I militari francesi dissidenti davanti alla corte marziale

I militari francesi dissidenti davanti alla corte marziale I militari francesi dissidenti davanti alla corte marziale (Nostro servizio particolare) Parigi, 6 gennaio. Il primo maggio del '73, nella grande sfilata sui boulevards di Parigi, fra le migliaia di manifestanti c'era un gruppo di militari. Avevano i segni distintivi delle unità di appartenenza coperte da cerotti, ed erano circondati da un robusto cordone di operai del servizio d'ordine, il cui compito era d'evitare che i rappresentanti del «Fronte dei soldati, marinai e aviatori rivoluzionari», come li battezzava un grande cartello, entrassero in contatto con la polizia. Un anno dopo, in piena campagna presidenziale, una vera e propria dichiarazione dei «diritti elementari» degli uomini alle armi, V«Appello dei cento», circolò nelle caserme, e in meno di quattro mesi raccolse più di cinquemila firme. Il 10 settembre scorso, a Draguignan, duecento reclute del diciannovesimo reggimento d'artiglieria scesero in piazza, questa volta senza cerotti né altre precauzioni particolari, e per un paio d'ore espressero clamorosamente la loro protesta contro le miserie della «condizione militare». Nel frattempo una delle prime leggi giscardiane aveva esteso ai diciottenni il diritto di voto, ponendo così sul tappeto un nuovo problema: la pienezza dei diritti civili e politici attribuita ai giovani doveva conoscere, durante il servizio militare, un'eclisse di dodici mesi? Il governo reagiva con imbarazzo alle crescenti espressioni del malumore militare. Faceva approvare alcune riforme, tardive e insufficienti, comunque cancellando certe durezze anacronistiche della vita di caserma, ma il ministro della Difesa Soufflet, ancora nell'autunno, affermava che «non esiste malessere nelle forze armate», E mentre si riapriva il vecchio dibattito sull'alternativa esercito di richiamati-armata di mestiere, l'opposizione scopriva nella contestazione militare non un velleitario fenomeno gauchiste, ma la precisa volontà dei giovani francesi di riscattare la loro condizione civile durante la parentesi della naja. Come deve definirsi l'esercito?, si chiede su Le Monde lo scrittore Jean Cassou. Un'istituzione esterna alla nazione o un'espressione della nazione stessa? E cita l'ancora bruciante ricordo del caso Dreyfus per dimostrare che ogni pretesa dell'esercito di collocarsi al di sopra dei diritti civili, e addirittura della giustizia e della verità, «è finita miserevolmente». Il dibattito sulla «condizione militare» è rilanciato dal processo, che si apre domatti¬ na davanti al tribunale delle forze armate di Marsiglia, contro Robert Pelletier, Serge Ravet e Alex Taurus, considerati gli organizzatori della manifestazione di Draguignan. Sono accusati di «istigazione a commettere atti contrari al dovere e alla disciplina generale». Rispondendo di un'analoga accusa, davanti allo stesso tribunale militare marsigliese, uno dei firmatari de\V«Appello dei cento», Jean Fournel, fu condannato il 13 novembre scorso a dodici mesi di carcere, di cui sei con la condizionale. Numerose personalità socialiste e comuniste sono state chiamate a testimoniare dalla difesa dei tre soldati, mentre i due partiti hanno già ripetutamente preso posizione, e il pcf ha lanciato oggi un appello alla solidarietà nei confronti degli accusati, chiedendone la completa assoluzione. Gli sviluppi di questa vicenda giudiziaria sono attesi con evidente interesse, per le indicazioni che se ne potranno ricavare sull'attitudine ufficiale di fronte ad un problema ormai maturo, ed apparentemente destinato a durare almeno fino a quando le libertà d'opinione, d'informazione e d'espressione non avranno fatto il loro ingresso nelle caserme francesi. a. v.

Persone citate: Alex Taurus, Dreyfus, Jean Cassou, Jean Fournel, Robert Pelletier, Serge Ravet

Luoghi citati: Marsiglia, Parigi