Accordo dei Nove per i petrodollari di Mario Ciriello

Accordo dei Nove per i petrodollari Conclusi a Londra i lavori Accordo dei Nove per i petrodollari Portati da 8 a 10 0 12 i miliardi di dollari per finanziare le nazioni in crisi - Stabilita una posizione comune per i colloqui a Washington (Dal nostro corrispondente) | Londra, 7 gennaio. Buone notizie da Lancaster House, dove i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche centrali della Comunità economica europea hanno concluso i loro lavori con un giorno di anticipo. Lavori rapidi e fruttuosi, con due accordi in parte previsti mi* non per questo meno importanti. La prima intesa conferma che i nove della Cee sono solidali nell'appoggiare il «piano Witteveen-Healey» per un riciclaggio dei petrodollari tramite il Fondo monetario internazionale. La seconda intesa dovrebbe rendere possibile l'ampliamento del Fondo, dagli otto o nove miliardi di dollari previsti a dieci e forse a dodici. Non sono modesti progressi. Domani avremo maggiori ragguagli, ma è già evidente che gli europei si presenteranno alle discussioni dei prossimi giorni a Washington, nella sede del Fondo monetario, con idee precise e con un disegno costruttivo e realistico. E' realistico anche il fatto che | i Nove non abbiano del tutto respinto l'altro progetto, il cosiddetto «piano Kissinger». Secondo le ultime notizie, ministri e governatori si sarebbero dichiarati disposti a un «favorevole studio» della formula americana, a tentare, nei limiti del possibile, di tradurre in realtà le sue ambiziose aspirazioni. Obiettivo di entrambi i piani è di ridurre il pericoloso squilibrio nell'assetto monetario creato dal colossale trasferimento di ricchezza dalle nazioni industriali dell'Occidente ai produttori di petro- | lio dell'Opec. Purtroppo, la . n , o e - strategia americana ha imboccato una strada che diverge marcatamente da quella auspicata dagli europei e dal direttore del Fondo monetario, Johannes Witteveen. Certo, il traguardo indicato da Kissinger è allettante, un fondo di almeno 25 miliardi di dollari, una cifra che s'avvicina alla metà di quei 67 miliardi che dovrebbero costituire per la fine del '75 l'attivo nella bilancia commerciale dell'Opec. Ma, a giudizio di molti europei, il disegno di Washington ha troppi difetti. Anzitutto, non ha ancora indicato con chiarezza l'origine di quei 25 miliardi. In teoria, dovrebbero provenire dagli arabi e dall'Iran, ma Kissinger insiste che non vi è bisogno necessariamente del loro apporto diretto, si possono riciclare i soldi che circolano sui mercati internazionali, gli investimenti delle potenze Opec, gli stessi surplus di cui dispongono le nazioni industriali ancora ricche. La vaghezza di tale ragionamento ha acceso i sospetti dei tedeschi che dicono: «Se i produttori di petrolio non si faranno avanti, dovremo finanziare noi Italia e Inghilterra». Non basta. Sia perché osteggiato ancora dagli arabi sia perché visto con diffidenza dagli europei e soprattutto perché il suo meccanismo non si presenta di facile attuazione, il «piano Kissinger» esige, se mai verrà al mondo, una lunga gestazione. Come Mario Ciriello (Continua a pagina 2 in sesta colonna)

Persone citate: Healey, Johannes Witteveen, Kissinger

Luoghi citati: Inghilterra, Iran, Italia, Londra, Washington