Gundelach bene Galley il cattivo

Gundelach bene Galley il cattivo CHI FA E CHI DISFA ALLA CEE Gundelach bene Galley il cattivo L'Europa è, fortunatamente, patria non solo di rapporti c di relazioni ma anche di uomini. Ogni mese alcune personalità attirano l'attenzione sia per il modo con il quale hanno contribuito a far progredire le idee e le realizzazioni comunitarie sia perché, al contrario, si _ sono adoperate per bloccarle o, peggio ancora, per farle indietreggiare. Seguendo il criterio della solidarietà europea, e con un pizzico di soggettività, tenteremo di segnalare chi merita o demerita la Cee. Fino a qualche mese fa pochi estranei agli eventi di Bruxelles sarebbero stati in grado di indicare per nome chi fosse il rappresentante danese in seno alla Commissione europea. Da ottobre, da quando ha sostituito l'inglese Sir Christopher Soames, vittima di una grave malattia, nella carica di responsabile per le relazioni esterne della Cee, Finn Olav Gundelach è balzato di prepotenza alla ribalta della cronaca. Per uno strano caso del destino non è la prima volta che Gundelach, ex diplomatico di carriera, da poco cinquantunenne, è chiamato a rimpiazzare Soames. Accadde già lo scorso anno, quando Sir Christopher fu costretto all'inattività per due mesi in seguito a un blocco circolatorio alle gambe. Questa volta Gundelach si è trovato proiettato a un posto di grande responsabilità in un momento cruciale per la politica commerciale della Comunità. Il suo compito era difficile e il rappresentante danese si è subito guadagnato il rispetto dei colleghi per il modo con il quale ha superato due ostacoli rilevanti: il primo, ammonendo i giapponesi a ridurre le esportazioni verso l'area comunitaria per non subire le conseguenze di un blocco, il secondo, appianando con l'Islanda la delicata questione sui diritti di pesca dei battelli inglesi, tedeschi e belgi. Gundelach non e una faccia nuova a Bruxelles. Quattro anni fa è stato uno dei tecnocrati di punta come commissario per l'Unione doganale. In quell'occasione la sua indiscussa abilità diplomatica, guadagnata nella parentesi trascorsa al segretariato del Gatt a Ginevra, aveva rischiato di mettere in secondo piano l'acume politico. Eppure era riuscito a persuadere i Nove ad adottare numerosi provvedimenti di semplificazione delle procedure doganali rimuovendo le barriere erette per ostacolare il flusso delle merci. Fu suo insomma il merito di convincere la Comunità a smettere di armonizzarsi secondo concetti sciovinistici e nazionali per accettare invece il principio di un'armonizzazione più pragmatica. E' indubbio che nelle trattative gli ha molto giovato l'esperienza di economista appresa all'Università di Aarhus, lo studio quasi ossessivo dei dettagli, e soprattutto l'entusiasmo. Nessuna meraviglia quindi che Gundelach resti alla Commissione esecutiva dopo la scadenza dell'attuale mandato. Le voci di corridoio lo danno come candidato al dicastero dell'Agricoltura, forse meno prestigioso del posto che occupa, ma che Gundelach sicuramente accetterà per le pressioni che gli vengono rivolte sia dal futuro presidente della Cee, Roy Jenkins, che dal governo danese. David Cross Il complesso linguaggio comunitario si è arricchito di un nuovo termine. A usarlo per primo è stato un ministro olandese nel corso dei lavori del Consiglio dei ministri per la Cooperazione, tenuto a Bruxelles in novembre, quando ha parlato di « quasi decisione » da parte dei Nove in vista di un compromesso sull'armonizzazione delle politiche di sviluppo fra i Paesi della Cee. L'accordo è invece sfumato per la posizione intransigente assunta da Robert Galley, ministro francese per la Cooperazione, e i ministri si sono lasciati verso la mezzanotte con un ennesimo nulla di fatto. Il pomo della discordia è la necessità, o la non necessità, di coordinare l'ammontare degli aiuti nazionali da destinare