle coscienze per ragioni di fede. Il secondo problema: la macchina del governo e la sua crescente difficoltà anche nell'ambito di uno Stato. E specialmente per una democratica come lei che crede nell'intervento continuo del governo nella vita sociale. Lei rovescia in questo modo l'antica polemica fra governo che interviene (la linea Roosevelt-Kennedy) e governo che non interviene se non nei fatti essenziali (la posizione classica repubblicana). «Si sprecano tanti soldi e tanta gente in mille controlli inutili, di burocrazia, di polizia. Io lascerei la gente più libera, trascurerei un po' le piccole cose e mi occuperei delle cose su cui la gente conta di più: i trasporti, le tasse, le scuole e gli ospedali. La gente soddisfatta obbedisce alla legge molto di più e ha bisogno di meno multe e meno sceriffi ». Le sue ragazze approvano con entusiasmo. « Ma vorrebbe andare a Washington? ». « Oh santo cielo, sono in polìtica, no? ». Congiunge le mani e sorride. Sembra che dica: indovinate, bambini. Uj signore con i capelli bianchi e gli occhiali che è entrato alla fine e si è seduto in silenzio è il dottor Grasso, direttore didattico, consorte del nuovo governatore. Furio Colombo Ella Grasso con il marito. Emigrata da Voghera, è governatore del Connecticut