Questi gli aerei del nostro futuro

Questi gli aerei del nostro futuro INDUSTRIA AERONAUTICA Questi gli aerei del nostro futuro Uscite da un periodo di grave recessione, le grandi aziende costruttrici di velivoli hanno ritrovato la salute - I progetti della Boeing e della Me Donnell Douglas - La dispersione europea Sono in 240, attentissimi, ad ascoltare Sanford Me Donnell che dice: « Questo aereo sarà costruito in base a criteri di autentica collaborazione e non su quelli delle tradizionali relazioni di dipendenza ». L'aereo? E' l'ASMR francese, che, attraversato l'Atlantico, ha perso il nome di «Mercure 200». La cooperazione? Quella dell'industria americana Me Donnell Douglas con due società francesi: Dassault-Breguet e Aerospatiale. Dopo decenni di una selvaggia concorrenza com'è possibile arrivare ad una simile alleanza? Uscendo da un periodo di grave recessione le compagnie aeree hanno ritrovato gradatamente la salute. Esse stanno per sostituire i loro vecchi Dc-9, Boeing 737 e 727 con nuovi velivoli meno rumorosi e soprattutto più redditizi. Da tre a quattromila mezzi a breve o a medio raggio saranno quindi immessi sulle linee da oggi al 1985 e tutti i fabbricanti guardano a questa nuova generazione di aerei per migliorare le loro posizioni. Per Boeing, che detiene la metà del mercato mondiale e una quasi supremazia nella costruzione degli apparecchi a medio raggio, si tratta di realizzare una politica scalare che finora gli è riuscita. Egli propone due serie di apparecchi: una centrata su un modello da 150 a 170 posti (il 7N7), l'altro su un tipo da 200 a 220 posti (il 7X7). Per Me Donnell Douglas che controlla quasi un terzo del mercato, il problema invece è di creare un.i serie nuova. Facendo base sul Dc-10, la società studia un apparecchio a 200 posti, il Dc-X-200, ma gli manca il modello inferiore. I due costruttori americani hanno in comune un elemento: le loro ambizioni sono superiori ai loro finanziamenti. Ecco perché entrambi si rivolgono alla cooperazione internazionale. Da parte europea non è questione di supremazia, ma di vita o di morte. Malgrado radicali innovazioni, l'aeronautica europea dopo la fine della guerra non ha conosciuto che insuccessi o successi molto contestati. Deve « sfondare » per sostenere un'industria che impiega 400 mila persone. Ora nessuno ragiona globalmente; ogni singola potenza aereonautica europea alle prese con le proprie difficoltà tenta di trarre i maggiori vantaggi dalla instabilità della situazione. E*** impossibile organizzare una strategia comune: circa dieci negoziati sono condotti parallelamente tra le due sponde dell'Atlantico senza alcun coordinamento. In Francia il governo, avendo fatto un giro d'orizzonte europeo, ha lasciato Dassault a negoziare con Me Donnell Douglas, e l'Aerospatiale a prendere contatti con Boeing. Sullo sfondo di queste discussioni vi è l'assillante problema dell'impiego del settore aereo dell'Aerospatiale che l'insuccesso del Concorde lascia senza lavoro, e la necessità di trovare nuovi sbocchi all'Airbus costruito con la Germania Federale e con l'inglese Hawker Siddeley. Il 12 agosto il ministro dei Trasporti Cavaille ha annunziato che la scelta ha indicato « Mercure 200 » e che la collaborazione avverrà con Me Donnell Douglas. Ha detto: « £' una scelta di indipendenza nazionale dato che il controllo del lavoro resta a Dassault e che i motori saranno i CFM-56 costruiti dalla Snecma con la General Electric ». L'Aerospatiale si allinea al programma a fianco di Dassault, ma non ottiene abbastanza dati tecnici per alimentare i suoi uffici studi. Il suo problema è più complesso e v'è da temere che porti all'affossamento dell'Airbus. Impegnato soltanto per il 15 per cento nel ASMR Me Donnell potrà dedicarsi maggiormente al suo Dc-X-200, importante concorrente dell'apparecchio europeo. I contatti tra Airbus Industrie e Me Donnell per cercare accordo su un progetto comune, non fanno progressi, proprio mentre altre intese sono alle viste negli Stati Uniti. In Gran Bretagna la decisione francese ha sorpreso per la sua rapidità. Si era ancora al punto di sperare in un accordo europeo su un derivalo di un aereo inglese, il Bac 111. Le discussioni tutte ad alto livello riprendono beninteso con gli europei, ma anche soprattutto con Boeing, Lockheed e anche con Me Donnell; sono dominate da un solo interrogativo: che cosa farà Boeing? Un vice presidente della società in una con¬ ferenza stampa dice che « i problemi della manodopera a Tolosa non li interessano ». E lascia intendere che Boeing è abbastanza grande per procedere da solo se sarà necessario. Inoltre annunzia che i negoziati con il gruppo italiano Acritalia sono giunti a felice conclusione: un quinto del programma 7X7 sarà assunto dagli italiani. Per l'industria inglese, bloccata da piani di nazionalizzazione che vanno per le