Cheysson buono Mikardo cattivo

Cheysson buono Mikardo cattivo CHI FA E CHI DISFA ALLA Cheysson buono Mikardo cattivo . L'Europa è, fortunatamente, patria non solo di rapporti e di relazioni ma anche di uomini. Ogni mese alcune personalità attirano l'attenzione sia per il modo con il quale hanno contribuito a far progredire le idee e le realizzazioni comunitarie sia perché, al contrario, si sono adoperate per bloccarle o, peggio ancora, per farle indietreggiare. Seguendo il criterio della solidarietà europea, e con un pizzico di soggettività, tenteremo di segnalare chi merita o demerita la Cee. Fra gli ambasciatori che la Comunità europea si è prescelta per tradurre sul piano pratico le direttive impartite dall'esecutivo, Claude Cheysson si è meritato più di ogni altro i galloni dell'efficacia. Il suo compito non era facile. Si trattava di superare il sospetto permanente di neocolonialismo che anima i Paesi sottosviluppati conquistando la fiducia delle 46 nazioni raggruppate nella sigla « A.C.P. » (sta per Africa, Caraibi e Pacifico) in modo da concludere un accordo durevole fra il Terzo Mondo e i Nove. Ed è merito esclusivo di Cheysson se gli interlocutori esterni alla Cee hanno saputo annullare le loro divergenze, e la diffidenza, per iniziare un dialogo costruttivo con l'Europa. Mentre l'avarizia dei Paesi ricchi è giustamente denunciata dalle nazioni emergenti, l'ambasciatore francese è riuscito a far pagare alla Cee più di quanto avesse voluto all'inizio quando fu varato l'ambizioso programma di aiuti ai 46. Più importantte ancora, Cheysson ha saputo convincere i Nove a compensare, con un complicato meccanismo, le perdite di profitto subite dai Paesi associati con la Convenzione di Yaoundè in caso di caduta nelie esportazioni di numerosi prodotti base. Da quest'anno infatti i Nove procederanno all'indennizzo verso i 46 Paesi africani, della regione dei Caraibi e del Pacifico del calo delle importazioni, registrato lo scorso anno in concomitanza con la crisi economica mondiale, e per ripagare in parte a quelli Stati le catastrofi naturali subite, cicloni, siccità, invasioni di cavallette. Qual è dunque il segreto di Cheysson? Forse il suo asso nella manica consiste nel saper parlare chiaro in un ambiente abituato al linguaggio fumoso e contorto dei diplomatici. L'atteggiamento franco e aperto gli ha consentito di conquistare, agli occhi del Terzo Mondo, un quoziente di credibilità a favore dell'Europa, cosa che i tentativi di penetrazione americana e sovietica non avevano saputo che conseguire in parte. Tutto ciò non basterebbe tuttavia a spiegare il successo di Cheysson. Laureato al prestigioso politecnico di Parigi, abile negoziatore, preciso nei dettagli, con la sua oratoria asciutta ed essenziale ha saputo usare il tono giusto per pilotare la massa eterogenea di interlocutori proponendo compromessi in grado di salvare la faccia di ognuno. Alto funzionario del Quai d'Orsay conosce bene i Paesi con i quali ora sta negoziando. E' stato in Medio Oriente, nel Vietnam, nel Maghreb, nell'Africa nera, in Indonesia. A Parigi fu uomo di punta nel governo Mendès-France del 1954, attirandosi le antipatie di numerosi colleghi per la durezza del rapporto stilato a suo tempo sull'Algeria. Prima di essere nominato a Bruxelles, nel 1976, Cheysson, che ha 56 anni, fu l'artefice del consolidamento della Società mineraria e chimica, nata dalla fusione fra l'ex Ufficio nazionale dell'azoto di Tolosa e lo Società demaniale di potassio dell'Alsazia. Cheysson dice ora che quella è stata la missione più complicata: « Dovemmo procedere a numerosi licenziamenti. Fu un sacrificio durissimo che mi ha insegnato molte cose. Oggi posso apprezzare di più le rinunce compiute dall'Europa in nome della solidarietà internazionale ». Gilbert Mathieu lan Mikardo detesta la Comunità economica europea con la stessa intensità che lo spinge a credere nell'inevitabile declino del capitalismo. Ha sulle spalle una lunga milizia in politica, iniziata con clamore dopo la fine della seconda guerra mondiale quando riuscì a convincere i laboristi ad appoggiare un ambizioso programma destinato ad introdurre massicce nazionalizzazioni. In quell'occasione restò epico lo scontro con Herbert Morrison che in seguito sarebbe diventato ministro degli Esteri per il Labor