Un nuovo mandato di cattura Miceli dovrà restare in carcere

Un nuovo mandato di cattura Miceli dovrà restare in carcere Un nuovo mandato di cattura Miceli dovrà restare in carcere I giudici romani lo accusano di favoreggiamento nel progetto golpista del principe Junio Valerio Borghese ■ Ma forse per lui ci saranno presto anche accuse più gravi - Sembrano imminenti nuovi arresti Roma, 7 gennaio. Vito Miceli non torna in libertà. A poche ore dalla quasi certa scarcerazione, l'ex capo del Sid si è visto consegnare un secondo mandato di cattura. Ha fatto di tutto per uscire dalla sfera di azione di Giovanni Tamburino, il magistrato di Padova che il 31 ottobre lo aveva fatto arrestare per cospirazione contro lo Stato, ma i giudici romani, davanti ai quali finalmente è arrivato, non lo hanno trattato meglio. Ora è accusato di favoreggiamento aggravato: ha cioè, coperto, protetto i golpisti di Valerio Borghese. Il generale ha reagito, minacciando denunce e rivelazioni contro chi ha «ordito una macchinazione» ai suoi danni. I giudici ritengono invece che la macchinazione sia stata ai danni dello Stato e si parla di altri gravi provvedimenti. Il mandato di cattura è stato firmato nel pomeriggio di oggi. Miceli lo ha avuto alle 17 dal colonnello dei carabinieri Ruggero Placidi. L'ex capo del Sid poco prima aveva incontrato per la seconda volta il difensore, Franco Coppi, nel reparto chirurgia dell'o-spedale militare Celio, dov'è ricoverato (e sorvegliato) do- pò il trasferimento da Padova a Roma. Durante il colloquio con l'avvocato, Miceli ha sa- puto del probabile nuovo mandato di cattura. Ne ha parlato la radio mentre uscivano, annunciandolo anche i giornali della sera: «Il sostituto procuratore della Repubblica Claudio Vitalone lo ha chiesto in mattinata...». Coppi, uscendo dal Celio ha detto: «Il generale Miceli e io siamo rimasti meravigliati, sia per l'inusitata pubblicità, sia perché pochi minuti prima che io mi recassi al Celio, il dottor Vitalone aveva escluso esplicitamente di avere preso decisioni nel senso suddetto». Il sostituto procuratore della Repubblica Vitalone ha deciso dopo rincontro con l'avvocato Coppi. Poi ha passato iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii la richiesta all'ufficio istruzione e il giudice Filippo Fiore l'ha accolta (sotto al nuovo mandato c'è la firma di questo magistrato). Tutto è avvenuto con tempi strettissimi. Per domani mattina resta fissata la riunione in camera di consiglio della Cassazione, alla quale Coppi si era rivolto perché fosse dichiarato nullo il mandato di cattura di Tamburino. La decisione della Corte verrà presa ugualmente, ma ormai ha un valore puramente teorico. Coppi dovrà cominciare da capo. La procura generale della Cassazione aveva scritto, dando ragione al difensore di Miceli, che il mandato di cattura del giudice Tamburino era illogico e illegittimo. Aveva concluso chiedendone l'annullamento e affermando che le contestazioni fatte all'ex capo del Sid potevano semmai «es- i sere materia per altro tipo di ' reato o illecito». I giudici romani hanno firmato un provvedimento che, sotto l'aspetto tecnico, sarà difficilmente attaccabile. Miceli, nella notte fra il 7 e l'8 dicembre 1970, fu avvertito jdei tentativo di golpe del ] «principe nero» Valerio Bor ghese. Mise in movimento po ijZia e carabinieri, ma in ri tardo, e non parlò della riu nione di cospiratori nella pa | iestra di via Eleniana. In se- guito tacque, non fece nulla per aiutare la magistratura. Se tutto questo è vero, il favoreggiamento può essere contestato con tranquillità. Contro Miceli i giudici hanno la testimonianza del generale Enzo Marchesi, che nel 1970 era capo di Stato Maggiore della Difesa. Marchesi ha detto che Miceli sapeva tutto, fin dalla notte del golpe: «A una certa ora. mi avvertì», ha aggiunto. Perché l'allora capo del Sid segnalò che stava avvenendo qualche cosa al ministero dell'Interno, dove però intanto tutto era finito, con l'abbandono dell'armeria da parte dei golpisti, e non fece parola di via Eleniana, dove i cospiratori erano ancora riuniti e dove sarebbe stato possibile prenderli con le mani nel sacco? Franco Coppi ha annunciato una denuncia per falsa testimonianza contro il generale Marchesi: «La presenterà direttamente ai giudici il generale Miceli». E non sarà l'unica. L'ex capo del Sid parla apertamente di congiura: «Mi ha comunicato — ha detto Coppi — di avere l'intenzione di rivelare al giudice, non appena dovesse essere nuovamente interrogato, la macchinazione di cui ritiene di essere vittima, indicando nomi e circostanze». L'inchiesta sui tentativi eversivi promette molte giornate calde: se Miceli protesse i golpisti, non fu l'unico a farlo. Quindi ci saranno nuovi mandati di cattura. I giudici romani non vogliono altre perdite di tempo. Oggi pomeriggio Filippo Fiore ha chiesto in modo formale al collega di Padova, Tamburino, l'immediato invio di tutti i documenti sulla «Rosa dei venti». Vuole studiare la posizione di Miceli. Se si dovesse convincere che l'ex capo del Sid è coinvolto anche in quella vicenda, la magistratura romana metterebbe da parte l'accusa di favoreggiamento, per una più grave. Un uomo come Miceli, a capo di uno dei servizi più delicati dello Stato, può essere un favoreggiatore una volta. Ma se le sue protezioni si ripetono, diventa un complice. Interrogatori e confronti continuano. E' stato ascoltato il generale Federico Gasca Queirazza, che nel 1970 era a capo dell'ufficio «D» (sicurezza interna) del Sid e che fu uno dei pochi a sapere quanto stava avvenendo nella notte fra il 7 e l'8 dicembre. C'è stato poi un confronto tra Franco Antico, informatore del Sid e segretario del movimento «Civiltà cristiana», arrestato domenica, e il colonnello Giorgio Genovesi, del servizio segreto. Argomento centrale, ancora la riunione dei golpisti in via Eleniana. Andrea Barberi llllllllllllliillllllllllllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Luoghi citati: Padova, Roma