lunghe, sarebbe bene non temporeggiare. Il ministro degli Affari Areonautici Kaufman si mette in moto per un vero giro del mondo. Egli rifà tutto il percorso: Boeing, Me Donnell Douglas, Lockheed, il Giappone, la Geimania Federale e infine la Francia. A conclusione dichiara: « Non intendiamo permettere che si instauri un predominio americano né di divenire dei semplici dipendenti ». Ma la Gran Bretagna non ha da sola la possibilità di sviluppare questa politica. Londra lo sa e cerca piuttosto di trarre il miglior partito da una moneta che perdendo gradatamente di valore ha reso i costi della produzione inglese più concorrenziali. Temporaneamente ben collocata per fare da arbitro in una situazione che non può dominare, l'industria britannica tenta di addossare gravi pesi sui suoi eventuali soci e in particolare quelli relativi a una sessantina di apparecchi della British Airways. Nella Germania Federale le passioni sono meno vive, dato che il problema non è così grave. Il settore dell'aeronautica civile è più ridotto. La preoccupazione maggiore è quella di trovare aree di mercato per i prodotti esistenti e cioè per l'Airbus e per il piccolo VFW-6I4 destinato alle compagnie regionali. L'Europa, che negli ultimi anni sembrava essersi resa conto degli interessi comuni che la pongono a faccia a faccia con la concorrenza americana, si frammenta in tanti pezzi e chiaramente dimentica che un negoziato, nella sua fase attiva, è anche una competizione. Lo specchio per allodole dell'Europa, è in primo luogo la speranza di ottenere una collaborazione con le industrie americane. Ma si dimentica troppo spesso che è necessario guardare anche verso altri mercati ai quali si rivolgono gli stessi costruttori americani. Al momento attuale ciò che vi è di più chiaro è che il solo prodotto europeo competitivo, l'Airbus, rischia così di dover affrontare una raddoppiata concorrenza. Agendo in ordine sparso, cercando al di là dell'Atlantico ciò che forse si potrebbe trovare in Europa, si corre il rischio di scambiare temporanei successi nel lavoro con l'abbandono delle ricerche tecniche e cioè con la rinunzia ai successi tecnologici che permettono a un'industria di rinnovarsi. Si tratta di un rischio, non di una certezza. Ma tenuto conto delle dimensioni rispettive degli Stati Uniti e dell'Europa quest'ultima non può sbagliare. In queste condizioni è un rischio che non si deve correre. Pierre Condom Questi gli aerei del nostro futuro INDUSTRIA AERONAUTICA Questi gli aerei del nostro futuro Uscite da un periodo di grave recessione, le grandi aziende costruttrici di velivoli hanno ritrovato la salute - I progetti della Boeing e della Me Donnell Douglas - La dispersione europea Sono in 240, attentissimi, ad ascoltare Sanford Me Donnell che dice: « Questo aereo sarà costruito in base a criteri di autentica collaborazione e non su quelli delle tradizionali relazioni di dipendenza ». L'aereo? E' l'ASMR francese, che, attraversato l'Atlantico, ha perso il nome di «Mercure 200». La cooperazione? Quella dell'industria americana Me Donnell Douglas con due società francesi: Dassault-Breguet e Aerospatiale. Dopo decenni di una selvaggia concorrenza com'è possibile arrivare ad una simile alleanza? Uscendo da un periodo di grave recessione le compagnie aeree hanno ritrovato gradatamente la salute. Esse stanno per sostituire i loro vecchi Dc-9, Boeing 737 e 727 con nuovi velivoli meno rumorosi e soprattutto più redditizi. Da tre a quattromila mezzi a breve o a medio raggio saranno quindi immessi sulle linee da oggi al 1985 e tutti i fabbricanti guardano a questa nuova generazione di aerei per migliorare le loro posizioni. Per Boeing, che detiene la metà del mercato mondiale e una quasi supremazia nella costruzione degli apparecchi a medio raggio, si tratta di realizzare una politica scalare che finora gli è riuscita. Egli propone due serie di apparecchi: una centrata su un modello da 150 a 170 posti (il 7N7), l'altro su un tipo da 200 a 220 posti (il 7X7). Per Me Donnell Douglas che controlla quasi un terzo del mercato, il problema invece è di creare un.i serie nuova. Facendo base sul Dc-10, la società studia un apparecchio a 200 posti, il Dc-X-200, ma gli manca il modello inferiore. I due costruttori americani hanno in comune un elemento: le loro ambizioni sono superiori ai loro finanziamenti. Ecco perché entrambi si rivolgono alla cooperazione internazionale. Da parte europea non è questione di supremazia, ma di vita o di morte. Malgrado radicali innovazioni, l'aeronautica europea dopo la fine della guerra non ha conosciuto che insuccessi o successi molto contestati. Deve « sfondare » per sostenere un'industria che impiega 400 mila persone. Ora nessuno ragiona globalmente; ogni singola potenza aereonautica europea alle prese con le proprie difficoltà tenta di trarre i maggiori vantaggi dalla