Party. Da allora la sua influenza in seno al movimento laborista non ha fatto che aumentare. Notoriamente la bestia nera dei socialdemocratici, amici ed avversari gli riconoscono all'unanimità eccezionali doti di organizza¬ tore e l'abilità nei negoziati (« intelligente, ottimo nel capire le sfumature »), meriti che hanno valso a Mikardo numerose presidenze di commissioni, incluso il prestigioso comitato alla Camera de: Comuni in cui sono rappresentati i tre partiti presenti a Westminster. La fama di Mikardo si basa principalmente sulla combattività all'interno del partito, coagulare cioè l'ala sinistra contro lo schieramento dei moderati. Se c'è un rimprovero che alcuni colleghi gli muovono è quello di essersi spesso spinto oltre le sue intenzioni, fornendo munizioni agli estremisti mentre lui, tranquillo, si manteneva fuori della mischia in attesa degli sviluppi. Un provocatore, insomma. Esempio? Eccolo: il trambusto provocato con la sfida lanciata lo scorso anno a Jack Jones, potente leader del sindacato dei trasporti, accusato di eccessiva mollezza nei confronti della politica governativa sul congelamento dei salari. Per ciò che riguarda l'astio verso la Cee basterà ricordare il suo recente discorso, definito da alcuni giornali « assassino », sulle proposte del primo ministro per l'elezione a suffragio universale del parlamento europeo. Anche questa volta Mikardo non si è smentito con caustiche frecciate a James Callaghan, ricordando un vecchio discorso pronunciato dal Premier e infischiandosi dell'imbarazzo provocato in seno alla direzione del partito. Per Mikardo infatti non ci sono dubbi: convinto di esprimere l'opinione della maggioranza dell'esecutivo, dominato dalla sinistra, egli afferma che il parlamento europeo finirà fatalmente per restringere i poteri dei Comuni, rischio che egli non intende correre. Per Mikardo insomma la Cee, con tutti i suoi organi, resta il braccio economico della Nato a sostegno del capitalismo; prospettiva che egli rifiuta in qualità di marxista. La « fortezza Europa » non trova posto nella sua filosofia politica. Michael Hatfield Cheysson buono Mikardo cattivo CHI FA E CHI DISFA ALLA Cheysson buono Mikardo cattivo . L'Europa è, fortunatamente, patria non solo di rapporti e di relazioni ma anche di uomini. Ogni mese alcune personalità attirano l'attenzione sia per il modo con il quale hanno contribuito a far progredire le idee e le realizzazioni comunitarie sia perché, al contrario, si sono adoperate per bloccarle o, peggio ancora, per farle indietreggiare. Seguendo il criterio della solidarietà europea, e con un pizzico di soggettività, tenteremo di segnalare chi merita o demerita la Cee. Fra gli ambasciatori che la Comunità europea si è prescelta per tradurre sul piano pratico le direttive impartite dall'esecutivo, Claude Cheysson si è meritato più di ogni altro i galloni dell'efficacia. Il suo compito non era facile. Si trattava di superare il sospetto permanente di neocolonialismo che anima i Paesi sottosviluppati conquistando la fiducia delle 46 nazioni raggruppate nella sigla « A.C.P. » (sta per Africa, Caraibi e Pacifico) in modo da concludere un accordo durevole fra il Terzo Mondo e i Nove. Ed è merito esclusivo di Cheysson se gli interlocutori esterni alla Cee hanno saputo annullare le loro divergenze, e la diffidenza, per iniziare un dialogo costruttivo con l'Europa. Mentre l'avarizia dei Paesi ricchi è giustamente denunciata dalle nazioni emergenti, l'ambasciatore francese è riuscito a far pagare alla Cee più di quanto avesse voluto all'inizio quando fu varato l'ambizioso programma di aiuti ai 46. Più importantte ancora, Cheysson ha saputo convincere i Nove a compensare, con un complicato meccanismo, le perdite di profitto subite dai Paesi associati con la Convenzione di Yaoundè in caso di caduta nelie esportazioni di numerosi prodotti base. Da quest'anno infatti i Nove procederanno all'indennizzo verso i 46 Paesi africani, della regione dei Caraibi e del Pacifico del calo delle importazioni, registrato lo scorso anno in concomitanza con la crisi economica mondiale, e per ripagare in parte a quelli Stati le catastrofi naturali subite, cicloni, siccità, invasioni di cavallette. Qual è dunque il segreto di Cheysson? Forse il suo asso nella manica consiste nel saper