Convegno europeo a Londra per l'accordo sui petrodollari di Mario Ciriello

Convegno europeo a Londra per l'accordo sui petrodollari Convegno europeo a Londra per l'accordo sui petrodollari (Dal nostro corrispondente) Londra, 6 gennaio. L'anno diplomatico si apre, come d'altra parte è giusto, con la ricerca di soluzioni sul riciclaggio dei petrodollari, un ostico termine per un maestoso problema che dominerà i prossimi mesi. Sarà questo il soggetto principale del convegno che comincerà domani a Lancaster House, qui a Londra, e che avrà per interpreti i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche Centrali della Comunità economica europea. Se tutto andrà bene, i nove avranno pronte per mercoledì una serie di proposte da presentare la settimana prossima, a Washington, a un incontro dei principali Paesi del Fondo monetario internazio naie. Se mancherà l'intesa, si avrà un grave ritardo in tutti i tempi del negoziato. A giudicare dalle ultime informazioni, l'accordo vi sarà. Posti dinanzi alla scelta fra il «piano Kissinger» e il disegno entrato adesso nelle cronache economiche come «piano Witteveen-Healey», gli europei sembrano aver optato per il secondo. Johannes Witteveen è il direttore del Fondo monetario, Denis Healey è il cancelliere britannico dello scacchiere: e insieme, anzi parallelamente, hanno abbozzato una formula che, se anche non ideale, sembra corrispondere meglio del progetto statunitense alle pressanti necessità del momento. Il vertiginoso accumularsi delle entrate e delle riserve dell'Opec ha disperso le ultime esitazioni. In cosa divergono i due piani? In molte moltissime cose. Kissinger favorisce un riciclaggio per un ammontare di almeno 25 miliardi di dollari: ma l'operazione non sarebbe affidata al Fondo monetario, bensì — forse — all'Ocse, l'organizzazione economica di 24 paesi con sede a Parigi. Questo riciclaggio, inoltre, dovrebbe avvenire o con trasferimenti diretti di fondi da una nazione occidentale in attivo a una in passivo, ad esempio dalla Germania all'Italia, oppure con prestiti, sui mercati commerciali, dei Paesi produttori di petrolio a quelli industriali in difficoltà. E' un meccanismo assai complesso, con molti punti tuttora oscuri. L'altro piano è più agile. La somma non è grandiosa, si parla di otto miliardi di dollari per l'intero '75, ma sia la raccolta sia la distribuzione di questi fondi non presenterebbero scoraggianti ostacoli. I fondi proverebbero dalle potenze petrolifere, cui il Fondo monetario e gli europei promettono normali tassi d'interesse. I vantaggi sono molti: 1) Mentre l'idea di Kissinger è difficilmente attuabile entro il '75, l'operazione suggerita da Witteveen e Healey può scattare prima dell'estate, forse per giugno o luglio. E' una differenza vitale per nazioni come l'Italia e l'Inghilterra assetate di soldi. 2) La strategia di Kissinger rispecchia il suo atteggiamento di sfida nei confronti dell'Opec. E' un atteggiamento non del tutto negativo perché ha spinto i consumatori verso una maggiore solidarietà, ma gli europei non vogliono adesso mettere in pericolo i loro nuovi, e proficui, accordi di collaborazione con gli arabi e l'Iran. 3) L'onere del «piano Kissinger» graverebbe soprattutto sulle nazioni industriali ricche, e la Germania non vuole diventare la gruccia permanente dell'Italia e della Gran Bretagna. 4) Infine, i tredici dell'Opec favoriscono le proposte di Witteveen e di Healey, mentre respingono decisamente quelle americane. Sarebbe errato d'altra parte vaticinare il tramonto dell'ambizioso disegno di Kissinger. Rivisto e corretto, e soprattutto reso più gradito all'Opec, potrebbe costituire la soluzione a lungo termine, dopo il «ponte» rappresentato dalla più snella soluzione europea. Bisognerà vedere cosa avverrà nei prossimi mesi, con il dialogo fra produttori e consumatori. Un'idea del futuro si comincerà ad avere ad Algeri, alla fine di questo mese, al grande convegno dell'Opec. Vi parteciperanno non soltanto i ministri dell'Energia, ma anche i ministri degli Esteri e delle Finanze. Mario Ciriello