instabilità della situazione. E*** impossibile organizzare una strategia comune: circa dieci negoziati sono condotti parallelamente tra le due sponde dell'Atlantico senza alcun coordinamento. In Francia il governo, avendo fatto un giro d'orizzonte europeo, ha lasciato Dassault a negoziare con Me Donnell Douglas, e l'Aerospatiale a prendere contatti con Boeing. Sullo sfondo di queste discussioni vi è l'assillante problema dell'impiego del settore aereo dell'Aerospatiale che l'insuccesso del Concorde lascia senza lavoro, e la necessità di trovare nuovi sbocchi all'Airbus costruito con la Germania Federale e con l'inglese Hawker Siddeley. Il 12 agosto il ministro dei Trasporti Cavaille ha annunziato che la scelta ha indicato « Mercure 200 » e che la collaborazione avverrà con Me Donnell Douglas. Ha detto: « £' una scelta di indipendenza nazionale dato che il controllo del lavoro resta a Dassault e che i motori saranno i CFM-56 costruiti dalla Snecma con la General Electric ». L'Aerospatiale si allinea al programma a fianco di Dassault, ma non ottiene abbastanza dati tecnici per alimentare i suoi uffici studi. Il suo problema è più complesso e v'è da temere che porti all'affossamento dell'Airbus. Impegnato soltanto per il 15 per cento nel ASMR Me Donnell potrà dedicarsi maggiormente al suo Dc-X-200, importante concorrente dell'apparecchio europeo. I contatti tra Airbus Industrie e Me Donnell per cercare accordo su un progetto comune, non fanno progressi, proprio mentre altre intese sono alle viste negli Stati Uniti. In Gran Bretagna la decisione francese ha sorpreso per la sua rapidità. Si era ancora al punto di sperare in un accordo europeo su un derivalo di un aereo inglese, il Bac 111. Le discussioni tutte ad alto livello riprendono beninteso con gli europei, ma anche soprattutto con Boeing, Lockheed e anche con Me Donnell; sono dominate da un solo interrogativo: che cosa farà Boeing? Un vice presidente della società in una con¬ ferenza stampa dice che « i problemi della manodopera a Tolosa non li interessano ». E lascia intendere che Boeing è abbastanza grande per procedere da solo se sarà necessario. Inoltre annunzia che i negoziati con il gruppo italiano Acritalia sono giunti a felice conclusione: un quinto del programma 7X7 sarà assunto dagli italiani. Per l'industria inglese, bloccata da piani di nazionalizzazione che vanno per le lunghe, sarebbe bene non temporeggiare. Il ministro degli Affari Areonautici Kaufman si mette in moto per un vero giro del mondo. Egli rifà tutto il percorso: Boeing, Me Donnell Douglas, Lockheed, il Giappone, la Geimania Federale e infine la Francia. A conclusione dichiara: « Non intendiamo permettere che si instauri un predominio americano né di divenire dei semplici dipendenti ». Ma la Gran Bretagna non ha da sola la possibilità di sviluppare questa politica. Londra lo sa e cerca piuttosto di trarre il miglior partito da una moneta che perdendo gradatamente di valore ha reso i costi della produzione inglese più concorrenziali. Temporaneamente ben collocata per fare da arbitro in una situazione che non può dominare, l'industria britannica tenta di addossare gravi pesi sui suoi eventuali soci e in particolare quelli relativi a una sessantina di apparecchi della British Airways. Nella Germania Federale le passioni sono meno vive, dato che il problema non è così grave. Il settore dell'aeronautica civile è più ridotto. La preoccupazione maggiore è quella di trovare aree di mercato per i prodotti esistenti e cioè per l'Airbus e per il piccolo VFW-6I4 destinato alle compagnie regionali. L'Europa, che negli ultimi anni sembrava essersi resa conto degli interessi comuni che la pongono a faccia a faccia con la concorrenza americana, si frammenta in tanti pezzi e chiaramente dimentica che un negoziato, nella sua fase attiva, è anche una competizione. Lo specchio per allodole dell'Europa, è in primo luogo la speranza di ottenere una collaborazione con le industrie americane. Ma si dimentica troppo spesso che è necessario guardare anche verso altri mercati ai quali si rivolgono gli stessi costruttori americani. Al momento attuale ciò che vi è di più chiaro è che il solo prodotto europeo competitivo, l'Airbus, rischia così di dover affrontare una raddoppiata concorrenza. Agendo in ordine sparso, cercando al di là dell'Atlantico ciò che forse si potrebbe trovare in Europa, si corre il rischio di scambiare temporanei successi nel lavoro con l'abbandono delle ricerche tecniche e cioè con la rinunzia ai successi tecnologici che permettono a un'industria di rinnovarsi. Si tratta di un rischio, non di una certezza. Ma tenuto conto delle dimensioni rispettive degli Stati Uniti e dell'Europa quest'ultima non può sbagliare. In queste condizioni è un rischio che non si deve correre. Pierre Condom

Persone citate: Dassault, Kaufman, Sanford