parlare chiaro in un ambiente abituato al linguaggio fumoso e contorto dei diplomatici. L'atteggiamento franco e aperto gli ha consentito di conquistare, agli occhi del Terzo Mondo, un quoziente di credibilità a favore dell'Europa, cosa che i tentativi di penetrazione americana e sovietica non avevano saputo che conseguire in parte. Tutto ciò non basterebbe tuttavia a spiegare il successo di Cheysson. Laureato al prestigioso politecnico di Parigi, abile negoziatore, preciso nei dettagli, con la sua oratoria asciutta ed essenziale ha saputo usare il tono giusto per pilotare la massa eterogenea di interlocutori proponendo compromessi in grado di salvare la faccia di ognuno. Alto funzionario del Quai d'Orsay conosce bene i Paesi con i quali ora sta negoziando. E' stato in Medio Oriente, nel Vietnam, nel Maghreb, nell'Africa nera, in Indonesia. A Parigi fu uomo di punta nel governo Mendès-France del 1954, attirandosi le antipatie di numerosi colleghi per la durezza del rapporto stilato a suo tempo sull'Algeria. Prima di essere nominato a Bruxelles, nel 1976, Cheysson, che ha 56 anni, fu l'artefice del consolidamento della Società mineraria e chimica, nata dalla fusione fra l'ex Ufficio nazionale dell'azoto di Tolosa e lo Società demaniale di potassio dell'Alsazia. Cheysson dice ora che quella è stata la missione più complicata: « Dovemmo procedere a numerosi licenziamenti. Fu un sacrificio durissimo che mi ha insegnato molte cose. Oggi posso apprezzare di più le rinunce compiute dall'Europa in nome della solidarietà internazionale ». Gilbert Mathieu lan Mikardo detesta la Comunità economica europea con la stessa intensità che lo spinge a credere nell'inevitabile declino del capitalismo. Ha sulle spalle una lunga milizia in politica, iniziata con clamore dopo la fine della seconda guerra mondiale quando riuscì a convincere i laboristi ad appoggiare un ambizioso programma destinato ad introdurre massicce nazionalizzazioni. In quell'occasione restò epico lo scontro con Herbert Morrison che in seguito sarebbe diventato ministro degli Esteri per il Labor Party. Da allora la sua influenza in seno al movimento laborista non ha fatto che aumentare. Notoriamente la bestia nera dei socialdemocratici, amici ed avversari gli riconoscono all'unanimità eccezionali doti di organizza¬ tore e l'abilità nei negoziati (« intelligente, ottimo nel capire le sfumature »), meriti che hanno valso a Mikardo numerose presidenze di commissioni, incluso il prestigioso comitato alla Camera de: Comuni in cui sono rappresentati i tre partiti presenti a Westminster. La fama di Mikardo si basa principalmente sulla combattività all'interno del partito, coagulare cioè l'ala sinistra contro lo schieramento dei moderati. Se c'è un rimprovero che alcuni colleghi gli muovono è quello di essersi spesso spinto oltre le sue intenzioni, fornendo munizioni agli estremisti mentre lui, tranquillo, si manteneva fuori della mischia in attesa degli sviluppi. Un provocatore, insomma. Esempio? Eccolo: il trambusto provocato con la sfida lanciata lo scorso anno a Jack Jones, potente leader del sindacato dei trasporti, accusato di eccessiva mollezza nei confronti della politica governativa sul congelamento dei salari. Per ciò che riguarda l'astio verso la Cee basterà ricordare il suo recente discorso, definito da alcuni giornali « assassino », sulle proposte del primo ministro per l'elezione a suffragio universale del parlamento europeo. Anche questa volta Mikardo non si è smentito con caustiche frecciate a James Callaghan, ricordando un vecchio discorso pronunciato dal Premier e infischiandosi dell'imbarazzo provocato in seno alla direzione del partito. Per Mikardo infatti non ci sono dubbi: convinto di esprimere l'opinione della maggioranza dell'esecutivo, dominato dalla sinistra, egli afferma che il parlamento europeo finirà fatalmente per restringere i poteri dei Comuni, rischio che egli non intende correre. Per Mikardo insomma la Cee, con tutti i suoi organi, resta il braccio economico della Nato a sostegno del capitalismo; prospettiva che egli rifiuta in qualità di marxista. La « fortezza Europa » non trova posto nella sua filosofia politica. Michael Hatfield

Persone citate: Claude Cheysson, Gilbert Mathieu, Herbert Morrison, Jack Jones, James Callaghan, Michael Hatfield