Una storica riforma nella scuola italiana di Felice Froio
Una storica riforma nella scuola italiana Nascono i "consigli di classe,, Una storica riforma nella scuola italiana A febbraio, per tre domeniche successive, si voterà nelle scuole Venti milioni di cittadini — i genitori degli alunni, i docenti, il personale non insegnante, gli studenti delle superiori — saranno chiamati alle urne. Ci saranno circa trecentomila seggi, con più di un milione tra presidenti e scrutatori. La macchina elettorale è partita da alcune settimane e le prime scadenze — la nomina delle commissioni elettorali — sono cadute proprio durante le vacanze natalizie: nelle scuole materne, elementari e nelle medie le commissioni sono state già costituite, nelle superiori dovranno essere nominate entro stasera. Nelle prossime settimane direttori didattici e presidi ultimeranno le altre operazioni: elenchi degli elettori, presentazione delle liste, costruzione dei seggi. Il 9 febbraio si voterà nelle elementari, il 16 nelle medie, il 23 nelle superiori. In silenzio, superando ostacoli di varia natura, direttori e presidi, con la collaborazione del personale non docente e degli insegnanti, hanno smentito coloro che si erano affrettati a prevedere il rinvio delle elezioni per l'incapacità tecnica delle scuole ad attuare le numerose operazioni preliminari. E' la prima risposta della scuola a chi ha tentato di inventare ostacoli insormontabili e difficoltà d'ogni genere. Con il voto di febbraio, ogni scuola avrà un consiglio di classe e un consiglio d'istituto (per le elementari si chiamano consiglio di interclasse e di circolo). Per la prima volta entrano nella scuola, con un ruolo ben preciso, i genitori degli alunni; gli studenti delle superiori avranno i loro rappresentanti negli organi collegiali. Entra nella scuola — almeno così dovrebbe essere — la realtà sociale che la circonda. Si dovrebbe rompere quell'isolamento in cui erano cadute le nostre scuole, tanto de precato dai pedagogisti, dai so ciologi, oltre che dai politici. Il successo dei consigli di classe e d'istituto dipende in gran parte dal ruolo che sapranno svolgere i genitori. Da più parti viene avanzata la preoccupazione per l'atteggiamento che essi terranno: finora il padre o la madre dell'alunno sono entrati a scuola con aria dimessa o con un senso di timore, in ogni caso in condizioni d'inferiorità. La scuola ha sempre rappresentato la cultura, i presidi e gl'insegnanti, l'autorità. Il rapporto con i docenti si era ridotto alle informazioni sul comportamento dei figli, alla richiesta di notizie sulla promozione. Inevitabilmente questo rapporto ha messo i genitori in una situazione subordinata. Da qui la preoccupazione che l'operaio, il contadino, che tra l'altro hanno meno tempo da dedicare alla scuola, non si presentino candidati, lasciando ai professionisti, agli impiegati, ai dirigenti di rappresentare i genitori degli alunni negli organi collegiali. Sarebbe un grave errore. La scuola ha bisogno di arricchirsi con il contributo che viene anche dai lavoratori; la cultura non si misura con i diplomi, ha bisogno dell'esperienza di vita. E' diffusa la preoccupazione che i partiti strumentalizzino le elezioni nelle scuole per fini politici. C'è stato da parte di tutti i partiti un preciso impegno per evitare questo rischio; per ora non ci sono segni d'un atteggiamento diverso, ma siamo lontani dal voto per poter escludere un'inversione di tendenza. I partiti hanno ormai deciso la loro linea politica e d'ora in poi lo sforzo sarà quello di seguire le varie situazioni in periferia per un collegamento con forze omogenee: prima per scegliere i candidati, poi per far prevalere le liste. La posizione dei partiti nei riguardi dei decreti delegati è questa: nettamente contrari i missini, molto critici i liberali; gli altri, anche se non mancano molte riserve a sinistra, sono favorevoli. Sostanzialmente positivo il giudizio dei sindacati dei lavoratori, mentre quasi tutti i sindacati autonomi della scuola si occupano dei riflessi che i nuovi organi collegiali potranno avere sulla categoria. I sindacati confederali stanno mobilitando i lavoratori: in numerose province, le segreterie locali della Cgil, Cisl e Uil hanno trovato un modo per un'azione comune; mentre (altra prova della difficoltà del processo unitario) le segreterie centrali sono ancora alla ricerca di un programma che soddisfi le esigenze delle tre Confederazioni, per contro nei luoghi di lavoro operai e impiegati sollecitano assemblee per avere noti-.ie, conoscere i problemi, approfondire alcuni aspetti dei programmi che stanno già circolando in molte città. La maggiore incognita di queste elezioni sono gli studenti. Quelli degli istituti superiori dovranno eleggere i loro rappresentanti nei consigli di classe, d'istituto e nei consigli di disciplina. La Federazione giovanile comunista già da alcuni mesi si è fortemente impegnata; anche i giovani iscritti o simpatizzanti del psi, della de, del psdi e del pri si recheranno alle urne. La maggior parte degli extraparlamentari di sinistra invitano a non votare, perché ritengono «inutili» queste elezioni e gli organi collegiali privi «di effettivo potere». Da qualche parte si è detto che i decreti delegati sono «una breccia aperta in un tessuto che sembrava compatto e impermeabile al rinnovamento sociale, e quindi si tratta di far passare attraverso quest'apertura contenuti nuovi». Se l'obiettivo è quello di migliorare la scuola, di instaurare una positiva collaborazione tra scuola e società, sono auspicabili altre brecce. In questo contesto le autorità scolastiche e gli insegnanti devono vedere gli organi collegiali: non come una diminuzione di autorità o una sottrazione di compiti, ma come strumenti che migliorano la nostra scuola. Se tutti daremo la nostra collaborazione, la scuola avrà certamente dei vantaggi. Questo non vuol dire che i decreti delegati rappresentino il toccasana per la scuola. Mancano purtroppo le riforme, i programmi sono vecchi e superati, il diritto allo studio è un obiettivo lontano. Rappresentano, però, l'inizio di un discorso nuovo, che può cambiare molte cose e sollecitare quelle riforme che la scuola attende da troppo tempo. Felice Froio
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