alle nazioni bisognose, e se sottomettere piuttosto a principi comuni l'insieme della politica di assistenza. In pratica la delegazione francese ha respinto la tesi di ancorare le posizioni nazionali a quelle comunitarie al di fuori della zona coperta dalla Convenzione di Lomé che inquadra i rapporti fra la Cee e 46 Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico. Le riserve vanno spiegate con la preoccupazione di Parigi di polverizzare gli aiuti della Comunità su schemi mondiali. Di statura corpulenta, con un perenne sorriso sulle labbra, sicuro di sé, Robert Galley è stato associato sin dall'inizio della carriera al gollismo e a uno dei suoi temi fondamentali, l'indipendenza nazionale. Valoroso soldato, combatté durante la seconda guerra mondiale fra i carristi, sposò la figlia del suo comandante, il maresciallo Ledere, e successivamente, laureatosi in ingegneria alla prestigiosa École centrale, partecipò alla costruzione degli stabilimenti di Marcoule e di Pierrellate dove venne creata la potenza nucleare francese che tanto stava a cuore al generale De Gaulle. La sua carriera politica inizia dopo il maggio '68 prima come ministro per l'Approvvigionamento e quindi come deputato dell'Udr. Eletto sindaco di Troyes nel maggio 72, diventa ministro della Ricerca scientifica e, in rapida successione, ministro per le Poste, i Trasporti, l'Esercito, per assumere infine il dicastero della Coordinazione. Non si considera gollista ortodosso e rifiuta l'etichetta di appartenenza sia al « clan dei baroni » sia allo schieramento gollista di sinistra. E' stato un fedele servitore di De Gaulle, specie quando gli ambiziosi progetti del Generale erano sostenuti da ampie possibilità di bilancio. La sua fedeltà al Capo dello Stato è rimasta totale con Pompidou e con Giscard d'Estaing. Dopo André Bord, segretario di Stato per i reduci, è il ministro con la più lunga permanenza al governo. André Passeron Gundelach bene Galley il cattivo CHI FA E CHI DISFA ALLA CEE Gundelach bene Galley il cattivo L'Europa è, fortunatamente, patria non solo di rapporti c di relazioni ma anche di uomini. Ogni mese alcune personalità attirano l'attenzione sia per il modo con il quale hanno contribuito a far progredire le idee e le realizzazioni comunitarie sia perché, al contrario, si _ sono adoperate per bloccarle o, peggio ancora, per farle indietreggiare. Seguendo il criterio della solidarietà europea, e con un pizzico di soggettività, tenteremo di segnalare chi merita o demerita la Cee. Fino a qualche mese fa pochi estranei agli eventi di Bruxelles sarebbero stati in grado di indicare per nome chi fosse il rappresentante danese in seno alla Commissione europea. Da ottobre, da quando ha sostituito l'inglese Sir Christopher Soames, vittima di una grave malattia, nella carica di responsabile per le relazioni esterne della Cee, Finn Olav Gundelach è balzato di prepotenza alla ribalta della cronaca. Per uno strano caso del destino non è la prima volta che Gundelach, ex diplomatico di carriera, da poco cinquantunenne, è chiamato a rimpiazzare Soames. Accadde già lo scorso anno, quando Sir Christopher fu costretto all'inattività per due mesi in seguito a un blocco circolatorio alle gambe. Questa volta Gundelach si è trovato proiettato a un posto di grande responsabilità in un momento cruciale per la politica commerciale della Comunità. Il suo compito era difficile e il rappresentante danese si è subito guadagnato il rispetto dei colleghi per il modo con il quale ha superato due ostacoli rilevanti: il primo, ammonendo i giapponesi a ridurre le esportazioni verso l'area comunitaria per non subire le conseguenze di un blocco, il secondo, appianando con l'Islanda la delicata questione sui diritti di pesca dei battelli inglesi, tedeschi e belgi. Gundelach non e una faccia nuova a Bruxelles. Quattro anni fa è stato uno dei tecnocrati di punta