Kissinger ha proposto trattative produttori-consumatori di petrolio di Vittorio Zucconi
Kissinger ha proposto trattative produttori-consumatori di petrolio La strategia del negoziato (dopo la minaccia) Kissinger ha proposto trattative produttori-consumatori di petrolio Messaggio ad Arabia Saudita, Iran, Venezuela, Kuwait e Abu Dhabi senza allusioni all'intervento armato - Il monito Usa vuol convincere gli europei ad accettare il piano Kissinger? (Dal nostro corrispondente) Washington, 6 gennaio. Il segretario di Stato Kissinger ha inviato nei giorni scorsi un messaggio ai Paesi produttori di petrolio suggerendo una conferenza internazionale sull'energia fra nazioni esportatrici e consumatori. La lettera di Kissinger è pervenuta all'Arabia Saudita, Iran, Venezuela, Kuwait e Abu Dhabi e non contiene, dicono le fonti americane, nessuna allusione alle minacce di intervento armato sollevate da Kissinger nell'ormai famosa intervista a "Business Week". Ma il messaggio appare evidentemente come il "secondo stadio" dell'operazione cominciata con quelle dichiarazioni: prima le minacce, poi l'offerta di negoziare. Nella nota diplomatica, il segretario di Stato menziona anche l'accordo della Martinica fra Giscard d'Estaing e Ford, nel quale i due capi di Stato convennero sia sulla necessità di una certa unità d'azione fra Paesi consumatori, sia sulla urgenza di un incontro diretto con i produttori. A oltre un anno dallo scoppio della crisi energetica (novembre 1973) gli Stati Uniti sembrano dunque muoversi decisamente con un'organica offensiva sul fronte ciel petrolio. Oggi, alla luce di questo messaggio kissingeriano, tale strategia appare finalmente più chiara. Essa si indirizza su due fronti: l'Europa, perno della stabilità politica del «sistema» occidentale, e i produttori di petrolio, cardine della stabilità economica del sistema stesso. E si muove sul doppio binario delle promesse-minacce, caratteristico non solo di Kissinger o dell'America, ma della logica di un» superpotenza. Vediamo dunque le varie fasi della nuova strategia americana. Essa si mosse alla fine dello scorso anno, con l'offerta di un fondo di emergenza di 25 miliardi di dollari l'anno, sostenuto dagli Stati Uniti e dalla Germania. L'offerta — che portava alcune condizioni politico-economiche giudicate onerose dai beneficiari (gli europei e il Giappone) rimase in una sorta di «limbo» diplomatico sino al vertice della Martinica. In quella occasione, Ford e Kissinger si tolsero la « spina francese » dal fianco ottenendo l'assenso della Francia alla politica americana e concedendo a Giscard la possibile convocazione di una conferenza produttori-consumatori. Si arriva così all'intervista a Business Week, nella quale, ujando la stampa internazionale come «pesce pilota» (scrive il New York Times), Kissinger fa sapere a europei e arabi che gli Usa sono pronti, se messi con le spalle al muro, a far uso della loro forza. Interviene anche il Presidente, facendo dire al suo portavoce che egli « condivide totalmente le idee del segretario di Stato ». La minaccia è sul tappeto, dunque, valida sia per gli arabi, vittime dirette dell'eventuale « sbarco », sia per gli europei, vittime indirette (come alleati degli Usa e clienti degli arabi) di una simile azione. Qualcuno sostiene che la minaccia sia un bluff: uno specialista di cose militari notava ieri che per assicurarsi petrolio a sufficienza — dunque giustificare l'operazione militare — TAmerica avrebbe dovuto invadere e controllare una fascia di Golfo Persico lunga 400 miglia, circa 650 chilometri e in un Vittorio Zucconi (Continua a pagina 2) in terza colonna)
Persone citate: Giscard D'estaing, Kissinger
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