come commissario per l'Unione doganale. In quell'occasione la sua indiscussa abilità diplomatica, guadagnata nella parentesi trascorsa al segretariato del Gatt a Ginevra, aveva rischiato di mettere in secondo piano l'acume politico. Eppure era riuscito a persuadere i Nove ad adottare numerosi provvedimenti di semplificazione delle procedure doganali rimuovendo le barriere erette per ostacolare il flusso delle merci. Fu suo insomma il merito di convincere la Comunità a smettere di armonizzarsi secondo concetti sciovinistici e nazionali per accettare invece il principio di un'armonizzazione più pragmatica. E' indubbio che nelle trattative gli ha molto giovato l'esperienza di economista appresa all'Università di Aarhus, lo studio quasi ossessivo dei dettagli, e soprattutto l'entusiasmo. Nessuna meraviglia quindi che Gundelach resti alla Commissione esecutiva dopo la scadenza dell'attuale mandato. Le voci di corridoio lo danno come candidato al dicastero dell'Agricoltura, forse meno prestigioso del posto che occupa, ma che Gundelach sicuramente accetterà per le pressioni che gli vengono rivolte sia dal futuro presidente della Cee, Roy Jenkins, che dal governo danese. David Cross Il complesso linguaggio comunitario si è arricchito di un nuovo termine. A usarlo per primo è stato un ministro olandese nel corso dei lavori del Consiglio dei ministri per la Cooperazione, tenuto a Bruxelles in novembre, quando ha parlato di « quasi decisione » da parte dei Nove in vista di un compromesso sull'armonizzazione delle politiche di sviluppo fra i Paesi della Cee. L'accordo è invece sfumato per la posizione intransigente assunta da Robert Galley, ministro francese per la Cooperazione, e i ministri si sono lasciati verso la mezzanotte con un ennesimo nulla di fatto. Il pomo della discordia è la necessità, o la non necessità, di coordinare l'ammontare degli aiuti nazionali da destinare alle nazioni bisognose, e se sottomettere piuttosto a principi comuni l'insieme della politica di assistenza. In pratica la delegazione francese ha respinto la tesi di ancorare le posizioni nazionali a quelle comunitarie al di fuori della zona coperta dalla Convenzione di Lomé che inquadra i rapporti fra la Cee e 46 Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico. Le riserve vanno spiegate con la preoccupazione di Parigi di polverizzare gli aiuti della Comunità su schemi mondiali. Di statura corpulenta, con un perenne sorriso sulle labbra, sicuro di sé, Robert Galley è stato associato sin dall'inizio della carriera al gollismo e a uno dei suoi temi fondamentali, l'indipendenza nazionale. Valoroso soldato, combatté durante la seconda guerra mondiale fra i carristi, sposò la figlia del suo comandante, il maresciallo Ledere, e successivamente, laureatosi in ingegneria alla prestigiosa École centrale, partecipò alla costruzione degli stabilimenti di Marcoule e di Pierrellate dove venne creata la potenza nucleare francese che tanto stava a cuore al generale De Gaulle. La sua carriera politica inizia dopo il maggio '68 prima come ministro per l'Approvvigionamento e quindi come deputato dell'Udr. Eletto sindaco di Troyes nel maggio 72, diventa ministro della Ricerca scientifica e, in rapida successione, ministro per le Poste, i Trasporti, l'Esercito, per assumere infine il dicastero della Coordinazione. Non si considera gollista ortodosso e rifiuta l'etichetta di appartenenza sia al « clan dei baroni » sia allo schieramento gollista di sinistra. E' stato un fedele servitore di De Gaulle, specie quando gli ambiziosi progetti del Generale erano sostenuti da ampie possibilità di bilancio. La sua fedeltà al Capo dello Stato è rimasta totale con Pompidou e con Giscard d'Estaing. Dopo André Bord, segretario di Stato per i reduci, è il ministro con la più lunga permanenza al governo. André Passeron

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